La Grande Recessione come crisi bancaria: è la spiegazione standard. Che variamente combina eccesso di mutui garantiti dal Governo, cartolarizzazione che riduce il premio al rischio, tassi di interesse troppo bassi, mancato salvataggio della Lehman; e, per i moralisti, avidità dei banchieri e conflitto di interesse delle agenzie di rating.
La Grande Recessione come crisi innescata dal debito: è invece la tesi di Anif Mian e Amir Sufi in House of debt. Sono quindi sbagliate le politiche con cui il Governo americano ha arginato la crisi, sbagliate le leggi emanate per evitarne il ripetersi. In 190 limpide pagine di agevole lettura, senza equazioni e con pochi dati essenziali, gli autori forniscono un modello macroeconomico che spiega come la caduta di prezzo di un bene in un’economia fortemente indebitata conduca a un disastro economico con massicce perdite di posti di lavoro. Lawrence Summers, uno dei protagonisti di quelle vicende, candida House of debt a più importante libro del 2014.
Tutte le recessioni sono precedute da una caduta della domanda, e la Grande Recessione non fa eccezione: la caduta dei consumi di beni durevoli era iniziata due anni prima di Lehman, ed era diventata generale nove mesi prima, più accentuata dove il maggior calo dei prezzi delle case si accompagnava a un maggior livello di indebitamento. Più indebitamento, più pignoramenti; più indebitamento, maggiore riduzione dei consumi: sono infatti le famiglie indebitate ad avere la più alta propensione marginale ai consumi. La teoria macroeconomíca è supportata dall’analisi micro: Mian e Sufi usano tecniche che consentono di rilevare i comportamenti delle famiglie fino al dettaglio di uno zip-code.
«Il debito è il problema chiave». L’assicurazione distribuisce il rischio, il debito lo concentra su quelli che meno possono sostenerlo: in questo senso il debito è l’anti-assicurazione. La quota di capitale versata alla stipula del mutuo, per il creditore è un cuscinetto a protezione del suo prestito, per il debitore è il suo patrimonio, sovente tutto il suo patrimonio. Se i prezzi delle case calano, il creditore non perde nulla, il debitore può perdere tutto. «C’è un nesso inestricabile tra concentrazione delle perdite e disuguaglianza di ricchezza: il debito amplifica la caduta dei prezzi perché dà luogo a pignoramenti e perché concentra le perdite sui più indebitati che sono anche le famiglie più povere. Questo è la fondamentale natura del debito: che obbliga il debitore a sopportare il maggior onere della crisi. Lo shock da domanda sopraffà l’economia e il risultato è la catastrofe economica». Il debito introduce una non linearità nel sistema economico, che i modelli keynesiani trascurano.
Perché l’economia entra in questa trappola? Che cosa produce questa crescita del debito? Che relazione c’è tra debito e bolla? La spiegazione della Grande Depressione diventa teoria del formarsi ed esplodere delle bolle. Iniziano per il comportamento di investitori irresponsabili che acquistano un bene, perlopiù una casa, che non possono permettersi. Ma se si conta sul fatto che ci saranno sempre investitori irrazionali e banche che offrono loro la possibilità dí indebitarsi, è razionale investire nella bolla. Il debito ha la capacità unica di convincere gli investitori «razionali» che il debito che comperano è sicuro indipendentemente dal valore del sottostante che essi finanziano. Così facendo non tengono conto di un rischio nascosto: che gli immobili possano deprezzarsi più del io%, che i fondi monetari non paghino quello che è sul conto, che la crisi finanziaria russa divarichi i tassi. E le banche gli offrono strumenti che assicurano tutto tranne quel rischio.
Se le banche soffrono perché il crollo dei consumi causa recessione, per salvare le banche sarebbe meglio attaccare direttamente il problema delle famiglie. Non è quello che fece il Tesoro americano: questa parte del libro ha suscitato e continuerà a suscitare le maggiori polemiche. Ma rimane il problema di fondo, l’inflessibilità che rende il debito uno strumento così terribile: per la famiglia che si indebita per comperarsi la casa, o, con conseguenze che possono essere ancora più drammatiche, per gli studenti che si finanziano gli studi. È del debito la colpa dei cicli in cui le bolle si formano e scoppiano. Il sistema finanziario ha una parte sempre crescente della nostra economia: per goderne i vantaggi è necessario intervenire sul circuito perverso delle perdite forzate a cui vanno incontro le famiglie indebitate, bisogna aumentare la quota di capitale nei contratti. Difficile dire se la loro proposta di contratti di mutuo a responsabilità condivisa tra debitore e creditore possa trovare vasta accoglienza. Quella se la merita in ogni caso il loro lucidissimo saggio.
Fonte: Il Sole 24 Ore - 15 Settembre 2014