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Censimento continuo

C’è chi bisticcia con il sito Internet. Chi si arrabbia per la fila che trova all`ufficio postale.Chi non riesce a venire a capo dei quesiti elencati nel questionario. Per molti italiani il censimento è una tortura. Anche se, dopo la delusione iniziale per l`ingorgo sul sito predisposto dall`Istat, compilare ori line il modulo è diventato uno sport di massa: più dei 40 per cento dei questionari restituiti all`Istituto nazionale di statistica sono stati “lavorati” ori line. Con 14,5 milioni di cittadini censiti nei primi 15 giorni (di cui 6 milioni ori line) sono state superate tutte le più rosee previsioni di collaborazione da parte della popolazione. Ma perché, nell`era di Internet, il censimento è ancora importante? È giustificata la spesa che lo Stato affronta per realizzarlo? E soprattutto a che cosa serve in concreto? “L`Espresso” ha girato queste domande a Enrico Giovannini, 54 anni, presidente dell`Istat dall`agosto del 2009. Perché è Importante censire la popolazione, le attività Industriali e quelle agricole? «Direi che, rispetto al passato, è ancora più importante. Per almeno tre motivi. Il primo è che con il decentramento delle funzioni di governo agli enti locali e con la riduzione delle risorse a disposizione delle amministrazioni pubbliche per offrire servizi alla collettività bisogna essere sicuri di usare al meglio i soldi che ci sono. Per programmare gli asili nido o per gestire la mobilità è indispensabile sapere con precisione quanti sono i cittadini, come si muovono per raggiungere il lavoro, disporre insomma del massimo di informazioni, il più possibile disaggregate. Il secondo motivo è speculare: il federalismo si basa sul presupposto che gli elettori possano controllare gli effetti, i risultati delle politiche attuate dagli eletti. E il censimento ci permette di verificare come è cambiata nel tempo la qualità della vita. Il terzo motivo riguarda le attività economiche perché con il censimento possiamo scattare una fotografia del nostro sistema industriale, agricolo, dei servizi e del non profit che, dopo la tremenda crisi del 2008-09, potrebbe aver subito trasformazioni importanti: pensiamo ai distretti industriali e a come si sono redistribuiti sul territorio». Ma allora a che cosa servono le decine di banche dati che dovrebbero essere co- stantemente aggiornate e comunicare tra loro? Il censimento sembra superfluo. «In parte è vero e in parte no. Nessuna banca dati esistente, per esempio, sa come si muove un cittadino. Né è nota l`efficienza energetica delle case: se esistessero i “patentini” condominiali certe rilevazioni non servirebbero, ma finché non ci sono ci pensa il censimento. E vero invece che per quanto riguarda la popolazione si sono fatti progressi enormi: non utilizziamo più i rilevatori, sono le anagrafi dei comuni a spedire i questionari. E ci siamo serviti di 18 banche dati esistenti per integrare i dati (Inps, Inail, Anagrafe tributaria, registri dei permessi di soggiorno, ecc.) per identificare persone non iscritte all`anagrafe o che presumibilmente vivono in un comune diverso da quello di residen- za. Ma attenzione: la legge stabilisce che le anagrafi dei comuni vengono riviste sulla base del censimento, non viceversa». Non si può arrivare a un archivio costantemente aggiornato? «È proprio questo l`obiettivo. Come negli anni 90 l`Istat ha realizzato un archivio statistico delle imprese, adesso vogliamo farlo per le famiglie, in vista di un censimento continuo. Nel gennaio scorso abbiamo chiesto i dati a 8 mila anagrafi comunali che, nel giro di un mese e mezzo, ce li hanno inviati. Lo faremo tutti gli anni e per migliorare il grado di precisione dell`archivio statistico utilizzeremo i segnali provenienti dalle 18 banche dati e indagini campionarie “areali” (aree omogenee in cui viene diviso il territorio, ndr). D`altra parte l`archivio statistico degli individui ci consentirà di seguire i cittadini nel tempo per chiedere loro, dopo un certo numero di anni, se hanno cambiato lavoro, se si sono ammalati, se la qualità della loro vita è migliorata o peggiorata, così da poter valutare gli effetti di lungo termine delle politiche. Tutto ciò porterebbe l`Italia nel gruppo dei Paesi all`avanguardia in questo campo». Intanto gli Italiani si sono confermati un popolo di navigatori… Questa volta via Internet. «Già oggi l`Istat acquisisce l`80 per cento dei dati dalle imprese su supporto ? informatico. E per le famiglie contiamo dall`anno prossimo di non utilizzare più per le rilevazioni la tecnica Papi, cioè la compilazione cartacea dei questionari: rimarranno solo la Cati (telefonica) e la Capi (assistita dal computer). Naturalmente il successo di Internet per il censimento apre la strada alla