ACEA e Gaz de France hanno raggiunto l’ accordo e avviato le pratiche di divorzio. Acea ne esce con meno debiti, un po’ di soldi in cassa, più piccola e fuori dal settore della produzione di energia. E’ un perimetro più limitato ma più chiaro. Per capire come intenda svilupparlo aspettiamo il piano industriale, ma ci sono due incertezze che prima saranno chiarite meglio sarà. La prima è la strategia di fondo, ovvero se dopo il divorzio dai francesi Acea ritiene di voler andare avanti da sola. I punti di forza sono la distribuzione di energia e il business dell’ acqua: quest’ ultimo la vede ormai protagonista anche in altri territori e offre interessanti prospettive. La prospettiva di breve termine vedrebbe un interesse dell’ azienda ad assumere un ruolo centrale anche nella distribuzione del gas. Basterà a garantirle un futuro da protagonista nel mondo delle utility? Nel nord è in corso un vivace processo di aggregazioni per raggiungere dimensioni adeguate e guardare al mercato europeo. Da questo processo Acea è stata un paio di volte sfiorata ma mai sostanzialmente coinvolta. E’ il momento di chiarire dove porta la strategia stand alone, quali sono vantaggi e limiti, e quali vantaggi e quali limiti avrebbe invece una strategia di accordi con altri soggetti. Il secondo fattore di incertezza riguarda l’ azionariato. Il Comune, primo azionista, in un futuro non lontano dovrà ridurre la sua partecipazione del 10% edè probabile che finirà sul mercato anche la quota Gdf, non più essenziale dopo la conclusione dell’ alleanza. A chi finiranno queste azioni? Le ipotesi sono infinite, da un rafforzamento sostanziale del secondo socio Caltagirone alla vendita a una grande utility italiana. Nelle pratiche di divorzio non sembra ci siano accenni a questo delicato passaggio. Il rischio è di trovarsi, invece di indirizzarla, a subire la scelta di un futuro eventuale alleato.
Fonte: Repubblica del 21 settembre 2010Acea, due domande dopo il divorzio dai francesi
L'autore: Marco Panara
Commenti disabilitati.