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L’impegno e la politica “alta” unico rimedio per fermare l’agonia

Sta finendo il ciclo del primato dell’ individualismo e del soggettivismo etico, così come del governare facile.Stanno finendo i miti della Seconda Repubblica, centrati su improbabili o taroccate innovazioni delle istituzioni.
L’agonia crea patologie. Sembra una frase ad effetto, in contraddizione con l’ idea che sono le malattie a far scoccare la fase terminale. Ed invece è una frase che spiega bene quel che sta avvenendo in questi mesi. L’ opinione pubblica è quotidianamente invasa dalle notorie ansie sulle nostre endemiche fragilità: nelle tempeste finanziarie internazionali come nella faticosa messa a punto di manovre e manovrine; nell’ assenza di un’ adeguata credibilità di governo come nella incertezza collettiva su quel che ci attende. È doveroso però dire che le citate fragilità non si risolvono, anzi non si riesce neppure a capirle, se non riusciamo a collocarle in una analisi più profonda. Occorre cioè prendere atto che esse sono conseguenza della fine, della «agonia», dei tre cicli fondamentali della storia degli ultimi due decenni: sta finendo il ciclo del primato dell’ individualismo e del soggettivismo etico; sta finendo il ciclo del governare facile e del berlusconismo, che di tale duplice primato è stato l’ icona dichiarata; stanno finendo i miti della «Seconda Repubblica», centrati su improbabili o taroccate innovazioni delle istituzioni e delle classi dirigenti. È la contemporaneità di questi processi di fine-ciclo che rende agonico il momento storico che stiamo attraversando, senza speranza di un facile ritorno alla ordinarietà ed ancor meno allo sviluppo. Ed è un’ agonia che, avvelenando la dinamica sociale e la psicologia collettiva, tende a creare patologie, nuove o antiche che siano. Abbiamo così il ritorno in grande di faccendieri con salvacondotto istituzionale; abbiamo il moltiplicarsi di logge e loggette di cui non si capiscono motivazioni e consistenza; abbiamo la corsa alle «cordate» nelle componenti più delicate dell’ organizzazione statuale; abbiamo una circolazione sbracata di informazioni sempre più diventate merci in vendita; abbiamo la allegra propensione dei governanti e dei notabili a disprezzarsi, in onda e fuori onda; abbiamo cariche pubbliche vendute a tariffa, come fossimo in piena medioevale simonia. A noi normali cittadini non è risparmiato nulla, visto che il sistema di relazioni politiche è quasi impazzito e certo non più governato. Viene proprio da questa decrescente presenza e presentabilità di chi dovrebbe governare la sensazione più drammatica di una agonia della dinamica politica. Tanto che appare naturale la tentazione di accorciarla. Tentazione troppo semplificatoria a dire il vero; e non perché da buon cattolico non posso augurare suicidi ed eutanasie, ma perché per il superamento dei cicli oggi in sfinimento occorre un respiro ed un impegno complesso e di medio periodo, lontano dalle facili soluzioni di tipo tecnico, di faccia e facciate. Bisogna in altre parole riprendere a far politica e proposta politica, fuori dalle patologiche contrapposizioni bipolari. La stanchezza dell’ esistente è tale che una simile offerta potrebbe anche avere successo, pur nel sospetto che in essa giuochino ambizioni di egemonia, programmazione e leadership, concetti una volta di moda e di cui subiamo da tempo una spensierata damnatio memoriae .

Fonte: Corriere della Sera del 22 luglio 2011

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