• martedì , 26 Novembre 2024

Usa, successo stiracchiato per Romney nei caucus in Michigan e Arizona

Un sospiro di sollievo dopo la grande paura: Mitt Romney rimane un candidato in affanno, poco amato dall’elettorato repubblicano. Ma ieri, oltre alla vittoria scontata in Arizona, si è aggiudicato anche le primarie del Michigan: ha così evitato lo schiaffo della sconfitta nello Stato in cui è nato e cresciuto, la regione di cui il padre è stato amatissimo governatore. Un’eventualità che sembrava impensabile, ma che si era improvvisamente materializzata due settimane fa quando le vittorie a raffica di Santorum in Minnesota, Colorado e Missouri avevano proiettato l’ex senatore della Pennsylvania in testa ai sondaggi anche in Michigan, e con un ampio margine.
Da allora, però, è iniziato il lento recupero di Romney. Che in Michigan ha investito moltissimo in termini di risorse finanziarie, campagne pubblicitarie e tempo dedicato al “suo” Stato. A ragione, perché una sua sconfitta qui avrebbe avuto conseguenze politiche e psicologiche pesantissime. Ma alla fine l’ex governatore del Massachusetts l’ha spuntata, anche se con un margine alquanto ridotto.
Nella notte, col 91 per cento dei voti scrutinati, Romney aveva conquistato il 41 per cento dei suffragi, mentre Santorum era fermo al 38. L’altro candidato della destra evangelica, Newt Gingrich, si è ridotto a raccogliere appena il 7 per cento e il radicale libertario Ron Paul non è andato moltre il 12. Assai più netta la vittoria di Mitt in Arizona: 48 per cento contro il 26 di Santorum, il 16 di Newt Gingrich e l’8 di Ron Paul.
I critici notano che il successo di Romney in casa è stiracchiato e non fuga i dubbi sulla sua candidatura: Mitt aveva fatto meglio nel 2008 quando in Michigan aveva battuto (39 contro 30 per cento) quel John McCain che poi lo avrebbe strapazzato a livello nazionale. Si tratta dello stesso McCain che, per gli imperscrutabili e tortuosi percorsi della politica, ieri è stato il motore della vittoria di Romney in Arizona, lo Stato del quale è senatore. Il “maverick” della politica americana adesso sostiene a pancia bassa il candidato che 4 anni fa aveva combattuto con successo: oggi, invece, lo aiuta a battere quel Santorum che – altra stranezza della politica – nel 2008 appoggiava Romney contro McCain.
Adesso l’attenzione si sposta sul voto del 6 marzo, tra una settimana: il “Supermartedì” nel quale voteranno ben dieci Stati. Santorum sperava di conquistarne diversi e soprattutto l’Ohio, il più importante tra quelli chiamati alle urne, puntando sulle origini operaie della sua famiglia e su una struttura sociale di questo Stato industriale molto simile a quella della sua Pennsylvania. Il Michigan delle fabbriche automobilistiche doveva essere la prova generale di questa operazione.
Ma le cose non sono andate come Rick aveva auspicato. Il 38 per cento conquistato in Michigan è, comunque, una grossa affermazione per un candidato che, come ieri sera ha ricordato ai suoi “fan”, solo un mese fa era un “oggetto misterioso” per gli elettori americani. Ma quella in Arizona e Michigan è, comunque, una battuta d’arresto per un candidato che veniva da un’infilata di vittorie.
L’unica consolazione, per il candidato di origini italiane, è la quasi scomparsa del suo concorrente diretto: Newt Gingrich, l’altro campione della destra integralista, in Michigan ha preso appena il 7 per cento e in Arizona, col 16 per cento, ha ottenuto poco più della metà dei voti di Santorum. Che ora non è più minacciato dall’ex “speaker” della Camera in Ohio e potrebbe addirittura tentare di batterlo a casa sua, in Georgia.

Fonte: Corriere della Sera del 29 febbraio 2012

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