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Dalla Banca centrale al varo degli Eurobond:l’Ue appena a 5 mosse

Il prossimo Consiglio europeo di giugno dovrà raggiungere un obiettivo: realizzare la vera unione politica. Ecco come fare.
E se, quasi magicamente, l’Unione europea risolvesse il vero problema che l’attanaglia fin dalla sua costituzione? Tradendo l’idea dei padri fondatori, sin dagli anni ’60 si è voluto proseguire sul sentiero dell’integrazione tra Stati sovrani adottando la tecnica del funzionalismo economico.
Si è pensato – evidentemente sbagliando – che l’unione economica avrebbe alimentato in maniera naturale il processo di avvicinamento a una sostanziale unione politica. A distanza di oltre cinquant’anni il cinico approccio utilizzato ha, purtroppo, manifestato tutta la sua debolezza.
È giunto il momento di rompere l’ultimo tabù: la realizzazione dell’unione politica europea. Jacques Delors descrisse la moneta unica come «un ponte gettato verso la federazione europea in attesa che qualcuno vi ponga sotto i pilastri». I pilastri non sono altro che una sostanziale unione politica, gli Stati Uniti d’Europa, senza i quali il ponte è, come facilmente riscontrabile in questi giorni, a rischio di crollo.
Serve una vera unione politica ed economica. Non possiamo continuare con 27 Paesi che hanno 27 politiche economiche diverse, 27 bilanci nazionali non convergenti verso gli stessi obiettivi. Paesi membri e Unione Europea devono, come un’orchestra, suonare assieme la stessa musica, dirette da un unico maestro. Legittimato in questo caso dal voto popolare. L’elezione diretta del presidente della Commissione europea va proprio in questa direzione.
In fondo anche Angela Merkel dovrebbe essere onesta con sé stessa e con il Paese che guida. Dovrebbe forse ricordare che, come disse Helmut Kohl, l’unità tedesca e l’unità europea sono due facce della stessa medaglia. La riunificazione della Germania non sarebbe, altrimenti, mai avvenuta.
La storia istituzionale e l’economia ci dicono già qual è la strada. Nel 1789 Alexander Hamilton, segretario al tesoro americano, trasformò la repubblica appena costituita in una grande potenza economica. Sotto la sua guida, il governo federale si fece carico dei debiti di guerra delle ex colonie ed emise obbligazioni nazionali sostenute da tasse dirette e da una moneta comune.
Oggi, Barack Obama non si stanca di consigliare all’Unione Europea di prendere spunto dalla politica economica degli Stati Uniti per superare la recessione. E Ben Bernanke ha saputo porre rimedio alle crisi profonde degli ultimi anni utilizzando gli strumenti a disposizione della banca centrale americana che sono: 1) la politica monetaria, attraverso cui la Federal Reserve garantisce la stabilità economica nel Paese; 2) la funzione di prestatore di ultima istanza, attraverso cui la banca centrale americana fornisce liquidità alle banche per prevenire, o contenere, episodi di panico sui mercati.
In Europa Mario Draghi chiede di mantenere viva nell’Ue la spesa per investimenti, ricorrendo anche a un aumento di capitale della Banca Europea ad essi deputata, la Bei. Non solo, il governatore della Bce chiede ai Paesi europei di decidere insieme un percorso comune e capire come l’Europa si vede tra dieci anni: se è pronta per un’unione politica, per un’unione fiscale, per gli Eurobond e per la Banca Centrale Europea come prestatore di ultima istanza. Infine Paul Krugman sostiene che i governi della zona euro devono adottare politiche di bilancio espansive e riforme strutturali e la Banca centrale europea deve mettere in campo una politica monetaria espansiva, anche a costo di un lieve aumento dell’inflazione. Sulla stessa linea, Joseph Stiglitz ricorda come storicamente l’austerità non abbia mai funzionato e che nessuna economia sia mai uscita da periodi crisi con misure di solo rigore.
