Peccatori e virtuosi sono ruoli che la storia può in breve invertire.
Nel gran dibattito sulleuro, sono diffuse metafore tratte dalla morale: il peccato originale delleuro, i Paesi virtuosi, il doppio senso dellacronimo Pigs. La contrapposizione virtuosi-peccatori contrassegna con un unico nome situazioni di finanza pubblica pur diverse tra loro; sovrapposta alla demarcazione geografica tra Paesi del Nord e Paesi Sud dellEuropa, scivola verso giudizi antropologici che sarebbe prudente per non dire altro evitare: a maggior ragione se lobbiettivo politico è quello di una maggiore unione.
La metafora virtuosi-peccatori è particolarmente insidiosa per noi italiani. Infatti la parola peccatore in senso proprio connota i comportamenti di una persona, in senso metaforico la performance di un Paese. Mantenere la distinzione obbliga Mario Monti a un delicato equilibrio: da un lato deve capitalizzare il suo prestigio e lapprezzamento riscosso dalla sua compagine governativa, dallaltro deve evitare che il cambio di governo possa essere interpretato come una discontinuità dal peccato alla virtù: in breve tempo, questo ridurrebbe il suo potere negoziale. Noi non siamo un Paese peccatore, non lo siamo adesso che premier è Mario Monti, non lo eravamo quando premier era Silvio Berlusconi. Siamo un importante Paese europeo, per storia e per dimensioni, quello del nostro debito ma anche della nostra economia e del nostro interscambio con gli altri Paesi delleuro. Il precedente Governo aveva assunto impegni con Bruxelles che il nuovo Governo ha dovuto aggiornare per tener conto del peggioramento della stima di crescita, traducendola in una manovra giudicata credibile dallEuropa. Berlusconi non è caduto perché considerato peccatore a Bruxelles, ma perché gli sono mancati i voti a Roma; leccezionalità della crisi delleuro ha fatto sì che il capo dello Stato promuovesse e le forze politiche accettassero una soluzione diversa dalle elezioni subito. Certo, il precedente Governo non aveva saputo controllare la spesa. Ma è dagli anni Ottanta che la spesa cresce, per effetto del costo di un modello di welfare europeo: lì sta il problema delleuro, di tutti i Paesi delleuro. Certo, Giulio Tremonti ha mostrato di non capire la gravità della crisi continuando a diffondere giudizi rassicuranti; certo la sua valutazione della globalizzazione era errata: ma i danni che ne sono derivati non sono quantitativamente cospicui, la crisi del debito sovrano la subiamo, non labbiamo provocata. In ogni caso ad accusarci di ritardo non può essere chi, come Angela Merkel, ha ritardato a porre mano alla crisi greca, e quando vi si è decisa lha fatto enunciando propositi il coinvolgimento dei privati che hanno fatto precipitare la crisi. Il peccato di Berlusconi è di avere accettato, quando lItalia aveva la presidenza di turno, che non venissero sanzionati gli sforamenti al deficit di Francia e Germania.
Il rischio delle metafore è che inducano a deformare la realtà perché vi si conformi. Se peccato sta per politica di bilancio non rigorosa, la Germania ha ragione nel vedere nei cedimenti della politica le cause della situazione in cui ci troviamo. Ma se la virtù viene misurata con riferimento ai due famosi pilastri, deficit inferiore al 3% e debito inferiore al 60%, non si riscontra nessuna correlazione tra la passata osservanza di quei limiti e lattuale stato delle finanze pubbliche. Lo sostiene Martin Wolf (nellarticolo Merkozy failed to save the eurozone, pubblicato sul Financial Times del 6 dicembre 2011), analizzando le performance dei dodici Paesi più significativi delleuro nel periodo 1996 -2007, cioè dallinizio delleuro allo scoppio della bolla del subprime. Il solo Paese che non ha rispettato i vincoli allora, e che è prossimo al default oggi, è la Grecia. Un anno prima, analizzando la crisi spagnola, Francesco Giavazzi e Luigi Spaventa indicavano come linea di faglia della costruzione delleuro il non aver tenuto conto dei deficit delle partite correnti (Why the current account may matter in a monetary union. Lessons from the financial crisis in the euro area, dicembre 2010). La grande differenza di produttività e di capacità di crescita tra diversi Paesi dellarea delleuro non può essere compensata né dalle svalutazioni, non più possibili, né dai trasferimenti, non ancora sufficienti: ma invece di curarla con misure che riducano il gap di competitività, la ricetta dei virtuosi è un patto di stabilità con gli steroidi che produrrà gravi recessioni, e crisi ricorrenti.
Se passa il precedente che gli aiuti arrivano in ogni caso, sorge il problema dellazzardo morale. Ma la contrapposizione virtuosi-peccatori esaspera il risentimento e ingigantisce i sospetti. La politica di educare con le punizioni, non è detto che riesca a rimettere sulla buona strada, in ogni caso è certamente prociclica: i problemi del peccatore possono diventare, legittimamente, problemi di chi lha punito. Ununione monetaria non si gestisce con lautopilota: tanto meno con la morale.
La morale non salverà l’Europa
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