Le prospettive economiche sono diventate meno cupe con lallentarsi delle tensioni sui debiti sovrani dellarea euro, ma restano molte ombre. Le buone notizie, in questo scorcio del 2012, riguardano anzitutto gli Stati Uniti, dove crescono gli occupati (200.000 nuovi posti al mese negli ultimi 6 mesi) e sono in ripresa la produzione manifatturiera e anche la costruzione di nuove case; ma il passo, intorno al 2 per cento, è insufficiente ad abbassare il tasso di disoccupazione, tuttora sopra l8%. Aiuta la crescita il progresso compiuto nella riduzione dellindebitamento delle famiglie e delle imprese (finanziarie e non finanziarie). Resta, come principale fattore di freno, landamento depresso dei redditi famigliari e dei consumi, che fa temere un nuovo rallentamento.
Buone notizie vengono anche dalla Cina, la cui economia sta rallentando su tassi di crescita più sostenibili, intorno al 7,5%.Laumento dei redditi e della domanda interna supera quello del prodotto, fino al punto, ormai, di riassorbire lenorme avanzo nei pagamenti con lestero che aveva costituito negli anni passati una fonte importante di squilibrio nelleconomia mondiale. Ha contribuito a questo risultato il notevole apprezzamento del cambio reale dello yuan (aggiustato, cioè, per landamento dellinflazione rispetto ai concorrenti), ben più marcato di quello del cambio nominale per effetto dei forti aumenti salariali e dei costi di produzione. Dunque, alla fine il meccanismo internazionale di aggiustamento delle bilance dei pagamenti funziona e le importazioni nette della Cina agiscono come fattore di sostegno alla crescita globale, non più di freno.
Le altre maggiori economie emergenti India, Russia, Brasile stanno anchesse rallentando, ma restano pur sempre su tassi di crescita sostenuti ben superiori a quelli del mondo avanzato. Nel complesso, nelle sue stime aggiornate del gennaio scorso il Fondo monetario stima un rallentamento della crescita mondiale al 3,3% nel 2012 e un recupero, intorno al 4%, nel 2013.
Un rilevante fattore di rischio, potenzialmente depressivo per tutta leconomia mondiale, è costituito dal prezzo del petrolio, risalito intorno ai 125 dollari il barile per il Brent e ai 106 dollari per il WTI. Il problema è che il mercato è già in notevole tensione, per la forte domanda dei paesi emergenti, mentre i margini di capacità dellArabia Saudita, tradizionale stabilizzatore del mercato, sono ridotti al minimo e le sanzioni contro lIran ne comprimeranno fortemente la capacità di esportazione. Il Fondo monetario stima limpatto potenziale sul prezzo del petrolio di questultimo fino al 30%. La situazione potrebbe precipitare nel caso di un attacco militare di Israele allIran.
In un quadro meno negativo, anche se ancora molto fragile, lEuropa resta il fattore più rilevante di rischio finanziario e di depressione della crescita. In effetti, le tensioni finanziarie generate dalla crisi del debito delleurozona nella seconda metà del 2011 sono state il principale fattore di rallentamento economico. LItalia è stata il fulcro della tempesta: gli interventi di emergenza sul bilancio e le pensioni adottati dal governo Monti in dicembre hanno evitato la perdita dellaccesso al mercato per il nostro debito pubblico e per la finanza mondiale una ripetizione della crisi devastante del 2008. Tuttavia, gli eventi successivi hanno confermato anche la dimensione sistemica della crisi del debito delleurozona: poiché essa non può utilizzare pienamente la sua moneta per sostenere la liquidità dei mercati finanziari e delle banche, in presenza di una crisi di fiducia. Infatti, solo limmissione massiccia di liquidità da parte della Banca centrale europea ha impedito, in extremis, una nuova, devastante crisi bancaria.
Come si può vedere dalla Tavola, nel 2012 LUnione e leurozona saranno in recessione. Ho voluto presentare il ventaglio delle principali previsioni per sottolineare la grande incertezza su quel che ci attende per lanno in corso e per quello successivo. La ragione principale è che molti paesi dellUnione stanno attuando severe manovre di correzione dei conti pubblici, che dispiegheranno gran parte dei loro effetti nellanno in corso. La speranza è che le misure di consolidamento dei conti pubblici stimolino i consumi e gli investimenti grazie al ritorno della fiducia.
Ma tutti i dati congiunturali volgono al peggio: ad esempio, i dati Eurostat di gennaio appena pubblicati indicano cali della produzione industriale tra il 4 e il 6% in Italia, Spagna, Portogallo, Grecia, Irlanda, e Finlandia, mentre lOlanda non pubblica i dati, dopo lemersione a sorpresa di una largo disavanzo pubblico (4,5% del PIL), legato alla caduta delleconomia. I soli dati positivi si registrano in Germania (+1,6%) e in Polonia (+9%). Inoltre, molte banche continentali restano sottocapitalizzate e stanno stringendo il credito per ridurre il grado dindebitamento (leverage).
Non pare un caso, dunque, che i previsori pubblici appaiano più positivi dei previsori privati; tutti sottolineano, comunque, la prevalenza di rischi di peggioramenti anche significativi. Se ciò avvenisse, peggiorerebbero anche i bilanci pubblici; nel clima rigoristico oggi prevalente, probabilmente ciò si tradurrebbe in nuove restrizioni, che aggraverebbero la caduta. Valga per tutti lesempio della Spagna, che sta ormai in piena recessione, ma ha sforato largamente gli obiettivi del 2011 e dovrà ridurre il disavanzo di 6 punti percentuali del pil nel prossimo biennio.
Come si colloca in tutto questo lItalia? La mia impressione e spero moltissimo di sbagliarmi è che le previsioni ufficiali siano ottimistiche. Il fattore più importante di sostegno dellattività è la discesa dei tassi dinteresse, espressione di un ritorno degli investitori e della fiducia. Ma le correzioni di finanza pubblica decise lanno scorso sottrarranno 3 punti percentuali di pil dalla domanda interna; mentre leconomia è già in recessione, gran parte dellaggravio fiscale si manifesterà a partire dal mese di giugno; il governo ha annunciato che, non essendo riuscito a risparmiare sulla spesa pubblica o trovare altre entrate, laumento dellIVA al 23 per cento scatterà implacabilmente il 1 ottobre. Non mi stupirei, in queste condizioni, se la caduta delleconomia questanno superasse di slancio i 2 punti percentuali, tenendo anche conto del calo anche più forte di tutte le economie periferiche (tra il 3 e il 5 per cento); in tal caso, la recessione potrebbe stendersi anche allanno successivo, con gli effetti immaginabili sul disavanzo pubblico. Meglio allacciare le cinture di sicurezza.
Ancora troppe ombre sulla crescita globale
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