• venerdì , 22 Novembre 2024

Basta spauracchi, ridiamo fiducia all’Italia

Mercoledì la commissione Finanze della Camera approva all’unanimità una risoluzione che sollecita il governo a muoversi in sede europea per denunciare alla neo-costituita European Securities Market Authority (Esma) le agenzie di rating, colpevoli di “aggiotaggio”.
Lo stesso giorno, la notizia, data dal Financial Times, che Deutsche Bank ha deciso di ridurre drasticamente la quantità di debito pubblico italiano nel suo portafoglio scatena commenti tra il rancoroso e l’offeso.
Venerdì autorevoli commentatori invitano la Consob a indagare sul comportamento delle banche straniere, esplicitamente ipotizzando che queste scarichino i titoli italiani in portafoglio avendo di mira le nostre banche e assicurazioni, che già oggi hanno capitalizzazioni in Borsa da saldo. Ritengono che avremmo diritto addirittura ad una sorta di garanzia del Governo tedesco sul debito italiano, e accusano il Governo per non essersi mosso in questa direzione.
Ci si chiede: un investitore estero, che metta in fila questi fatti, è indotto a vendere o a comperare il nostro BOT? Non c’è niente di peggio del negare i problemi e creare spauracchi: spauracchi sono le agenzie di rating accusate, non solo senza prove, ma senza neanche motivazioni di manipolare i mercati, spauracchi i complotti visti dietro la decisione di una banca privata di ribilanciare il profilo dei rischio dei propri portafoglio, spauracchi addirittura i mancati interventi di due stati per influenzare i mercati. Oltretutto così contraddicendo l’eccezionale appello congiunto di tutte le forze sociali, di tutti i settori produttivi della finanza, dell’ industria e del commercio, firmato in questa stessa settimana, in cui, per riprendere la strada della crescita, si riconosce essere necessaria una discontinuità. Da parte nostra, non degli spauracchi.
Per rassicurare gli investitori la prima cosa è dimostrare che si è capito quale è il problema, quali ne sono le cause, e almeno in quale direzione trovare i rimedi. Non c’è bisogno di creare spauracchi per capire le ragioni delle tensioni che si scaricano sul nostro debito pubblico, puntualmente misurato dal differenziale dei tassi d’interesse. La scommessa di Ciampi, che aveva visto nell’entrata nell’euro la possibilità di pagare interessi pari a quelli dei tedeschi sul nostro debito pubblico, è durata molti anni. Finché è sopraggiunta la crisi greca. Il modo in cui si è lasciato che si trascinasse, l’inadeguatezza anche delle ultime decisioni, che hanno dotato l’Efsf di risorse chiaramente insufficienti e attivabili con un meccanismo decisionale non chiaro e certamente lento: tutto questo anziché calmare i mercati ha fatto emergere incongruenze nella natura stessa dell’euro, e le resistenze ad accettare le modifiche per ridurle.
Se questo ora ricade su di noi, è perché noi non cresciamo: senza crescita la riduzione del debito è impossibile, e questo fa sì che per finanziarlo dobbiamo pagare interessi tali per cui crescere diventa ancora più difficile. La Grecia è un fatto recente, la crisi dell’euro è un fatto nuovo: non lo è la nostra mancanza di crescita. E’ più di dieci anni che essa è inferiore a quella che sarebbe necessaria secondo la semplice aritmetica su cui si basa il decreto per la finanza. Abbiamo lasciato crescere il debito e accumulato un divario di produttività rispetto ai tedeschi del 20, forse 30%. Abbiamo sprecato gli anni in cui ha retto la scommessa di Ciampi.
Creare gli spauracchi raffredda la fiducia all’esterno e fa salire i timori all’interno sulla nostra capacità di farcela. Il decreto del Governo è stato approvato con inusitata rapidità: anche senza il normale dibattito la sua inadeguatezza è evidente. E questo giornale ha dedicato pagine e pagine per indicare le strade per porvi rimedio. Ora dalle pagine dei giornali si tratta di passare ai luoghi della politica: che deve mostrare di avere visione e determinazione. Con gli spauracchi si creano miraggi: che altre siano le cause e ad altri tocchi prendere i rimedi.
Siccome al peggio non c’è limite, aumenta la possibilità che, nel panico, si finisca di credere che una patrimoniale straordinaria, un’una tantum con aliquota elevata sia la zattera di salvezza. Con il che il patrimonio costruito dalle famiglie con i loro risparmi andrebbe a pagare per i debiti accumulati dagli sprechi e dagli sperperi dei governi. E questo senza incidere sulle cause che li hanno prodotti. Cause remote nel tempo e radicate in profondo: altro che province e auto blu!

Fonte: Sole 24 Ore del 31 luglio 2011

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