Entro i prossimi sette giorni la signora Merkel deve dire poche e semplici parole: «La Grecia sarà salvata». La fuga dei depositi dalle banche greche è in corso ed è chiaramente l’ultimo passo verso il burrone. Forse addirittura non ci sono sette giorni a disposizione, quanto manca al vertice europeo del 23 maggio. La fuga va fermata prima.
E in questo momento il potere e la responsabilità fanno capo al cancelliere tedesco che altrimenti passerà alla storia come il leader che ha spezzato l’Europa.
Quella che è in corso è una cattiva partita di poker con l’euro. Attorno a un tavolo da gioco, la sfiducia reciproca e l’assenza di dialogo sono regola. Ma l’euro non è un gioco d’azzardo, ha una dimensione politica così forte da rivoluzionare la vita dei cittadini. Sappiamo che la cancelliera non vuole l’uscita della Grecia dall’euro, ma chiudendo gli occhi lascia campo libero all’azzardo, e l’azzardo alla paura.
Chi corteggia l’idea di un’uscita della Grecia dall’euro sta bluffando: nessun uomo di senno può pensare che il ritorno alla dracma sia una scelta conveniente. Non lo è per la Grecia che finirebbe nel caos, tra iperinflazione e conflitti civili, ma non lo è nemmeno per gli altri Paesi dell’euro che subirebbero perdite gravose, sarebbero sospinti sulla strada aperta da Atene, si dividerebbero tra recriminazioni reciproche e vedrebbero trasformata un’unione politica in un’area di cambio, priva di futuro e certezza, con Paesi deboli e forti separati,nell’attesa di un divorzio.
Che non sia una scelta politica razionale lo dimostra il fatto che l’80% dei cittadini greci non l’accetta, così come il 75% dei partiti greci. Una maggioranza dei gruppi parlamentari (52%) è anche non sfavorevole al rispetto del memorandum che detta gli impegni greci in cambio dei miliardi dei partner. Percentuali molto alte rivelano che anche i cittadini degli altri Paesi sono contrari all’uscita della Grecia dall’euro. Ci sarebbero dunque i numeri e le condizioni per un accordo politico. I passati governi greci hanno ripetutamente tradito gli impegni sottoscritti, ma la cura che era stata imposta ad Atene era sbagliata. Nessuno dunque è privo di colpe, quindi un compromesso – allungamento nei tempi della cura e un piano di investimenti in cambio di un vasto accordo parlamentare per il rispetto degli obiettivi fissati da Europa e Fondo monetario – sarebbe giustificato. Ma non sempre ciò che è razionale è reale.
Non è solo un problema di risultati elettorali, in Grecia è il tessuto politico che si sta logorando ed è difficile vedere ad Atene una garanzia di rispetto di un accordo con l’Europa, qualunque sia. Contrariamente a qualche mese fa, l’offerta europea di salvataggio della Grecia avverrebbe al buio, senza un governo ad Atene che possa corrispondervi.
Inoltre l’azzardo e la paura sono in grado di precipitare gli eventi. I depositi stanno lasciando le banche greche. 800 milioni di euro in una sola giornata. Ma le banche greche non hanno accesso al mercato, per compensare la fuga dei depositi possono finanziarsi solo presso la Banca di Grecia. Alcune banche dovrebbero essere ricapitalizzate subito, ma non si sa dove siano finiti i fondi che erano stati accantonati a quel fine.
L’unica possibilità è il credito della Banca centrale greca che poi deve però a sua volta rifinanziarsi presso la Banca centrale europea. A quel punto la Bce deve autorizzare, con una maggioranza dei due terzi del consiglio, l’assistenza con liquidità in emergenza (Ela). Se i fondi servono a finanziare banche insolventi, la Bce non può per Statuto – e quindi in base al Trattato europeo – autorizzare il trasferimento di liquidità. A quel punto la Banca di Grecia deve denominare i prestiti già eseguiti in moneta elettronica propria. Di fatto nascerebbe un euro greco non più identico agli euro degli altri 16 Paesi. La fine dell’unione monetaria come la conosciamo avverrebbe quasi per inerzia, senza una decisione politica, e al tempo stesso nel completo disordine.
È la quarta volta in quattro anni che l’euro sta contando gli ultimi minuti. Come in passato c’è ancora la possibilità di girare la clessidra. Non c’è dubbio su chi debba agire. La sede della Bce ieri era circondata da “Occupy Frankfurt”, tocca dunque alla politica assumersi le responsabilità. La signora Merkel deve dichiarare l’impegno tedesco alla salvezza della Grecia. I Paesi europei insieme al G-20 devono rafforzare il Fondo salva-Stati e autorizzarne l’intervento diretto nella ricapitalizzazione delle banche. I piani per la crescita non devono essere una distrazione, l’obiettivo principale non sono gli investimenti degli anni futuri, ma la ricostruzione oggi della credibilità di un sistema finanziario integrato dell’area euro, che torni a far fluire i capitali del Nord Europa, accumulati con squilibri commerciali, verso il Sud Europa.
Signora Merkel, basta con i bluff
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