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“Draghi alla Bce? E’ un ottimo candidato”

La filosofia di Lue Frieden, ministro delle Finanze del Lussemburgo, è che «non si deve mai chiudere nell`angolo un Paese che ha un problema specifico».
Lo dice a-proposito della flessibilità con cui regolare la cura dei bilanci dell`Ue, e con preciso riferimento al dibattito «alimen tato solo dall`Italia» sull`opportunità di compensare il passivo di Stato con quello di famiglie e imprese. Non immagina grandi rivoluzioni, eppure rifugge le ortodossie eccessive. «l1 principio guida del risanamento deve rimanere quello del debito pubblico – spiega -, eppure ritengo necessario avere una particolare comprensione per il caso italiano e trovare misure specifiche per affrontarlo». Parla a tutto campo ed è assai diretto, Frieden, per essere un ministro delle Finanze. In una pausa della ventiquattr`ore bruxellese in cui Eurogruppo ed Ecofin cercano di stringere i tempi della riforma della governane economica, spiega a un ristretto gruppo di reporter europei la linea del governo Juncker senza nascondersi troppo, criticando la strategia franco-tedesca per la competitività nella forma e non nella sostanza, chiedendo al1`Ue di fare in fretta nel riscrivere le regole e assicurando che «nulla osta» per la corsa di Mario Draghi al vertice della Bce.
Ministro, è ancora sul tavolo il piano franco-tedesco? «Non è mai stato presentato ufficialmente.
Io l`ho visto informalmente, come tutti. E ho pensato che contenesse idee buone, sebbene non nuove, ma che la forma andasse rivista».
Perché? «Siamo tutti d`accordo sul-l`esigenza di ridurre gli sbilanci e che servono nuovi indicatori per misurarli. Ci stavamo lavorando all`Eurogruppo e all`Ecofin.
Questo “non paper” lo avrei firmato se fosse stato proposto da un gruppo di Stati, da Van Rompuy o dalla Commissione. Hanno fatto un buon lavoro, a Berlino, hanno messo dieci documenti in un uno. Tuttavia mi disturba che sia stato presentato come qualcosa di “tedesco” che tutti gli altri Paesi devono digerire».
L`Europa si è data il limite del 24 marzo per la nuova governance.
Possibile? «Dipende da cosa si vuole ottenere.
Stiamo avanzando troppo lentamente. Una volta trovato il consenso politico, i dettagli dovrebbero essere finalizzati dagli esperti, in due o tre giorni. Invece si discutono sempre le stesse cose. Se c`è la volontà vera, allora la soluzione è semplice».
Non succede cosi, però.
«A marzo potremmo avere una forte dichiarazione politica. Se entriamo troppo nei dettagli sarà tutto più difficile».
Come vorrebbe rafforzare il fondo salva-Stati (Efsf)? «Dobbiamo anzitutto rendere disponibili i 440 miliardi della sua dote. Quindi si tratta di aumentare le garanzie, non solo quelle dei Paesi Tripla A. Infine deve essere flessibile. Potrei anche accettare che intervenisse sul mercato secondario, tuttavia non credo che sia il parere della maggioranza».
Avete iniziato a ragionare sul nuovo presidente della Bce? «Non ancora, ma bisogna decidere al più presto.Trichet lascia in ottobre. Un rinvio rischia di generare instabilità».
Il tedesco della Buba, Axel Weber, si è tolto di scena.
«Era un ottimo candidato, ma ha lasciato per ragioni che non conosco.
Ho avuto in passato un buon rapporto con Weber; mi spiace che non ci sia più».
Fra i papabili è molto quotato Mario Draghi. I suoi avversari dicono che non va bene perché è stato in Goldman Sachs.
Le pare una ragione? «Per nulla. Occorre qualcuno che capisca a fondo il compito che lo attende. Un passato nel settore privato, anche se con una società che poi è scomparsa, non è un problema. Io devo supporre che la persona in questione non abbia avuto ruolo nelle attività che hanno portato al disastro.
Sulla base di questo, aver lavorato nel settore privato può essere un grande vantaggio».
Ritiene che il Governatore italiano abbia chance? «Se sarà candidato, sì. Conosco Mario Draghi da tempo, l`ho sempre trovato “impressive” e intelligente.
E` presidente del Financial Stability Board dove è arrivato perché conosce bene il mestiere.
Non mi chieda però, adesso, se lo voterò. Prima devo valutare anche gli altri nomi».

Fonte: La Stampa del 15 febbraio 2011

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