LItalia è sicuramente il classico vaso di coccio che viaggia insieme a vasi di bronzo (anche se, guardandosi attorno, pare che di quel robusto metallo si trovino tracce solo in Germania). Se volessimo azzardare un paragone calcistico potremmo paragonare il nostro Paese (che so?) al Bologna o al Chievo: squadre che allinizio del campionato possono aspirare soltanto di rimanere in serie A, ma che rischiano di finire in zona retrocessione in conseguenza di un imprevisto incidente di percorso.
Eppure, nonostante questa sua fragilità, il nostro Paese resta uno dei primi al mondo quanto a produzione manifatturiera, ha affrontato la crisi, nei passaggi cruciali del biennio 2008-2009, in modo adeguato, evitando di farsi travolgere e di dover approntare misure straordinarie (in pratica la nazionalizzazione delle banche) come è accaduto in altre realtà. Non si dimentichi mai la gravità degli effetti improvvisi che la crisi finanziaria nella seconda metà del 2008 determinò sulleconomia reale. Nel 2009, il Pil segnò un -5% , limport un -14,5%, lexport un 19,1%, i consumi finali un -1,2%, gli investimenti fissi lordi (soprattutto nella voce attrezzature e macchinari) un -12,1%; loccupazione diminuì del 2,6% mentre il tasso di disoccupazione salì al 7,8%. Già nel 2010 tranne che per loccupazione questi indicatori erano tutti tornati al segno positivo, autorizzando ad ipotizzare la ripresa di un percorso di risalita lento ma possibile. Anche per quanto riguarda il lavoro sarebbe ingiusto non apprezzare come se fossero interventi di banale routine le misure messe in campo, tempestivamente, dal Governo in materia di ammortizzatori sociali, privilegiando la cassa integrazione (quando la sinistra insisteva per migliorare lindennità di disoccupazione) e contribuendo a salvare (si veda un documento che lIsfol ha presentato durante unaudizione in Commissione Lavoro della Camera) ben 700mila posti di lavoro.
Tutto sommato, allora, non erano del tutto fuori luogo, nei primi mesi dello scorso anno, i segnali di fiducia che il premier indirizzava al Paese, magari con qualche eccesso di ottimismo (di qui laccusa ripetuta e propagandistica di
In sostanza, nellocchio della crisi sono finiti gli Stati. In tale contesto il bilanci pubblici contano di più delle performance economiche. Non è per caso che Barack Obama benché leconomia Usa sia abbastanza dinamica sia alle prese con lassillo (anche per la brevità dei tempi) del bilancio federale, mentre la Germania torna in auge, non solo per la sua crescita economica (derivante da scelte puntuali di riduzione della spesa pubblica condivise dalle parti sociali), ma anche per la credibilità del sistema Paese, della sua classe politica e della sua etica pubblica, del
Grande importanza ha poi la stabilità politica dei singoli Stati. E vero: cè anche la controprova del Belgio che non se la passa poi tanto male ancorchè sia stato per più di 400 giorni privo di un governo (ora pare che si sia messa a punto una nuova coalizione). Non cè dubbio, però, che, da noi, il voto-lampo sulla manovra sia servito a ridare credibilità allItalia, almeno fino allautunno quando sarà necessario rimettervi mano allo scopo di tappare con maggiore affidabilità certi
E venuto però in evidenza un dato di fatto che la sinistra, per puro motivo di lotta politica, si ostina a negare. Le sorti del Paese non dipendono solo da noi, ma dallazione della Europa (la quale a sua volta è in corto circuito con il resto del mondo). Se gli organismi dellUnione dedicano tanta attenzione e tante risorse alla impresa sempre più disperata della salvezza della Grecia, una ragione dovrà pur esserci. È sufficiente il default di questo piccolo Paese per avere ripercussioni negative su tutta larea dellEuro. Se questa è la dimensione reale dei problemi perché, in Italia, vi è tanto accanimento delle forze politiche di opposizione, della grande stampa, dei media, dei
Siamo in crisi perchè in economia è tornata a contare la stabilità degli Stai
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