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Porte aperte a romeni e bulgari

L’Italia rinuncia ai limiti alla libera circolazione dei lavoratori. Una svolta europeista e solidale per il governo Monti. “Buone le relazioni bilaterali”.
Ecco la prima notizia dell’anno: “Porte aperte per i lavoratori bulgari e romeni”. L’Italia ha deciso di abolire ogni restrizione alla loro circolazione sul territorio nazionale. La disponibilità del governo Monti è emersa dopo un incontro interministeriale, a metà dicembre, tra i ministeri dell’Interno, degli Esteri e del Lavoro. Così Roma ha deciso di non richiedere la deroga a cui avrebbe avuto ancora diritto sino a tutto il 2013. Per questo non ha inviato alcuna notifica alla Commissione Ue, cosa che avrebbe dovuto fare entro dicembre.
Una rivoluzione europeista, senza dubbio, considerato che finora le braccia romene e bulgare potevano essere usate solo per i settori più richiesti quali: agricoltura, turistico-alberghiero, domestico e di assistenza alla persona, edile, metalmeccanico, dirigenziale e altamente qualificato, stagionale. In tutti gli altri comparti, invece, per l’assunzione di un romeno o bulgaro si doveva chiedere l’autorizzazione allo Sportello Unico per l’immigrazione, utilizzando un apposito modello che dal primo gennaio diventa obsoleto.
Scrive Grazia Longo su la Stampa questa mattina che il nostro Paese, alla stregua di altre sedici nazioni europee (tra cui Spagna, Grecia, Svezia, Danimarca), sposa dunque la completa liberalizzazione del lavoro subordinato. La svolta del governo, secondo fonti europee, si fonda «sulla consapevolezza dei buoni rapporti e dei buoni curriculum dei lavoratori bulgari e romeni, per cui non si è ritenuto più necessario rinnovare le deroghe».
L’ingresso di Romania e Bulgaria nell’Ue risale al 1° gennaio 2007, ma come per le adesioni del 1° maggio 2004 anche per questi Paesi gli Stati membri possono prevedere deroghe alla normative vigenti per l’accesso al lavoro subordinato dei cittadini europei. L’apertura delle porte della «Fortezza Europa» non è stata, insomma, incondizionata perché molte nazioni, Italia compresa, hanno previsto delle limitazioni alla libera circolazione dei nuovi cittadini, nel timore di una possibile «invasione» da molti paventata in vista dell’allargamento dell’Unione.
Di qui la facoltà, per gli Stati membri, di comunicare alla Commissione europea la loro decisione. Nel corso degli anni alcuni Paesi membri hanno eliminato le deroghe, mentre altri hanno introdotto sistemi di ingresso parzialmente «liberi».
La recente notifica alla Commissione europea è scaduta lo scorso 31 dicembre. Questa, tra l’altro, dovrebbe essere l’ultima proroga del regime transitorio in quanto il trattato di adesione di Bulgaria e Romania all’Ue prevede che gli Stati membri possano disporre restrizioni per un periodo massimo di cinque anni a partire dal gennaio 2007. Salvo che il Paese giustifichi un’ulteriore dilazione biennale a causa di forti squilibri all’interno del mercato del lavoro nazionale. Problema che ormai l’Italia, sempre più in chiave europeista, non si porrà più.

Fonte: La Stampa del 3 gennaio 2012

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