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Vertici internazionali per la nuova Consob

La legge prevede che sia la presidenza del consiglio a sottoporre ai ministri una candidatura per la presidenza della Consob. È normale, quindi, che Silvio Berlusconi lasci al suo braccio destro Gianni Letta il lavoro di esplorazione in vista della designazione.
L’attuale presidente Lamberto Cardia scade il prossimo 30 giugno dopo 13 anni di Consob: sei come commissario e ben sette come presidente. La lotta per conquistare la posizione è in pieno svolgimento, come ha raccontato Fabio Tamburini (Il Sole 24 Ore del 22 maggio).
Ed è Letta, secondo quanto raccontano gli addetti ai lavori, a dirigere il traffico tra segnalazioni, autocandidature ed effettiva valutazione delle qualità necessarie per assumere quell’incarico.
Letta ha tanti pregi, che vanno dalla pazienza alla capacità di mediazione fino a una perfetta conoscenza dell’apparato pubblico. Nessuno meglio di lui sa muoversi nei meandri del Consiglio di stato, della Corte di cassazione o della Corte dei conti. Però il mondo, soprattutto quella della finanza, non si ferma lì. Va bene fare squadra con grand commis e supermagistrati, assegnando posti di primo piano che richiedono anche la capacità di dialogare con la politica. Ma la vigilanza sui mercati oggi ha bisogno di altre figure.
Il ministro dell’Economia Giulio Tremonti ha davvero un sacco di gatte da pelare: aiuti alla Grecia, manovra in Italia, regole per i mercati finanziari a livello europeo e globale, riforma fiscale e, soprattutto, federalismo, che è la sua scommessa e il suo principale asset politico. Ma con il nuovo presidente della Consob sarà il ministro a dover lavorare. Per esempio, nel Comitato per la stabilità finanziaria di cui il successore di Cardia farà parte insieme al governatore della Banca d’Italia Mario Draghi.
Eppure sembra che, almeno per il momento, Tremonti lasci fare agli altri: a Letta e a chi aspira al posto. Forse sarebbe bene se, tra una grana e l’altra, buttasse un occhio anche lì. Persino i suoi più irriducibili nemici gli riconoscono la dote di saper scegliere le persone giuste quando le nomine sono di sua competenza. E non è il caso che la Consob sfugga a questa regola.
Anche perché la commissione è attesa da una rivoluzione copernicana. Con il prossimo anno, in seguito alla riforma della vigilanza europea, il suo lavoro sarà fortemente integrato con quello dell’Esma (European securities market authority) in cui sarà rappresentata insieme alle Consob degli altri paesi. Serve dunque un presidente dotato, fin dal primo momento, dell’autorevolezza internazionale necessaria per far sentire il peso dell’Italia nel momento in cui si dovranno prendere decisioni valide per tutti. Tanto per fare un esempio: sarà l’Esma a vigilare sulle società di rating. L’Italia avrà una sua posizione o si accoderà al carro dei britannici o a quello dei tedeschi?
Cardia va giustamente orgoglioso del ruolo che la Consob ha avuto in questi anni in organismi come la Iosco, l’organizzazione delle Consob mondiali, e il Cesr, precursore europeo dell’Esma con meno poteri. Ma proprio per questo ora è necessario un ulteriore salto di qualità. Alla Consob occorre sì un presidente equilibrato e in grado di dialogare con tutti i poteri: governo, parlamento, magistratura, intermediari, emittenti di titoli. Ma con una caratteristica in più: sapersi muovere nella complessa comunità dei regolatori internazionali da cui, come si è visto di recente, dipende il corretto funzionamento dell’economia.

Fonte: Sole 24 Ore 28 maggio 2010

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