Crisi finanziaria e recessione continuano a frenare l’erogazione del credito all’economia e tendono ad azzerare la dinamica degli impieghi che affluiscono alle imprese. Nello scorso mese di febbraio, secondo i dati e le elaborazioni diffusi ieri dalla Banca d’Italia con la pubblicazione del bollettino su moneta e banche, il tasso di crescita sui dodici mesi dei prestiti al settore privato, corretto per tener conto delle cartolarizzazioni cancellate dai bilanci bancari, è diminuito all’1,3 per cento su base annua, rispetto al +1,7% fatto registrare in gennaio. Il rallentamento è dovuto soprattutto alla diminuzione del tasso di crescita dei prestiti alle società non finanziarie (+0,9% tendenziale dal +1,4 di gennaio), mentre il tasso di crescita dei prestiti alle famiglie flette in misura leggermente inferiore (è sceso al 2,7 per cento dal precedente 3,1). I numeri grezzi sono, peraltro, impressionanti: la consistenza del credito ai residenti in Italia era pari a 2.397 miliardi e 311 milioni in novembre; a febbraio secondo il bollettino tale consistenza è stata pari a 2.352 miliardi e 649 milioni: si tratta di circa 45 miliardi in meno.
Insomma, la contrazione degli impieghi è ancora visibile ad occhio nudo. Da cosa è determinata? Lo ha spiegato qualche giorno fa nel corso di un’audizione parlamentare il presidente dell’Abi Giuseppe Mussari: la crisi finanziaria ha comportato il prosciugamento dei canali di raccolta interna ed estera; la raccolta estera delle banche italiane, in particolare, nel 2011 ha subito una contrazione di ben 50 miliardi. In pratica, poiché le banche del nostro Paese fanno più crediti di quanti depositi ricevano dai risparmiatori italiani esse devono raccogliere fondi anche presso istituti bancari e investitori, italiani e internazionali. Negli ultimi mesi del 2011 la crisi di fiducia che ha colpito l’Italia si è ripercossa non solo sui titoli pubblici ma anche su questo tipo di raccolta bancaria, che è bruscamente diminuita: in queste condizioni le banche avrebbero dovuto ridurre fortemente anche i crediti a famiglie e imprese, molto più di quanto non sia successo, se non fosse intervenuto il finanziamento straordinario ricevuto in dicembre dalla Banda centrale europea, che è andato a colmare parzialmente il deficit di raccolta che si era aperto. Il superamento del momento più cupo della crisi di liquidità che ha richiesto l’intervento dell’Eurotower sotto la guida di Mario Draghi si comincia peraltro a vedere nella dinamica della raccolta complessiva delle aziende di credito.
Il bollettino diffuso ieri dà conto dei rapporti che intercorrono tra Bce e banche italiane: i finanziamenti della Banca centrale europea alle banche italiane hanno toccato quota 270,052 miliardi a marzo, in crescita rispetto ai 194,775 miliardi di febbraio. Da parte loro, le banche italiane hanno preso in prestito circa 268 miliardi di euro nelle operazioni di rifinanziamento a lungo termine della Bce.
Se i prestiti continuano a frenare, anche perché la recessione comprime la domanda di credito, la raccolta bancaria recupera e a febbraio il tasso di crescita annuale dei depositi del settore privato è stato pari allo 0,5 per cento, in aumento rispetto al valore negativo di gennaio (-0,7 per cento). Il tasso di crescita tendenziale della raccolta obbligazionaria è cresciuto al 17,7% dal 16,4% del mese precedente (le obbligazioni detenute dalle banche sono cresciute addirittura del 71,2 per cento).
Non più tardi di qualche giorno fa Mario Draghi ha in ogni caso avvertito che ci vorrà ancora del tempo per apprezzare l’impatto sull’economia reale degli interventi della Bce: le banche, come si sa, hanno ricevuto un secondo finanziamento straordinario dalla Bce alla fine di febbraio, il che potrebbe consentire, tra qualche tempo, di rafforzare il sostegno all’economia, come è stato rilevato anche dal Governatore Ignazio Visco.
Nei bilanci bancari appare intanto in riduzione il tasso di crescita tendenziale delle sofferenze, calcolato da Bankitalia senza correzione per le cartolarizzazioni ma tenendo conto delle discontinuità statistiche. La variazione è diminuita al +16,6% (era al +17,9%).
Infine, si registra una riduzione dei tassi sui nuovi prestiti alle imprese al 3,80% dal 4,06 di gennaio e un aumento dei tassi sui mutui per le abitazioni a 4,61% dal 4,55%, mentre quelli sulle nuove erogazioni di credito al consumo sono aumentati al 10,10% dal 9,91% di gennaio (i tassi sui depositi, invece, sono all’1,19% contro un precedente 1,16%).
Stretta sugli impieghi ai privati
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