Tra le decisioni importanti prese dal Consiglio europeo negli ultimi mesi vi è quella di consentire lintervento del meccanismo europeo di stabilità (Mes, il fondo cosiddetto Salva Stati) per ricapitalizzare le banche dei paesi investiti insieme dalla crisi del debito sovrano e dallinaridirsi dei canali privati di finanziamento cross-border. Secondo il mandato del Consiglio, il negoziato sulle caratteristiche operative dellintervento del Mes deve concludersi entro il semestre in corso. La decisione di consentire tali interventi era stata presa dallEurosummit del giugno scorso e venne annunciata nel comunicato finale con linguaggio non ambiguo. «Affermiamo che è imperativo spezzare il circolo vizioso tra le banche e i debiti sovrani.
Allorché un effettivo meccanismo unico di vigilanza sarà stato istituito per le banche delleurozona
il Mes potrà, a seguito di una regolare decisione (cioè con il consenso unanime del consiglio dei governatori)
ricapitalizzare le banche direttamente». Il meccanismo di vigilanza unico dovrebbe essere operativo allinizio dellanno prossimo e da quel momento leventualità di una richiesta di intervento al Mes diventerà concreta. Con lallentarsi delle tensioni sui mercati finanziari, però, lentusiasmo dei paesi creditori per questa possibilità è molto diminuito. Secondo quanto riferisce il Financial Times, la Germania avrebbe chiesto,
al tavolo del negoziato, che i fondi del Mes vengano negati non solo alle banche con patrimonio netto negativo, ma anche a quelle che non rispettano i coefficienti minimi di capitale; ma allora non è chiaro quale sarebbe lutilità degli interventi del Mes. Dietro questo irrigidimento, si celano in realtà due diverse motivazioni, una legittima, laltra un po meno. Da una lato, vi è la consueta preoccupazione di evitare ogni pericolo di trasferimenti fiscali dai paesi creditori a quelli debitori: lintervento del Mes sarebbe unoperazione di finanziamento in equity, dunque un rischio di perdita esiste, se la banca non si riprende. Il problema è superabile attraverso la concessione al Mes di una garanzia sulle perdite residue da parte dello Stato di appartenenza della banca, ma solo dopo aver scaricato pienamente le perdite sugli azionisti e i portatori di strumenti di debito ibridi e obbligazionari della banca in questione. Ma vi è una seconda motivazione, meno limpida: tra i creditori privati delle banche irlandesi e spagnole, che sono loggetto probabile degli interventi del Mes, stanno in prima linea le banche tedesche, francesi e olandesi. Molto meglio, per i loro governi, se queste potessero essere esentate da ogni coinvolgimento: dunque, le virtuose invocazioni provenienti dai paesi creditori tese a far pagare le perdite ai creditori privati si riferiscono solo ai creditori interni dei paesi indebitati, altrimenti lonere ricada direttamente sullo Stato della banca in difficoltà. Purtroppo, però, allora il circolo vizioso tra debito sovrano e banche non sarà spezzato: lIrlanda e la Spagna continueranno ad esser gravate da un peso alla lunga insostenibile. Alcuni recenti studi confermano che ad eccezione della Grecia finora il contributo degli obbligazionisti, e anche degli azionisti, alla copertura delle perdite delle banche è stato relativamente poco importante: circa il 10% del totale nel caso dellIrlanda e anche meno nel caso della Spagna, dove la procrastinazione nel riconoscimento delle perdite è stata utilizzata cinicamente per lasciare uscire azionisti e grandi investitori e scaricare le perdite sui clienti retail (clamoroso il caso di Bankia, con un aumento di capitale miliardario collocato tra i depositanti poche settimane prima del tracollo). Con la recente operazione di ristrutturazione, il governo irlandese ha alleggerito notevolmente il servizio annuo del debito per il salvataggio di Anglo Irish Bank pari al 20% del Pil irlandese ma al contempo ne ha scaricato integralmente il peso sui contribuenti irlandesi per i prossimi 40 anni. La Bce si era opposta a qualunque coinvolgimento dei creditori privati, quando il bubbone esplose nel 2010, per il timore di aggravare le crisi di fiducia. Un esempio migliore è stato dato dal governo olandese, con il recente salvataggio della banca di credito fondiario Sns, anchessa affondata dalle perdite sui mutui spagnoli, dove la ricapitalizzazione pubblica è stata preceduta dallazzeramento delle azioni e obbligazioni subordinate. Anche in Danimarca e, soprattutto, nei paesi anglosassoni, lintervento pubblico ha sempre visto una partecipazione significativa dei creditori privati alle perdite. Questa è in effetti la condizione essenziale perché lintervento del denaro pubblico non generi nuovi incentivi ad assumere rischi esagerati da parte di banchieri e investitori. Purché lo si voglia, anche questo secondo problema della partecipazione dei creditori privati alla copertura delle perdite pregresse delle banche oggetto di un intervento di ricapitalizzazione del Mes può essere facilmente risolto. Basterebbe che lintervento nel capitale delle banche in difficoltà avvenisse a condizioni analoghe a quelle di un investimento privato: dunque, dopo il pieno adeguamento dellattivo al valore di mercato, con conseguente svalutazione del capitale e dopo aver chiamato i portatori di strumenti ibridi e subordinati a partecipare alle perdite. Questi, del resto, sono i principi base di un buon sistema di risoluzione delle crisi bancarie, già incorporate nella proposta della Commissione in materia: principi che i paesi creditori ribadiscono virtuosamente un giorno sì e laltro pure. Se la Commissione non si farà intimidire, una buona soluzione è a portata di mano anche per gli interventi del Mes nel capitale delle banche.
Banche, la trappola dei debiti sovrani
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