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Il debito pubblico (della Scozia) insidia anche per l Italia

GIUSEPPE PENNISI Il referendum sull’indipen¬denza della Scozia avrebbe implicazioni molto serie per l’intera Unione Europea e per l’Italia, in particolare.

In primo luogo, il nuovo Stato po¬trebbe “ripudiare” la sua parte di debito pubblico britannico (143 miliardi di sterline, 230 miliardi di euro), garantito dalla Bank of En¬gland. Ciò creerebbe un vero e proprio caos sui mercati finanzia¬ri. L’Italia rischierebbe di essere u¬no degli Stati dell’Ue più colpiti a ragione dell’elevatissimo rappor¬to tra debito pubblico e Pil. Lo sot¬tolinea l’Eurasia Group, un’auto-revole azienda internazionale di consulenza.

In secondo luogo, la secessione del¬la Scozia metterebbe in moto un movimento centripeto che circa vent’anni fa, quando si comincia¬va a negoziare l’unione monetaria, era stato previsto, in lavori distinti, da Martin Feldstein, a lungo presi¬dente del National Bureau of Eco¬nomic Research americano, e da Alberto Alesina, Enrico Spolaore e Romain Wacziarg (in un saggio pubblicato dall’American Econo¬mic Review e considerato un clas¬sico del genere). Nella Ue, sono soprattutto i catala¬ni, i baschi ed i còrsi che, in caso di successo del referendum, si appre¬stano a seguire il tracciato degli scozzesi, ma , secondo un’inchie¬sta del NewYork Timesapparsa l’11 settembre, anche movimenti se¬paratisti veneti starebbero facen¬do qualche pensierino. Molto più complesso l’impulso che l’esito da¬rebbe a movimenti della Comunità di Stati Indipendenti (ossia alle Re¬pubbliche uscite da quella che era la Urss).

Ciò aggraverebbe le tensioni inter¬nazionali già in atto. In terzo luogo, l’ingresso della “nuova” Scozia nel¬l’Ue non è automatico – come ha ricordato in più di un’occasione l’ex presidente della Commissione Eu¬ropea José Manuel Barroso, sen¬tendosi ribattere, dagli “indipen¬dentisti” che, ai sensi dell’articolo 48 del Trattato Ue si tratta quasi di un “atto dovuto”. La possibile (e già ventilata) richiesta di adesione al¬l’eurozona (per smarcarsi ancora di più da Londra) ha ramificazio¬ni molto vaste. Sulle scrivanie dei neo Commissari europei , c’è un’a¬nalisi approfondita di un esperto davvero esterno, Lisa Tripp della John Marshall Law School di A¬tlanta, un’autorità in materia di di-ritto internazionale dell’economia e della finanza.

Secondo il lavoro, la “nuova” Sco¬zia porrebbe all’unione monetaria problemi e difficoltà analoghi a quelli avuti con la Grecia (ed anco¬ra non del tutto risolti). Se per un motivo od un altro, le si apre la por¬ta, il Paese più fragile, ed il primo ad essere contagiato, sarebbe l’Italia.

Fonte: Avvenire - 14 Settembre 2014

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