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Banche, si studia la via d’uscita

Il Consiglio e il Comitato esecutivo dell’Abi si riuniranno la prossima settimana, mercoledì 14 marzo marzo, e con ogni probabilità in quell’occasione i due organismi di governo dell’Associazione dei banchieri respingeranno le dimissioni del comitato di presidenza annunciate da Giuseppe Mussari giovedì scorso. Le dimissioni sono state offerte come atto di protesta verso l’emendamento al decreto liberalizzazioni che rende nulle tutte le commissioni bancarie a fronte di concessioni di linee di credito. La decisione sarebbe un evidente sostegno alla linea di Mussari contro un atteggiamento politico ritenuto pregiudizialmente anti-banche e sfociato in una norma considerata molto punitiva perché se rimanesse così com’è, secondo alcuni calcoli circolati nel mondo bancario, potrebbe comportare costi fino a 10 miliardi.
Intanto, le forze politiche stanno studiando un modo per cambiare la disposizione: la modifica comporterà che la nullità di tutte le commissioni bancarie in caso di concessione di linee di credito debba essere applicata solo «alle banche che non si adeguano alle norme sulla trasparenza ai sensi della delibera del Cicr, adottata ai sensi dell’art. 117/bis del Codice bancario»; in pratica, l’azzeramento delle commissioni sarà previsto come sanzione per chi non rispetterà le nuove regole di riforma dell’intero sistema delle commissioni bancarie che il Cicr deve ancora definire.
Una delle possibilità allo studio è che venga presentato un emendamento al dl semplificazioni. Ieri mattina uno dei due relatori al decreto, Stefano Saglia del Pdl, ha annunciato che l’emendamento era stato presentato in Commissione.Ma nel pomeriggio lo stesso Saglia ha precisato che «si sta valutando sull’ammissibilità» dell’emendamento. Al Senato il provvedimento è all’esame in seduta congiunta delle commissioni Affari costituzionali e della commissione Industria e solo oggi si dovrebbe capire se l’ammissibilità sarà concessa. Infatti, ha spiegato il parlamentare del Pdl, si tratta di «superare le forche caudine» dei limiti indicati dal Capo dello Stato sull’esigenza di non introdurrre materie estranee ai provvedimenti, limiti resi operativi per la prima volta proprio nell’esame di questo testo.
Saglia ha poi ricordato che dal momento che la norma è nata all’interno del decreto liberalizzazioni, sarebbe forse più opportuno rivederla nell’ambito della conversione di quel decreto. Più opportuno forse, ma di certo meno praticabile politicamente: cambiare il decreto liberalizzazioni comporterebbe una terza lettura in Senato e i tempi sarebbero strettissimi, considerato che il dl è calendarizzato per l’aula il 19 marzo e scade il 24, senza contare il fatto che nessuno, né il governo né la maggioranza che lo sostiene vuol correre il rischio di riaprire il vaso di Pandora delle eccezioni al testo da parte di singole categorie. Poco credibile, anche l’ipotesi di un disegno di legge di iniziativa parlamentare ad hoc per stralciare la questione e procedere in via più rapida per venire incontro alle richieste delle banche: diverse fonti parlamentari sono piuttosto tiepide sull’argomento e non solo perché un disegno di legge non sarebbe di per sè un veicolo particolarmente veloce. Il nodo da sciogliere, in realtà, è di sostanza: all’interno dei gruppi parlamentari resta diffusa la convinzione che gli Istituti di credito debbano comunque fare di più sul fronte della trasparenza e che non sia poi così urgente procedere a modifiche rispetto al testo approvato. Così il capogruppo del Pd in commissione Attività Produttive, Andrea Lulli, ha sottolineato ieri che nel decreto Salva Italia «è stato approvato un protocollo sulla trasparenza cui le banche devono sottoporsi: prima si applichi quel protocollo che ancora non ha visto la luce e poi si consideri se modificare o meno la norma sulle commissioni», aggiunge. Secondo Lulli «le dimissioni dei vertici dell’Abi sono incomprensibili». Sullo stesso fronte anche alcuni esponenti del Pdl: Maurizio Gasparri, ad esempio, chiede esplicitamente ai vertici dell’associazione dei banchieri di «ritirare le dimissioni». Ma anche altri politici non nascondono l’irritazione nei confronti dei vertici degli Istituti di credito, per aver voluto forzare la mano al Parlamento con l’annuncio della remissione del mandato.

Fonte: Il Sole 24 Ore del 6 marzo 2012

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