Oggi il consiglio della Banca centrale europea ha di fronte a sé una decisione molto difficile: il tasso dinflazione armonizzato dellEurozona ha superato quel 2% che in base alla prima delibera della Bce dovrebbe rappresentare la soglia oltre la quale intervenire per ‘raffreddare’ leconomia ma al tempo stesso, da un lato, larea ristagna (e si implorano politiche di crescita) e, da un altro, il sistema bancario di alcuni Paesi delleuro minaccia il tracollo. Quindi, da una parte, le regole di base della Bce imporrebbero un ritocco allinsù dei tassi dinteresse, ma, da un altro,la situazione delleconomia reale e del settore bancario richiederebbe una strategia espansiva. Il 4 ottobre, un economista non certo keynesiano, Gert Peersman della Università di Ghent, ha pubblicato sullEuropean Economics Journal, un saggio documentato in cui si chiedono alla Banca politiche «non convenzionali»: tassi più bassi a favore di tutti e ‘quantitive easing’ (facilitazioni quantitative) per il settore bancario.
Non sta a noi anticipare quali saranno le decisioni del Consiglio Bce. Occorre, però, fornire gli elementi centrali per comprendere quello che possiamo chiamare «limbroglio della liquidità». Secondo dati Ocse e Fmi, nellEurozona ci sono circa 200 miliardi di euro di liquidità, in gran misura risparmi di famiglie od accantonamenti di imprese, che «non sanno dove andare». Al tempo stesso, non solo le agenzie di rating hanno declassato la valutazione dei titoli di numerosi istituti ma quel che più preoccupa secondo stime (peraltro ufficiose, nel senso di non ancora pubblicate) della Banca dei regolamenti internazionali gli istituti bancari europei hanno urgente bisogno di ricapitalizzazioni per circa 300 miliardi di euro; istituti di pregio sino a poco tempo fa (come Dexia, che controlla in Italia il CrediOp) sarebbero alla frutta.
Perché si è bloccato lacquedotto che porta usualmente liquidità alla banche? È in atto una crisi di fiducia allinterno del settore bancario europeo (ossia tra un istituto e gli altri e viceversa) che si riverbera inevitabilmente nellinterazione tra banche,da un lato, e famiglie ed imprese, dallaltro.Tale crisi di fiducia altro non è che una conseguenza dellHimalaya di debito sovrano e del rischio crescente di insolvenza da parte di alcuni Stati delleuro, di dimensioni tali da travolgere ununione monetaria ancora in fasce.In effetti, molte banche sono state attratte da alti tassi dinteresse di titoli di Stati delleuro (illudendosi che ci fosse una garanzia collegiale, ossia che, allinterno della zona, le formiche saldassero i ‘buchi’ delle cicale) e ne hanno riempito le loro casseforti (o più precisamente le loro scritture contabili).Sino a quando qualcuno che conosce il tedesco ha ricordato che oltre Reno il termine Schulden (modo elegante per dire ‘debito’) ha la propria radice etimologica in Schuld (che significa ‘colpa’). Dopo quindici anni di pesanti ristrutturazioni economiche per la loro unificazione,i tedeschi non hanno alcuna voglia di darsi da fare per ‘colpevoli inveterati’ e per banche che li hanno aiutati a perseguire la strada del vizio. Cosa avverrà? Fallimenti a catena come nel postLehman Brothers? Ci sono strumenti tecnici per evitarlo. Il servizio studi Bce ne ha esaminata una batteria in una serie di documenti interni. Tali strumenti, però, funzionano unicamente nellambito di un continente che smette di essere anche mentalmente vecchio e ricomincia a crescere.
Il grande imbroglio della liquidità che ha lasciato a secco gli italiani
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