• lunedì , 25 Novembre 2024

Nuove regole di tutela del credito e del risparmio

Come si temeva, l’attesa riunione del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio non ha raggiunto conclusioni utili. Il governatore Fazio ha difeso puntigliosamente la legittimità formale e procedurale dei suoi atti, come se non ci fosse un problema. Proprio come non aveva visto problemi nel trattamento riservato ai risparmiatori nel collocamento dei bond argentini e dei titoli Cirio e Parmalat. Il governo appare incerto e diviso, in assenza di una forte sensibilità del premier per le questioni sul tappeto. < br>

Eppure, due conclusioni sembrano incontrovertibili. La prima è che il governatore della Banca d’Italia non può più restare al suo posto; i suoi formalistici argomenti non mutano di una virgola la sostanza del problema. Nel perseguimento di un suo particolare disegno per l’assetto del sistema bancario, egli ha quanto meno assecondato, forse favorito, un gruppo di operatori che hanno sistematicamente aggirato e violato le norme di pubblicità e trasparenza del mercato del capitali, quelle di corretta gestione del credito, nonché le stesse condizioni poste dalla vigilanza per procedere nelle operazioni proposte. Gli stessi operatori sono anche indagati per la violazione delle norme penali sugli abusi di mercato. Egli ha anche violato sul piano sostanziale le norme europee, vincolanti per il nostro ordinamento, sulla libertà di stabilimento e la non discriminazione degli operatori in base alla nazionalità. Tali comportamenti sono ormai di pubblico dominio; pertanto, egli non è più in grado di svolgere le sue funzioni con l’autorità e l’imparzialità richieste. < br>

La seconda conclusione incontrovertibile, come ha sostenuto ieri su questo giornale Tito Boeri, è che i principi che regolano gli organi e l’attività della Banca d’Italia devono essere modificati attraverso un intervento legislativo. Solo il parlamento può ridefinire gli obiettivi e gli ambiti di azione della Banca d’Italia, separando una volta per tutte le competenze per la concorrenza da quelle per la tutela della stabilità del sistema bancario; può porre un termine al mandato del governatore e formalizzare un nuovo assetto collegiale degli organi di governo della Banca d’Italia che impedisca il ripetersi degli errori commessi. L’intervento legislativo deve definire esplicitamente le finalità dell’intervento regolatorio della Banca d’Italia, finora affidate alla discrezione del governatore, rendendo l’istituzione responsabile verso il parlamento per la loro realizzazione e assicurandone la piena indipendenza rispetto al potere esecutivo. Problemi di tale portata investono pubblici interessi fondamentali e chiaramente travalicano gli ambiti di decisione degli organi statutari della Banca d’Italia, anche se non si fossero verificati i gravi fatti che purtroppo ci troviamo a commentare. < br>

In questo contesto, una questione di primaria importanza riguarda i compiti e le responsabilità della Banca d’Italia nella determinazione degli assetti proprietari del sistema bancario. Il governatore Fazio ha interpretato i poteri di tutela della stabilità e buona gestione del sistema bancario attribuiti dal Testo unico bancario – non, si badi bene, i poteri in materia di concorrenza – nel senso ampio di facoltà di scegliere gli assetti proprietari e i controllori delle banche. Poteri di tale estensione mal si conciliano con un mercato aperto e concorrenziale e sono quasi certamente in contrasto con l’ordinamento comunitario, che consente di fissare requisiti e criteri per i vari giocatori, ma non di scegliere i giocatori e di dettarne i comportamenti. Comportano anche il rischio per l’istituzione di perdere l’imparzialità, come si è visto. Ma difficilmente un governo può rinunciare a ogni intervento in questo campo: in effetti, questa è l’opinione diffusa tra tutte le forze politiche. < br>

La soluzione di questo problema non è semplice e richiede ulteriori riflessioni; tuttavia, si possono proporre fin d’ora due punti fermi. In primo luogo, i criteri di intervento “politico” in questo campo, a tutela di interessi pubblici chiaramente identificati, dovrebbero essere ben delimitati dalla legge, senza troppi margini di valutazione discrezionale. Ciò avrebbe tra l’altro il sicuro vantaggio di consentire una precisa valutazione della compatibilità con le norme europee. In secondo luogo, sarebbe preferibile attribuire la titolarità di tali poteri – che hanno natura prettamente politica – direttamente al governo. In tal modo, la politica potrebbe esercitare più chiaramente le sue attribuzioni, mentre il regolatore sarebbe solo arbitro imparziale, mai più giocatore a fianco di una delle squadre in campo. < br>

Fonte: La Stampa del 27 agosto 2005

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