• domenica , 24 Novembre 2024

L’unione stretta tra Draghi e Obama

Perché la Merkel non farà ciò che chiedono Draghi e ObamaIL RALLENTAMENTO DELL’EXPORT IN ORIENTE E IN EUROPA SARÀ COMPENSATO DALLE TEMPESTIVE MISURE PRESE DALLA CANCELLIERA PER AUMENTARE LA DOMANDA INTERNA.QUINDI LE INDUSTRIE TEDESCHE NON USCIRANNO DALLA LORO NEUTRALITÀ, NÉ SI TEMONO RIVOLTE NELL’ALLEANZA DI GOVERNO.
Nella sua recente conferenza stampa, il presidente Draghi ha fatto notare, nel giustificare le due grandi Operazioni di rifinanziamento a lungo termine a favore delle banche europee, che all’inizio dell’anno le stesse banche avevano obbligazioni proprie in scadenza per più di trecento miliardi di euro. E’ un modo educato per dire che le Ltro miravano ad aiutare anche le banche tedesche, tradizionalmente grandi emittenti di obbligazioni, che sono una forte componente della loro provvista e che permettono loro di finanziare le imprese con la minore trasformazione delle scadenze possibile. Malgrado la enorme iniezione di liquidità rappresentata dalle due Ltro, tuttavia, l’emissione di obbligazioni senior in Europa è precipitata da un totale di 22 miliardi di euro un anno prima agli 1.3 miliardi emessi finora quest’anno. E’ evidente che le banche, fruendo della liquidità offerta con le Ltro dalla Bce non hanno avuto necessità di emettere obbligazioni proprie. La dichiarazione di Draghi, di non avere, a oggi, intenzione di fare ulteriori Ltro, ma di impegnarsi ad assicurare liquidità , per l’anno in corso, solo con gli altri meccanismi a disposizione della Bce, serve in parte a moderare l’effetto della dichiarazione sulle Ltro. Le borse l’hanno presa come una buona scusa per innescare un rialzo, dopo una serie preoccupante di ribassi, confortate anche dalla intenzione di Draghi, espressa nella stessa occasione, di essere pronto a reagire a possibili peggioramenti della congiuntura europea con ulteriori interventi. Azione immediata no, reazione sì, se necessario. Se la Bce interviene a salvataggio, i denari che presta devono essere restituiti con precedenza assoluta e al cento per cento rispetto agli altri creditori da parte dei debitori. E questo certamente preoccupa i mercati finanziari internazionali. Onde la decisione di Moody’s di declassare sei banche tedesche, oltre a due austriache, quando, sempre in quei giorni, ha declassato un gruppo di grandi banche della Europa dell’Euro. Si calcola che la Germania sia impegnata nel sistema finanziario europeo per circa 600 miliardi di euro: un terzo circa del suo debito pubblico. Più nota è l’importanza dell’Europa a 17 per le esportazioni tedesche. E queste certamente stanno soffrendo per le la stretta selvaggia che è stata operata da banche e stati dei paesi meridionali dell’Euro, e più soffriranno più a lungo essa continuerà. Finora la domanda europea per le merci tedesche è stata sostituita dall’enorme sviluppo di quella dei paesi emergenti, per i quali l’industria tedesca produce esattamente i beni di investimento e le automobili di lusso che essi richiedono. Ma da qualche tempo la Cina ha volontariamente azionato i freni, per sgonfiare la bolla degli investimenti, specie di quelli nel settore edilizio. Così non solo tale domanda è diminuita ma ha innescato una simile diminuzione in paesi produttori di materie prime come Australia, Brasile, Argentina e Perù. Finora queste notizie non sono state sufficienti a moderare il flusso di denaro che si è riversato sui bund tedeschi da parte di risparmiatori e speculatori in fuga dai titoli di stato dei paesi meridionali dell’Euro. Dal 2,30 per cento che rendevano un anno fa, i Bund sono scesi a rendere attorno allo 0,50%. La fuga è stata talmente precipitosa e cospicua che persino i titoli di stato francesi ne hanno beneficiato, malgrado il forte impegno delle banche e imprese francesi nell’Europa meridionale (la Bnp ha due banche in