Gli eventi della settimana che inizia possono incidere profondamente sulla vita politica del Paese. Innanzi tutto, nella giornata di oggi, si potrà valutare gli effetti delle decisioni del vertice del G 20 sui mercati finanziari. A Cannes sono stati assunti degli impegni importanti anche su questioni che avevano suscitato forti preoccupazioni nei giorni scorsi.
Il premier greco è stato convinto ad annullare la decisione di indire un referendum sul piano di salvezza e di risanamento, sono stati tracciate linee di condotta vincolanti anche per altri Paesi in difficoltà, mentre, per quanto riguarda lItalia, è stata prevista, anche su nostra sollecitazione, una procedura di verifica e di controllo sullo stato di avanzamento delle misure indicate nella lettera di intenti. Ma abbiamo già constatato in altre circostanze che la politica ha delle ragioni che i mercati non conoscono.
Domani, alla Camera, si vota quel rendiconto il cui articolo 1 è stato rimesso a punto dopo la bocciatura delle scorse settimane che tante difficoltà aveva creato al Governo, al punto di metterne in discussione la sopravvivenza. Poi cerano stati il discorso di Silvio Berlusconi, il voto di fiducia (con la pagliacciata dellAventino ‘de noantri’ delle opposizioni). Quando ormai si credeva che il Governo lavesse di nuovo scampata, era intervenuta la Ue con la richiesta di ulteriori garanzie, da cui era scaturita la ‘lettera di intenti’ presentata a Bruxelles ed apprezzata in sede europea.
Tuttavia, in un crescendo tragico che riguardava tutti i trend dei mercati finanziari europei, il Governo e la maggioranza si sono trovati a fronteggiare una nuova emergenza finanziaria, prima del G 20, in un quadro di crescente instabilità politica. A questo punto, la domanda è: Berlusconi – come egli stesso assicura – dispone ancora di quella maggioranza di voti che è la condizione necessaria (ma non sufficiente) per governare ? I numeri ballano. Ma il problema non è solo questo.
Sembra ormai evidente che il Cavaliere si propone di mettersi alle spalle linfortunio sul rendiconto e di approvare, nella legge di stabilità, il maxiemendamento che dovrebbe dare esecuzione si dice alle promesse fatte in sede europea. Il che consentirebbe alla maggioranza di arrivare a fine anno e di essere ancora in sella se si andasse a votare anticipatamente in primavera. Se, invece, la maggioranza venisse a mancare in queste ore, sarebbero più forti le pressioni (e le esigenze) per dare vita ad un nuovo esecutivo.
Il Quirinale avrebbe il dovere di provarci, sia pure con limparzialità e la correttezza di cui ha dato prova. Il PdL oggi si dichiara contrario a qualunque ipotesi di governo diverso dallattuale. Ma potrà reggere alla pressione di unopinione pubblica, anche internazionale, che osserverà con preoccupazione unuscita di scena dellItalia per alcuni mesi? E appena il caso di ricordare che al Governo greco è stato vivamente consigliato di annullare un referendum (destinato a svolgersi nello stesso periodo in cui lItalia potrebbe andare alle urne) perché avrebbe determinato una situazione prolungata di incertezza.
Nel caso dellItalia uno stand by di alcuni mesi produrrebbe conseguenze ancora più gravi per tutto il Continente, anche in previsione di una possibile vittoria della coalizione di sinistra, sempre più ostile alle indicazioni della Bce e della Ue. Tutto ciò premesso, vien fatto di ritenere che, se esiste un disegno per disarcionare il Cavaliere (il cui tempo è divenuto comunque breve) e se ne sono coinvolti, per qualunque motivo, anche settori dellattuale maggioranza, le iniziative del caso debbano scattare al più presto.
A vantaggio del premier stanno due aspetti: sarebbe veramente da irresponsabili unulteriore bocciatura del rendiconto che metterebbe in seri guai il Paese e lamministrazione dello Stato; sarebbe altresì grave non approvare una legge di stabilità emendata in linea con gli impegni assunti in sede Ue, che vincolano comunque il nostro Paese, anche nella circostanza di un cambio di direzione politica. Che cosa potrebbe succedere, allora?
Si dice che il leader dellUdc e del Terzo polo, Pier Ferdinando Casini abbia trovato insieme al Pd il marchingegno procedurale per salvare capra e cavoli ovvero per far approvare il rendiconto e mandare ugualmente un segnale al Governo. Se lUdc e il Pd si astenessero, potrebbero fare altrettanto garantiti dallesito favorevole del voto – una pattuglia ‘frondista’ del Pdl e alcuni deputati sperduti nella ‘terra di nessuno’. Il provvedimento sarebbe approvato, ma risulterebbe che il Governo non ha più la maggioranza assoluta a Montecitorio. Tutto ciò con il consueto seguito di polemiche e di inviti a farsi da parte.
Il voto sul maxiemendamento ci dirà se l’Italia ha (ancora)un governo
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