DUE AUMENTI DI CAPITALE PER 7,2 MILIARDI PIÙ 4 MILIARDI DI MONTI BOND, TANTO SONO COSTATE LE OPERAZIONI FINANZIARIE FUORI CONTROLLO E LE SVALUTAZIONI DI ANTONVENETA.
LE CAUSE E GLI EFFETTI DEI CINQUE ANNI CHE HANNO MESSO SIENA IN GINOCCHIO
Con i Monti Bond arriviamo a 11,2 miliardi raccolti dal Monte dei Paschi dal 2008 ad oggi, essenzialmente per coprire linfelice acquisizione di Antonveneta e i buchi lasciati dagli investimenti miliardari in Btp e dalle varie operazioni Alexandria, Santorini e Nota Italia. E la somma dei 5 miliardi dellaumento di capitale del 2008, dei 2,15 miliardi dellaumento di capitale del 2011 e dei 4 miliardi delle obbligazioni che Mps si appresta ad emettere e che saranno sottoscritte dal Tesoro. Sinteticamente si potrebbe dire che questo è il costo di una stagione dissennata che ci si augura si sia conclusa con il consiglio di amministrazione di mercoledì scorso. C he ha deciso di iscrivere a bilancio i 730 milioni di perdite dovute alle operazioni Santorini, Alexandria e Nota Italia. Il costo di questa infelice stagione è stato coperto, ma il conto si potrà dire pagato solo quando lamministratore delegato di Mps Fabrizio Viola dice nel 2016, con gli utili prodotti di qui ad allora e un aumento di capitale da un miliardo già approvato dallassemblea e da varare nei prossimi quattro anni – i Monti Bond saranno stati integralmente rimborsati. Fatti i conti, resta da rispondere a quattro domande chiave: cosa ha determinato questo buco? Perché? Chi ne sono i responsabili? Come ne uscirà la banca? La risposta a questultima domanda lavremo tra qualche anno. Stando a quanto assicurano i vertici dellistituto e le autorità di vigilanza la banca è patrimonialmente
solida e tranquilla sul piano della liquidità, è quindi in grado di camminare. Quanto al futuro, oggi le ipotesi sono tre: ne uscirà da sola, realizzando il piano industriale ambizioso che è stato già avviato e ottenendo i risultati previsti nonostante il contesto difficile delleconomia italiana. Se così fosse, e in seguito allaumento di capitale da un miliardo senza diritto di opzione, alla fine del percorso potremmo trovarci un Monte dei Paschi autonomo, con un azionariato in cui la Fondazione avrà una quota minoritaria e sarà affiancata da investitori finanziari internazionali. È lobiettivo al quale puntano il presidente Alessandro Profumo e lamministratore delegato Viola, convinti che realizzare il piano industriale è possibile quanto consapevoli del fatto che non sarà facile. La seconda ipotesi è quella dellarrivo di un partner non finanziario ma industriale, ovvero di una banca con le spalle larghe (lufficio studi di Mediobanca fa il nome di Bnp Paribas, che è già presente in Italia con Bnl) che si compri tutto, o si fonda con il Monte. Per Siena sarebbe la soluzione meno felice perché potrebbe perdere il quartier generale della banca che è la maggior fonte di reddito della città. Terza ipotesi è la nazionalizzazione, se non si riuscisse a rimborsare le obbligazioni. Una nazionalizzazione probabilmente temporanea il cui esito finale potrebbe essere solo la cessione ad un altro gruppo bancario italiano o estero. La possibilità concreta di una cordata stabile di azionisti italiani industriali sembra poco probabile (viste le esperienze recenti) e anche poco auspicabile, perché in generale non è bene che chi fa industria controlli le banche. Ma veniamo alle altre domande. La risposta alla prima (come si è creato questo buco?) è relativamente semplice. Alcune operazioni finanziarie avviate allinizio degli anni duemila si sono chiuse con perdite che invece di essere iscritte in bilancio (perché avrebbero mangiato capitale), sono state coperte con altre operazioni finanziarie che avrebbero dovuto spalmare le perdite in un arco temporale lungo ma che anchesse si sono rivelate molto costose per la banca. A queste si somma lacquisto di 25 miliardi di titoli di stato italiani a lunga scadenza, il cui valore è crollato con la crisi dei debiti sovrani. In un istituto in cui il presidente dellepoca Giuseppe Mussari ha candidamente dichiarato Non sono un banchiere sono un avvocato e il cui direttore generale dellepoca, Antonio Vigni, interrogato dalla Procura di Siena, ha impostato la sua difesa sul concetto sono un uomo di banca, della finanza si occupavano altri, che le cose siano andate così non deve stupire. Stupisce semmai che in una banca con una governance siffatta si facessero operazioni finanziarie così complesse. Le operazioni finanziarie sono quelle che stanno dando più lavoro ai magistrati per i numerosi risvolti penalmente rilevanti, ma la parte più imponente del buco deriva dallacquisizione di Antonveneta. Sbagliata nelloggetto: una banca fragile patrimonialmente e con problemi enormi di liquidità (secondo quanto documentato dalla vigilanza aveva debiti interbancari con Abn Amro e Bav per 9,5 miliardi da rimborsare entro 12 mesi). Sbagliata nel modo: è stata comprata senza fare una due diligencee senza clausole di salvaguardia, come comprare una scatola, pagandola oltre 10 miliardi di euro, senza sapere cosa cè dentro. Sbagliata nel prezzo: 9 miliardi, di cui 6 di avviamento, più un altro e poco più di interessi e costi aggiuntivi. Sbagliata nel momento: Bear Stearns era già andata a gambe allaria mentre si lavorava alloperazione