Grecia e una in Italia, ad esempio, e l’industria bellica francese ha acquisito forti commesse in Grecia, per non parlare del persistente ed elevato deficit di bilancio francese). E ci sono grandi prestiti francesi alle banche meridionali e grandi investimenti francesi in titoli di stato meridionali. Ma l’attuale correlazione tra titoli francesi e tedeschi sarà certo tenuta da conto da Hollande, prima di rinunciarvi per mettersi alla testa dell’Europa dei poveri. E’ bene che italiani e spagnoli, che fortemente lo sperano, siano capaci di distinguere tra futuro probabile e desiderio. Ora sui titoli di stato tedeschi e francesi si propongono grandiose operazioni al ribasso, nella supposizione che il segnale che viene da Moody’s debba essere preso come anticipatore di una generale chiamata del bluff tedesco. E’ bene considerare tuttavia, prima di cominciare a prendere sul serio tali proposte, che i bassi tassi permettono alle imprese tedesche di finanziarsi a condizioni assai migliori di quelle imposte dalle rispettive banche nazionali ai loro concorrenti europei (in primo luogo italiani). L’industria tedesca non ama la posizione di isolamento che la signora Merkel sta costringendo la Germania ad assumere in Europa da un paio d’anni. Fin quando durerà il boom delle esportazioni, tuttavia, esse resteranno neutrali e non è escluso che, la situazione del bilancio federale tedesco essendo radicalmente migliorata a causa della crescita del Pil dal 2010, non sono da escludersi, se saranno necessarie, esplicite misure di rilancio della domanda interna, di schietta natura keynesiana, che la signora Merkel si è mostrata già capace di prendere con grande tempestività allo scoppio della crisi e che si aggiungerebbero all’aumento della domanda che la recente crescita dei salari certamente ha già cominciato a innescare e che ancor più effetto avrà nei mesi futuri. Non c’è dunque da credere che le industrie tedesche usciranno troppo presto dalla loro neutralità politica. Esse sanno anche che il popolo tedesco, che vede l’unicità della propria prosperità in Europa, e che prende l’isolamento per rispetto e ritiene la propria fortuna come ampiamente meritata, per i propri sacrifici in un passato ancora molto recente, di certo non intenderà, a breve, punire la Merkel. Quindi, non si temono rivolte nell’alleanza di governo, anche perché lo stato più prospero di tutti è al momento la Baviera, sede dei cattolici conservatori della Csu, alleati della Cdu e enormemente più importanti del decotto Partito liberale. Al settembre 2013, mese delle prossime elezioni federali, mancano ancora un anno e tre mesi. Nonostante gli appelli di Mario Draghi, che assicura che non intende ulteriormente sostituirsi all’azione politica europea deficitaria e ritardataria, e di Barack Obama, che ha disperato bisogno di un duraturo ritorno di fiamma in borsa e finora ha visto accendersi solo un focherello di dubbia durata, l’azione politica europea non sembra assicurare rapidi e decisivi interventi. Il piano di azione bancaria partorito la settimana scorsa dalla Commissione Ue, che testimonia di una fallimentare mancanza di comprensione del funzionamento della banca a riserva frazionaria, quando afferma che le banche devono poter fallire come qualsiasi impresa e devono perciò partecipare, così come gli obbligazionisti, e persino gli azionisti, alle perdite di banche e stati in cui hanno investito, deve aver fatto cadere le braccia al professor Draghi, così come a qualsiasi altro lettore informato. Siamo chiamati ancora a sperare contro la speranza. E a ripetere il mantra che in Europa le decisioni di ulteriore integrazione si prendono solo quando persino l’acqua si infiamma, come dicono i francesi. Almeno negli ultimi dieci anni, questo non è più accaduto.

Fonte: Affari e Finanza 11 giugno 2012

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