tecnica Cawi (compilazione ori line) ma non bisogna dimenticare che alcune rilevazioni richiedono comunque un`interazione con l`operatore: non è possibile trasferire in blocco su Internet tutte le indagini sulle famiglie. Incredibile è anche il boom del nostro sito: più 15 per cento i visitatori nei primi nove mesi del 2011. Dal 2008 abbiamo quadruplicato i visitatori e i Gigabyte scaricati ogni giorno». La dimestichezza degli Italiani con la Rete ha sorpreso anche gli statistici… «Lo ammetto, anche se non è vero che abbiamo sottovalutato le potenzialità del mezzo. Sapendo che il 55 per cento delle famiglie dispone di un collegamento a Internet, che un terzo delle famiglie era disponibile a compilare il questionario in forma elettronica, che ci sono tre mesi di tempo per restituirlo compilato, ci siamo tarati per un milione di questionari al giorno ovvero 100 mila l`ora tra le 9 e le 19. Anzi, per sicurezza, l`infrastruttura è stata predisposta in modo che potesse gestire 300 mila questionari l`ora. Ebbene domenica 9 ottobre le nostre previsioni sono state ampiamente superate dai fatti, almeno in alcuni momenti della giornata». A proposito di costi, II demografo Massimo Uvi Bacci ha raccontato che subito dopo l`unificazione dell`Italia nel 1861 fu fatto un censimento che ai prezzi di oggi costò 10 centesimi di euro a persona. Come mal adesso occorrono 590 milioni ovvero 10 euro a persona? «Posso rispondere solo per la differenza che c`è tra il costo del censimento 2001 e quello del 2011. È vero: il costo per lo Stato è raddoppiato. Ma ci sono tanti “ma”. Nel 2001 i Comuni spesero 82 milioni di euro di tasca loro, da aggiungere ai 298 dello Stato che nel 2011 si è fatto carico di tutto. Il confronto è dunque tra 380 e 590 milioni. Con l`inflazione in dieci anni i 380 milioni diventano 487. E il numero dei cittadini è aumentato, per un maggior costo di 46 milioni. Siamo a 530 milioni. Altri 38 milioni se ne sono andati per la stampa e l`invio dei questionari, una spesa che sostituisce quella dei compilatori, in gran parte dipendenti pubblici destinati temporaneamente a questa attività. Infine 19 milioni servono per prodotti aggiuntivi come l`archivio dei numeri civici. Considerando tutti questi aspetti la differenza rispetto al 2001 è inferiore al 10 per cento ed è legata all`innovazione tecnologica, che fa risparmiare molto tempo ai cittadini e riduce l`interazione con il rilevatore». A che serve l`archivio dei numeri civici? «Perla prima volta disporremo di un archivio legato ai numeri civici di una strada. Per ogni numero civico, collocato su una mappa georeferenziata, si saprà quanta gente ci lavora o quante famiglie ci vivono. Una miniera di dati le cui possibilità di utilizzo sono sconfinate. Basta pensare alla protezione civile». Faccia una previsione: quanti Italiani, alla fine, si censiranno via Internet? «Il 30 per cento. Ma le sorprese non mancheranno. Per esempio, il Mezzogiorno sta andando fortissimo: su 160 mila questionari consegnati in Sicilia 116 mila sono on line». ¦ Per la prima volta avremo un archivio dei numeri civici di ogni via. Una miniera di dati con enormi possibilità di utilizzo sociale Molti numeri, nessun copyright Sposare la filosofia dell`open data è una scelta obbligata per chi crede nello sviluppo della Rete e nella sua capacità di migliorare 11 funzionamento della democrazia. Anche l`istat ha deciso di Imboccare questa strada. Ma che cosa significa, in concreto, nel suo caso? L`istituto nazionale di statistica raccoglie ed elabora dati che mette a disposizione del pubblico. Il successo dei suo sito (vedere Intervista qui sopra) dimostra che, per vari motivi, la fame di statistiche è In aumento. «Con II nuovo sito», spiega Giovannini, «siamo passati dal copyright al creative commons». Traduzione: se qualunque cittadino o impresa vuole riutilizzare a fini commerciali dati “prodotti” dall`Istat non deve più pagare un diritto derivante dal copyright. È sufficiente che citi la fonte da cui li ha tratti. Una licenza dei tipo creative commons consente appunto dl condividere e riutilizzare l dati del fornitore. Per facilitare gli utilizzatori I`istat ha Introdotto anche una nuova tecnologia che consente ai loro computer di dialogare direttamente con i suoi server usando I`Sdmx (Standards for data and metadata exchange). Non sarà, cioè, più necessario andare sul sito, cercare una banca dati e farsi la propria tabella. Chiunque potrà predisporre un foglio Excel e mandare una richiesta di dati attraverso un programma che si Installa gratuitamente. E già operativo un accordo con la Banca d`Italia, I`Ocse e la banca Jp Morgan per testare la nuova applicazione e poi renderla disponibile a tutti. [.]

Fonte: Espresso del 28 ottobre 2011

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