«Nel complesso i risultati confermano la capacità delle banche italiane di assorbire l’impatto di un significativo deterioramento delle attuali condizioni macroeconomiche e di mercato». È positiva la valutazione d’insieme dei risultati dello stress test rilasciata ieri dalla Banca d’Italia, in un comunicato che dà conto dell’esame sostenuto dai 5 gruppi bancari italiani nell’ambito della prova di stress realizzata a livello consolidato su 91 banche europee. E soddisfazione è stata espressa anche dal governo italiano con un comunicato del ministro dell’Economia Giulio Tremonti.
Non solo, infatti non ci sono bocciature, ma nessuno dei gruppi italiani (UniCredit, Intesa Sanpaolo, Monte dei Paschi di Siena, Banco Popolare e Ubi Banca (che rappresentano il 60% del totale attivo del mercato bancario italiano) scende al di sotto della soglia del 6% del Tier 1 ratio, il coefficiente relativo al patrimonio di base, anche sotto l’urto del doppio shock (quello macroeconomico e quello da debiti sovrani) considerato nello scenario avverso immaginato dalla Bce. E va ricordato, sottolineano gli esperti di Bankitalia, che il 6% del tier 1 è un parametro comunque superiore di 2 punti al minimo regolamentare. Mario Draghi, come presidente del Financial stability board, ha evidenziato come questi risultati «forniscano ulteriore chiarezza e trasparenza al settore bancario europeo e alle 91 banche che hanno partecipato alla prova».
Lo stress test, ha sottolineato il ministro dell’Economia Tremonti, indica la solidità del sistema Italia. «A volte – ha osservato in un’intervista al Tg1 non fare notizia è una buona notizia. Questa volta l’Italia non fa notizia perché ha i numeri nella media dell’Europa e questo è molto buono e positivo». È un «dato buono», ha spiegato il ministro, «non solo perché indica la solidità del sistema bancario-finanziario italiano, ma indica la solidità dell’Italia». Il ministero è peraltro pronto, in linea con quanto è stato fatto da altri paesi europei, a riaprire lo strumento dei Tremonti bond «anche se precisa un comunicato di via XX Settembre, non sussiste alcun elemento che induca a ritenere che le banche italiane debbano ricorrere a tali strumenti». E soddisfazione, infine, è stata espressa anche dal neopresidente dell’Abi Giuseppe Mussari, che ha rilevato come le banche italiane «godano di ottima salute».
Entrando nel dettaglio, l’ipotetica batosta esterna prefigurata dai test si ripercuoterebbe con effetti differenziati sulle varie aziende di credito: lo shock, ha spiegato ieri nel briefing per la stampa il vicedirettore generale di Bankitalia Annamaria Tarantola, produrrebbe alla fine del periodo considerato (cioè nel 2011) un tier 1 pari al 7,8% per UniCredit, 8,2% per Intesa Sanpaolo, 6,2% per Mps, 7,0% per Banco Popolare, 6,8% per Banca Ubi. In pratica, i “voti migliori” quanto a capacità di assorbire un urto poco probabile (la probabilità stimata dello scenario avverso è pari al 5%, mentre ai tempi dello stress test Usa era pari al 15%) se li aggiudicano i due big, cioè Banca Intesa Sanpaolo e UniCredit, grazie alle azioni di rafforzamento del capitale che hanno realizzato nella prima metà di quest’anno. Nella determinazione degli impatti patrimoniali delle perdite, è stato spiegato, un effetto non trascurabile sarebbe prodotto dal regime fiscale, che ha oneri significativi anche in presenza di perdite d’esercizio. Nel biennio, per effetto del doppio shock le prime 5 banche italiane registrerebbero perdite complessive per poco più di 51 miliardi di euro (poco meno del 10% dei 566 miliardi dell’impatto patrimoniale dello shock sull’intero campione europeo). Di queste, 39,8 miliardi sarebbero costituite da perdite legate al deterioramento del quadro macroeconomico, poco meno di 6 miliardi si registrerebbero nel portafoglio di negoziazione, per effetto della svalutazione dei titoli pubblici con le ipotesi di haircut previste nell’esercizio (con una perdita di valore di 4,6 miliardi), altri 5,6 miliardi deriverebbero dalla svalutazione del portafoglio azionario disponibile per la vendita. Per contro, la redditività operativa stimata sarebbe pari a 47,4 miliardi di euro (per le banche italiane che sono molto “credit intensive” l’espansione del margine d’interesse dovuta all’aumento dei tassi a breve e a lungo ipotizzato sarebbe consistente). Bankitalia ha spiegato anche che in un confronto meramente statistico la posizione delle banche italiane nella distribuzione dei livelli del patrimonio non è elevata. Ma questo risultato riflette un paio di caratteristiche strutturali delle banche italiane: il loro poggiare su un modello operativo tradizionale che viene penalizzato dal sistema di pesi del rischio espresso da Basilea 2 e i requisiti di ammissibilità a capitale di vigilanza chiesti dalla stessa Bankitalia. Quello che era e resta chiaro ed è un dato positivo è che le aziende di credito italiane hanno una leva finanziaria complessiva molto bassa.
Il sistema Italia supera il test. In Europa bocciate 7 banche su 91
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