Il mondo cattolico italiano è da tempo in fibrillazione interna e in crescente esposizione mediatica. Convegni, manifesti, volumi, riviste, convocazioni, danno l’impressione di una crescente vocazione ad esserci e a contare. E non è un residuo di nostalgia per la Dc, è un collettivo tentativo di mettere a fuoco un proprio ruolo, possibilmente coerente con le complessità del momento. È un tentativo che ha radici profonde, ma che non riesce a darsi immagine e struttura unitarie, forse perché in esso operano tre linee fra loro parallele: potenti in se stesse ma senza convergenza e voglia di convergere.
In primo piano abbiamo il progressivo lavoro di animazione sociopolitica svolto dalle centrali di rappresentanza che hanno non banali ascendenze cattoliche. Sono le associazioni che hanno dato vita ad un ampio «Forum» e con un manifesto comune presentato solo pochi giorni fa; e sono sigle pesanti (Cisl, Coldiretti, Confartigianato, Confcooperative, Compagnia delle Opere, Acli, Mcl) che coinvolgono milioni di iscritti, ed altre collaterali consistenti militanze. Nelle discussioni politiche sembra che tali masse siano minoranza rispetto al forzato opinionismo di altre associazioni, però nei fatti il loro peso si sente e cresce.
In secondo luogo opera il costante sviluppo insieme ecclesiale e sociale sul territorio. Chi fa politica non si rende conto che milioni di fedeli vivono una vicinanza religiosa che si fa sempre più attenta ai «fatti della vita politica», con comuni opinioni sociopolitiche, e con ambizioni di vita comunitaria di buona qualità. Lo si può constatare sia guardando agli usuali partecipanti alle messe domenicali sia guardando ai componenti dei vari movimenti di nuova ecclesialità (fino a qualche anno fa assolutamente ostili alla politica, oggi sempre più curiosi). Ed anche qui i numeri potenziali sono da fenomeno di massa, non da privati esercizi spirituali.
Ed esiste in terzo luogo il mondo dei cattolici che fanno espressamente politica, in ogni segmento del panorama parlamentare. I loro nomi li conosciamo tutti, tanta è la attenzione che i media portano alle loro mosse ed alle loro prospettive, una attenzione che forse nasconde una loro scarsa potenza di truppe e di fiato culturale; ma al di là di questi dubbi ed ambiguità, è innegabile che i cattolici siano ben presenti nell’arena politica e partitica.
Tre mondi diversi e di potenza diversa, ma comunque di forte radicamento, e con forte tensione a crescere. È quindi naturale la domanda se essi possano tendere ad un processo di coagulo verso una qualche forma di convergenza unitaria. È una domanda che molti si pongono anche con qualche ambizione di leadership (dall’interno e dall’esterno, forse anche dall’alto) ma è una domanda che non può avere risposta immediata. Il percorso di convergenza richiederebbe un grande «federatore»; ma di personaggi come De Gasperi e Moro (e G. B. Montini) non c’è oggi né eredità né sentore di emersione; per questo è probabile (e credo giusto) che i tre mondi paralleli di cui abbiamo parlato si giuochino il loro crescente potere su processi, obiettivi, impegni di lunga durata, sul passo lungo tipico delle forze sociali, delle dinamiche locali, delle fedi religiose.
I tre mondi paralleli (da federare) dei cattolici che guardano alla politica
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