• venerdì , 22 Novembre 2024

Caro Cav., quando arriva l’ora di una manovra sviluppista?

Caro Càv.,quando arriva lora di una manovra sviluppista? E se alla fine Standard & Poor`s avesse ragione? Forse sarebbe bene leggere tutta la sua analisi sulla manovra finanziaria, prima di prendere cappello. Il dubbio sulla capacità di ridurre il debito pubblico in rapporto al prodotto interno lordo (pil) deriva non dai tagli contenuti nei 39 articoli del decreto, ma dal basso tasso di crescita dell`economia italiana.Insomma, è una questione di denominatore, come ha scritto l`ex commissario europeo Mario Monti sul Corriere della Sera di domenica.
Quanto al numeratore, le misure annunciate non sembrano male agli analisti dell`agenzia.
A cominciare dall`obiettivo di fondo: ridurre il deficit pubblico di tre punti di prodotto lordo (43,4 miliardi di euro) per il 2014. I tagli agli statali o la razionalizzazione del complesso sistema di deduzioni fiscali, sono destinati ad avere un impatto indiretto sulla produttività. Bene l`allungamento dell`età lavorativa un anno prima del previsto che mette in sicurezza il sistema pensionistico. Bene anche gli accordi con i sindacati per aumentare la flessibilità dei salari. “Tuttavia alla luce della debole crescita italiana (il prodotto pro capite è diminuito dello 0,9 per cento tra il 2005 e il 2011) è nostra opinione che c`è bisogno di riforme macroeconomiche e microeconomiche molto più sostanziose per incentivare gli investimenti pubblici e collegare i salari con la produttività. Senza di esse, crediamo che il potenziale economico dell`Italia non verrà realizzato”. Così scrivono Eileen Zhang e Frank Gill da Londra.
Crescita dunque, aumento del prodotto lordo, ma soprattutto del pii pro capite, cioè produttività. E` quel che ha detto Mario Draghi nel suo commiato da governatore della Banca d`Italia. Esiste ormai una sorta di consenso sulle debolezze dell`eco= nomia italiana. Possiamo chiamarlo il paradigma della stagnazione. Anche se non ci piace, anche se viene contraddetto in alcune parti importanti del nostro sistema produttivo come il quarto capitalismo che esporta e compete, rappresenta il dagherrotipo di un paese con servizi che non funzionano, un terziario improduttivo, un lavoro nero che fa pil ma non entrate per lo stato, un`amministrazione pubblica troppo grossa, grassa, lenta e sclerotica, proprio come un pachiderma. E` qui che bisogna `affondare il bisturi e la leva. La manovra, ce n`est q`un début.
L`unica liberalizzazione riguarda i-negozi, ma, per una sorta di incomprensibile pruderie, la si limita alle città d`arte motivandola con le esigenze del turismo, oltre a quella del collocamento e della distribuzione dei carburanti. E le necessità della gente che lavora, quindi non ha tempo di far la spesa se non vuol saltare i tornelli di Brunetta come gli statali? Che fine ha fatto, altro esempio, l`abolizione degli ordini professionali? E dove stanno le misure del pia- no triennale per la crescita, una sorta di novello Progetto 80 di giolittiana memoria? Il ministro dell`Economia, Giulio Tre monti, non può tutto (anche se vorrebbe).
A lui spetta mettere in fila i conti e farli quadrare. Ma che cosa c`è per le piccole imprese? Cosa trovano le partite Iva? E i ceti medi colpiti da una serie ancora troppo ampia di prelievi nazionali ai quali s`aggiungono quelli locali (come le addizionali sulle assicurazioni auto per rimpinzare le province che un tempo dovevano essere abolite).
In queste contraddizioni s`annida il sospetto, la malizia talvolta, sempre il rischio di non tener fede alle promesse, come ha scritto il quotidiano Wall Street Journal. A dispetto dei corvi, i conti terranno. Ma per salire dall`uno al due per cento (la soglia che ci mette davvero al riparo, secondo i calcoli della Banca d`Italia), avremo bisogno di una nuova manovra e non solo di un allegato o un`appendice.

Fonte: Il Foglio del 6 luglio 2011

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