• venerdì , 20 Settembre 2024

La fiducia dei risparmiatori passa dalla Ue

Luigi Einaudi amava ricordare che il denaro altrui va maneggiato con grande cura, perché i risparmiatori hanno “memoria di elefante e gambe di lepre”; se fosse in vita oggi aggiungerebbe che hanno anche “un stomaco d’acciaio” , per la forza con la quale stanno digerendo i bocconi amari dell’ultimo anno.
Obbligazioni Argentina polverizzate; Cirio Bond , se andrà bene, ridotti ad un terzo; alcuni prodotti finanziari del Monte Paschi “condannati”, in un contesto di Borsa calante, tassi al minimo, economia choccata per la guerra irachena e la crisi di alcune grandi industrie simbolo del Paese. C’è un’ evidente crisi di fiducia che costituisce l’emergenza finanziaria del momento. Ma c’è anche da interrogarsi su come viene affrontata , tra gli altri, dalla Consob, dall’Abi e dall’Assonime, rispettivamente Autorità di vigilanza sulla Borsa, Associazione delle banche e delle Società per Azioni, le quali hanno concordemente riconosciuto una “insufficiente tutela dei risparmiatori individuali”, quasi che quella tutela, ognuno nell’ambito delle proprie competenze, non fossero loro a doverla interpretare.
Prendiamo la Consob, la commissione che vigila sulle società quotate in Borsa. Spiazzata probabilmente all’energia con la quale l’omologa statunitense SEC ha reagito agli scandali delle grandi Corporation americane, dalla Enron in poi, la commissione presieduta dal prof. Luigi Spaventa ha definito la Borsa italiana come un “museo degli orrori societari ” ed ha denunciato l’esistenza di obbligazioni societarie poco trasparenti e senza rating, per le quali renderà obbligatorio alle Società quotate, fornire informazioni più ampie a tutela dei risparmiatori e del rischio che corrono. Ha cioè indicato “il guaio” e poi una delle soluzioni per affrontarlo. Il che significa che non tutto ciò che era nella potestà della Consob era stato fatto prima. Perché?
Ed ancora: l’Abi e l’Assonime hanno cominciato a redigere, la prima, una serie di meccanismi che renderanno confrontabili e trasparenti i prodotti finanziari gestiti e collocati dalle banche; e la seconda, ha annunciato la definizione di un codice di autodisciplina al quale gli associati volontariamente potranno aderire, con la speranza di indurre le Spa quotate in Borsa, a richiedere il marchio D.O.C. della virtù finanziaria , della correttezza e della trasparenza verso i risparmiatori.
Benfatto, naturalmente, come tutto ciò che contribuisce a tutelare maggiormente il risparmio individuale. Ma perchè solo oggi? E perché così timidamente, come nel caso del codice di autodisciplina dell’Assonime, che anziché limitarsi a rilasciare un marchio DOC a chi sposa i comportamenti della virtù, potrebbe più utilmente puntare alla pubblicizzazione annuale dell’elenco chi ancora ne è lontano? Anche questa è trasparenza , ed i risparmiatori certamente l’apprezzerebbero.
Infine le banche. Ad esse spetta una particolare cura nella tutela e nella gestione del risparmio dei depositanti che si manifesta sia nei prodotti, sia nella gestione, ma soprattutto nell’impiego di tale risparmio sotto forma di finanziamenti alle imprese. Se l’Italia è il paese in cui le crisi bancarie sono state le più contenute e le meno costose del mondo, se il sistema bancario italiano ha retto allo scoppio della bolla speculativa della net economy al contrario per esempio di quelle tedesche, ciò è dovuto alle riserve di patrimonio che la Banca d’Italia ha imposto alle banche di accantonare, per proteggere dal rischio fallimento o non rimborso, i denari dei risparmiatori prestati alle imprese. Ora l’Unione Europea vorrebbe intervenire in materia ed è probabile che abbassi la ” riserva ” di patrimonio e allenti i controlli anti rischio-fallimento a tutela dei depositi, proposti dalle banche centrali. L’intento è aiutare le imprese, specie quelle piccole, ad avere prestiti facili in un momento di “bassa” congiunturale, ma chi risarcirà i depositanti se altre imprese come la Cirio non dovessero rimborsare prestiti troppo facilmente ottenuti e non garantiti?. La fiducia dei risparmiatori italiani, è vero, si spende a Roma, Milano, Torino ma si costruisce anche a Bruxelles.

Fonte: "Il Giornale" - 21 maggio 2003

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