Se oggi la Bce riducesse i tassi di interesse prenderebbe in contropiede il mercato gelando la febbre speculativa che infiamma le borse. Sarebbe davvero salutare, ma i più sostengono che Mario Draghi voglia sparare questa cartuccia solo se non cè altro da fare. La terrà in serbo nel caso in cui dal vertice Ue a fine mese non esca quel segnale politico forte a difesa delleuro, senza se e senza e soprattutto senza limiti, che ha chiesto a più riprese.
Il presidente della Bce sta lavorando insieme a Barroso e Juncker per presentare al Consiglio europeo una proposta complessiva, il piano segreto anticipato nelle sue linee generali dai giornali nei giorni scorsi che poi così segreto non è. Si tratta di rafforzare lUnione con altri passi avanti in senso federale nelle banche e nella politica fiscale. Come condizione per lasciare alla banca centrale una maggiore libertà, nel creare moneta per rilanciare leconomia e poi nel distruggerla se linflazione diventerà una minaccia. In Germania la signora Merkel continua a oscillare tra un estenuante vorrei ma non posso e un potrei ma non voglio, mentre si profila uno scontro di prima grandezza che rivela la dimensione geopolitica della crisi.
La Casa Bianca è intervenuta per lamentare lignavia dei governi europei. Non è la prima volta. Ci sono stati anche confronti diretti con la Cancelliera, ma i toni questa volta sono, se possibile, ancor più duri. LEuropa è in crisi perché non ha adottato i passi necessari per affrontare le sfide – ha detto Obama venerdì scorso a Chicago -. Di conseguenza tutta leconomia globale si è indebolita. Lunedì il portavoce Jay Carney è stato ancor più drastico: I mercati sono scettici sulla possibilità che le misure adottate dallEurozona siano sufficienti. Ci aspettiamo ulteriori passi. Quali passi e perché gli Stati Uniti hanno messo i piedi nel piatto? Cominciamo, una volta tanto,dalla coda.
Si dice che Obama sia preoccupato per la sua rielezione. Il rischio è elevato, Romney si consolida nonostante le previsioni mediatiche (ancora una volta sbagliate) e, senza una solida ripresa, è molto più probabile che gli elettori vogliano un cambiamento comunque. Del resto, questo è il clima che spira in ogni Paese, lAmerica non è certo immune. La gente comune è convinta che gli Stati Uniti siano ancora in recessione, nonostante il prodotto lordo salga senza interruzione ormai dal 2010. Ma una crescita asfittica per gli standard a stelle e strisce, una disoccupazione che resta elevata, le famiglie che stentano a ridurre i loro debiti, il mercato immobiliare fermo, tutto ciò trasforma le cifre ufficiali in unillusione statistica.
Dunque, gli Stati Uniti non riescono più a far da locomotiva alleconomia. La speranza che possa essere la Cina è svanita perché la fabbrica mondiale rallenta. Entro certi limiti è un bene per ridurre linflazione interna e sgonfiare la bolla immobiliare prima che esploda. Ma limpatto sulla domanda internazionale è negativo. Dunque, toccherebbe allEuropa prendere in mano la fiaccola, ma in queste condizioni lUe è solo una zavorra.
Lallarme di Obama, insomma, è più che giustificato. Il New York Times riportava il lamento delle imprese, soprattutto quelle ad alta tecnologia come Cisco, Dell, NetApp i cui redditi cadono per colpa dellEuropa. Ma dietro non cè solo leconomia. Anche perché, alla fine gli Usa sono un continente che consuma la maggior parte di quel che produce in casa. Il pericolo, forse ancor più grave, riguarda la sicurezza che per Washington è la questione chiave. Negli equilibri economico-politici di questo decennio, è ormai chiaro che le aree di primaria importanza strategica circondano due mari: il Mediterraneo e il Mar Cinese. Per controllare questultimo, gli Usa fanno affidamento sul Giappone e, sempre più, sulla Corea del Sud e sulle Filippine (senza contare che il Vietnam sta diventando essenziale nel contenimento dellespansionismo cinese). Per il Mediterraneo, ci vuole lEuropa.
Ebbene, le primavere arabe e la guerra libica hanno dimostrato che gli europei vanno in ordine sparso, tentati dal culto avventuristico per lazione diretta, come nel caso di Sarkozy, o dal fascino discreto del disimpegno, come nel caso della Germania. La quale sta diventando sempre meno affidabile, non è più nemmeno lantico baluardo anti-russo (anzi viene risucchiata a est anche a causa della sua sete di gas, che aumenta dopo luscita dal nucleare). La stessa Nato, a questo punto, diventa uno strumento zoppo.
Si fa strada negli ambienti della sicurezza lidea che bisogna tornare a rafforzare i punti strategici nel cuore del Mediterraneo: lItalia, la Grecia e la Spagna. Guarda caso proprio i tre paesi prostrati dalla crisi e messi alla gogna dalla Germania. Per lItalia, il potenziamento delle basi militari è già in atto e la decisione di dotare di missili i droni sul territorio italiano è un messaggio chiaro (anche in vista di un eventuale conflitto con lIran che nessuno vuole, ma di cui tutti parlano). In Grecia le strutture chiave sono i porti messi nel mirino dai cinesi per ragioni economiche e dai russi per ragioni strategico-militari. Quanto alla Spagna, più appartata rispetto allarena medio-orientale, è tuttavia essenziale per contenere londa sociale e politica nord africana.
Con una Unione a pezzi, una crisi senza via duscita, una divaricazione crescente tra nord e sud, lEuropa non è una risorsa, è un problema. Di qui la priorità assoluta: salvare il salvabile senza indulgere in purismi teorici fuori luogo, ed essere pronti ad affrontare le nuove tensioni geopolitiche. Gli americani vorrebbero che la Bce stampasse moneta, acquistasse i titoli degli stati e delle banche in difficoltà, mentre i governi alimentano il meccanismo di stabilità che dovrebbe partire ai primi di luglio. Ciò potrebbe invertire le aspettative dei mercati e dare almeno sei mesi di tempo (probabilmente molto di più) consentendo di consumare la tragedia greca e capire se in Germania matura una scelta che vada oltre la parrocchia.
Intanto saranno passate le elezioni americane. Se vince, Obama rilancerà la sua pressione affinché lEuropa diventi sempre più un soggetto attivo e unificato. Se prevale Romney, che pure non è un isolazionista, è molto probabile che gli Usa agiscano in modo più drastico, recuperando la piena autonomia del dollaro (sia verso leuro, sia verso lo yuan) e alzando la posta militare a sostegno di Israele e contro lIran.A quel punto, la Germania resta tagliata fuori e lItalia diventa una gigantesca portaerei.
Tutto questo è nello sfondo, ma entrerà chiaramente nel G20 del 17 e 18 a Guadalajara, in Messico. Dovrebbe entrare anche nel vertice europeo di fine mese. Se la crisi non viene affrontata finalmente con un respiro politico non solo eurocentrico, non se ne esce. LItalia potrebbe (e dovrebbe) svolgere un ruolo importante in tal senso, perché coinvolta su due fronti, come abbiamo detto. Forse Monti, oltre alla politica estera economica dovrebbe far ricorso alla politica estera tout court. Farnesina, se ci sei batti un colpo a palazzo Chigi.
Italia, cosi’ puoi mettere la Germania “nell’angolino”
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