e si stava per scatenare la più grande crisi dal 29 in poi. Di quei 10 miliardi pagati tutti in contanti, 6 (lavviamento) sono poi stati svalutati. Siamo così giunti alla domanda delle domande: perché? Come è possibile inanellare in pochi anni una serie simile di infortuni e mettere in ginocchio la banca più antica del mondo, con cinque secoli di storia alle spalle e che sino alla fine degli anni 80 era uno degli istituti più ricchi dItalia? La proprietà semipubblica (è controllata dalla Fondazione Montepaschi che aveva la maggioranza assoluta) non è una spiegazione sufficiente. Lehman Brothers, Bear Stearns, Countrywide Financial non risulta che fossero pubbliche o avessero rapporti con la politica, così come non erano pubbliche la Royal Bank of Scotland, le banche irlandesi e quelle islandesi, le banche olandesi e le tante americane che sono saltate o sono state nazionalizzate in questi anni. La natura della proprietà, pubblica o privata o delle fondazioni che sia, non garantisce nulla né nel bene né nel male. Né è uno scandalo che il Monte abbia distribuito in quindici anni 2 miliardi di dividendi alla città, finiti nelluniversità, nel policlinico, in centri di ricerca, mense scolastiche e anche tanti sprechi. Le summenzionate istituzioni private avevano anchesse distribuito fior di miliardi ai loro azionisti e di bonus ai loro amministratori, finiti in meno nobili cause. La storia, lasciando da parte le ideologie, è unaltra. Quando la legge Amato aprì la via alla trasformazione delle casse di risparmio e degli istituti di diritto pubblico (come il Monte dei Paschi) in spa, Siena si ribellò. Non voleva che il Monte diventasse una spa. Erano contro tutti i partiti cittadini, la deputazione (si chiamava così il consiglio di amministrazione della banca), la cittadinanza. In una di quelle strane contraddizioni della storia per cui un partito di sinistra fa cose che si ritenevano di destra, fu il Pds (ex Pci) nazionale a intervenire e a convincere Siena che quella trasformazione in spa si doveva fare. Siena subì, ma la Fondazione appositamente creata non rispettò i dettami della legge Ciampi, che aveva completato quella di Amato prevedendo la discesa delle fondazioni nel capitale delle banche fino a lasciarne il controllo. Siena voleva mantenere il controllo della sua banca e il 51 per cento è stata fino allanno scorso considerata la soglia minima invalicabile. Questa ossessione del controllo della città sulla banca, che passava attraverso il dominio degli enti locali sulla Fondazione, aveva due ragioni: certo i soldi, tanti, che in termini di dividendi arrivavano alla Fondazione e quindi alla città. Ma soprattutto il controllo dei meccanismi interni della banca stessa, attraverso una strana alleanza tra il sindacato (potentissimo: tre sindaci, Mazzoni Della Stella, Piccini e Cenni erano stati segretari della Fisac Cgil) e i (molto massonici) centri di potere cittadini. Nomine, promozioni, assunzioni, lipertrofia stessa della direzione generale, tutto quello che ha portato il cost/ income ratio del Monte ad essere tra i più alti del sistema, è frutto di questo rapporto tra la città e la banca. Con un effetto collaterale rilevante: una classe dirigente dellistituto non allaltezza delle sue ambizioni. Lossessione del controllo azionario e operativo ha portato a rinunciare allacquisizione della Bnl, che era stata offerta su un piatto dargento e che avrebbe portato al Monte quello che il Monte non aveva: clientela corporate, competenze finanziarie, rete internazionale. Detto no alla Bnl e al salto di qualità che avrebbe comportato, fu scelta unaltra strada, quella del polo aggregante federativo. Una scelta legittima, basata sul concetto rispettabile facciamo quello che sappiamo fare ma facciamolo più in grande, non solo in Toscana ma su tutto il territorio nazionale. Di qui lacquisto della Banca 121 (pagata cara, ma carta contro carta) per coprire la Puglia, poi della Banca Agricola Mantovana in Lombardia e nel Nordovest di Biverbanca. Mancava il Nordest e arrivò Antonveneta. Unoperazione coerente con la strategia del polo federativo aggregante, ma che, a causa dei propri limiti, il gruppo dirigente della banca e della città non seppe valutare nei suoi rischi e nelle sue implicazioni. E che, per quellossessione del controllo azionario, ha portato anche a minare il patrimonio della Fondazione. Chi è responsabile di tutto ciò? La magistratura ci darà le risposte sotto i profili penali. La lista degli indagati, dallex presidente Mussari allex direttore generale Vigni, ai vertici del settore finanza, è già abbastanza lunga. Ma al di là degli aspetti penali la responsabilità è assai più larga, tocca chi ha guidato la città e la Fondazione, i gruppi dirigenti cittadini, il sindacato, anche la politica nazionale che forse, lo sapremo nei prossimi mesi, non ha messo le mani in pasta, ma ha lasciato che altri ce le mettessero. Nella migliore delle ipotesi per negligenza, più probabilmente per opportunismo. Nella foto grande a sinistra, Rocca Salimbeni la sede storica del Monte dei Paschi. Nei grafici qui sotto, dividendi, return on equity (Roe) e cost/income della banca senese Qui sopra, lo storico logo del Monte dei Paschi di Siena, la cui fondazione risale al 1472
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