Ciò premesso, ho fatto un sogno. Ho sognato di leggere le conclusioni del Consiglio europeo di Bruxelles del 28-29 giugno. Pochi punti, chiari, onesti, che guardano al futuro. Ma capaci di imprimere, da subito, un’inversione di tendenza. Il Consiglio europeo ha discusso l’attuazione della politica economica dell’Ue. La soluzione al problema Grecia non risiede in provvedimenti specifici ma va affrontato all’interno dell’intera governance europea. Il Consiglio europeo ha approvato cinque priorità per il 2012, a partire da luglio.
1. Un nuovo modello di solidarietà. L’Unione europea dispone già delle regole e degli strumenti normativi adatti, che devono essere interpretati in modo estensivo: il Trattato di Lisbona prevede una clausola di solidarietà, che impegna l’Ue gli Stati membri ad agire congiuntamente per prevenire e reprimere attacchi terroristici e calamità naturali, nonché una clausola di mutua difesa, che prevede l’intervento militare in difesa di uno Stato membro che subisca un’aggressione armata nel proprio territorio. Il Consiglio europeo conviene dunque di equiparare gli attacchi di tipo finanziario-speculativo a quelli di natura terroristica, militare o ambientale.
2. Una nuova missione per la Banca centrale europea. Nell’ambito della modifica dei Trattati dell’Ue, il Consiglio europeo riconosce la necessità di rivedere il ruolo della Banca centrale europea. Occorre attribuire alla Bce un ruolo di prestatore di ultima istanza.
3. Il Consiglio Europeo promuove l’emissione di titoli decennali comunitari con un rendimento pari al rendimento storico del Bund tedesco degli ultimi cinque anni (2007-2011) che risulta pari al 3,34%.
Il Consiglio ha così convenuto al fine di sanare le discrasie e gli squilibri tra i Paesi dell’area euro e di riportare ai livelli fisiologici del periodo precedente la crisi dei debiti sovrani i rendimenti dei titoli di Stato.
Il Consiglio europeo riconosce agli Stati Membri una garanzia comune e solidale su titoli del debito pubblico emessi fino a un ammontare pari al 60% del Pil, in modo tale da mettere i Paesi dell’Ue nelle condizioni di poter rispettare i limiti in termini di rapporto deficit/Pil previsti dal Fiscal Compact. Un protocollo allegato al Fiscal compact creerà la base giuridica per l’emissione degli Eurobond.
4. Il Consiglio Europeo istituisce un fondo speciale, denominato «Redemption Fund», nel quale i Paesi dell’area euro trasferiscono la propria parte di debito superiore al limite del 60% fissato dal Fiscal compact. Tale fondo emette obbligazioni, garantite da tutti gli Stati membri, a tassi d’interesse ridotti e i governi nazionali si impegnano a rimborsare i titoli emessi dal fondo entro scadenze prefissate.
5. Un nuovo rapporto tra il sistema creditizio e i cittadini e l’economia reale. Gli stringenti requisiti di Basilea III costringono i 29 istituti di credito più importanti del mondo a raccogliere sul mercato 566 miliardi di dollari nei prossimi 5 anni. Il Consiglio europeo invita la Commissione a rivedere la normativa attualmente vigente in un’ottica di contemperamento delle esigenze di messa in sicurezza del sistema creditizio.
Il Consiglio europeo conviene di modificare i Trattati ai fini della creazione di un sistema bancario unico ove le funzioni di vigilanza, garanzia e regolamentazione sono svolte a livello europeo mentre gli Stati nazionali mantengono la propria competenza in tema di istituti finanziari falliti. Infine il Consiglio europeo promuove l’istituzione di un’Agenzia europea di rating del credito, denominata Aerc.
E il sogno finiva con la riapertura dei mercati il 2 luglio. Con gli spread in caduta libera, sulla base del cambio totale delle aspettative, la fine della speculazione sull’area euro, la fine della masochistica austerità e con un grande effetto rimbalzo in termini di crescita, con la Grecia salva dentro un’Europa forte e solidale. L’incubo era durato esattamente un anno.

Fonte: Il Giornale del 28 maggio 2012

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