Il Pil italiano ha registrato una contrazione dello 0,2% nel terzo trimestre dell’anno, dopo una performance pari a +0,3% nei mesi compresi fra aprile e giugno. Rispetto al terzo trimestre del 2010 si è invece verificato un incremento dell’attività produttiva pari allo 0,2%, spiega l’Istat nel suo comunicato ufficiale, che è arrivato ieri insieme alle nuove serie storiche dei conti economici trimestrali, elaborate in base alla classificazione delle attività economiche.
Tra l’altro, il fatto che in precedenza non sia stato diffuso il dato preliminare per il Pil del terzo trimestre, proprio a causa del lavoro di revisione delle serie, aveva generato nei giorni scorso suspence e perfino sospettose dietrologie, che l’Istituto di statistica ha poi smantellato, chiarendo le motivazioni tecniche del ritardo nella pubblicazione. Resta il fatto che il dato di ieri non è buono, soprattutto se si tiene conto del fatto che nel complesso di Eurolandia il Pil nel terzo trimestre del 2011 è aumentato dello 0,2% (in Germania è stato pari a +0,5% e in Francia a +0,4%). Anche se, come si sa, per parlare di recessione occorre che compaia il segno meno per due trimestri consecutivi e quella di ieri è solo la prima nota negativa.
Molti analisti, tuttavia, si spingono ad affermare che «probabilmente» l’Italia sta entrando nuovamente in una fase di contrazione del Pil (l’ultimo dato con il segno meno davanti risale al quarto trimestre del 2009) dato che nel quarto trimestre del 2011 dovrebbero dispiegarsi più compiutamente gli effetti del deterioramento della fiducia di imprese e consumatori dovuto all’intensificarsi della crisi del debito sovrano, insieme con i primi effetti dell’irrigidimento delle condizioni del credito. La crescita acquisita per il 2011 (cioè la performance dell’anno se il quarto trimestre avrà un profilo piatto e non negativo) è pari a un incremento del Pil dello 0,5 per cento.
Nel periodo giugno-settembre dell’anno «tutte le componenti della domanda interna sono risultate in diminuzione», riferisce ancora l’Istat. Le importazioni si sono ridotte dell’1,1%; le esportazioni, invece, sono andate bene e sono cresciute dell’1,6%; gli investimenti fissi lordi si sono ridotti dello 0,8 per cento e i consumi finali nazionali sono scesi dello 0,3 per cento. All’interno dei consumi finali, la spesa delle famiglie residenti è diminuita dello 0,2 per cento, quella della Pa e delle istituzioni sociali private, invece, dello 0,6 per cento.
L’Istat ha rivisto al ribasso i dati sul prodotto interno lordo nei primi due trimestri del 2011. La crescita tendenziale rispetto del primo trimestre di quest’anno è stata rivista da +1% a +0,8%, mentre quella del secondo trimestre passa da +0,8% a +0,7%. Se anche il quarto trimestre dell’anno segnalerà una riduzione dell’attività saremo dunque in recessione. Del resto le valutazioni dei principali centri studi parlano di un 2012 piuttosto duro: dopo le valutazioni espresse dal Centro studi della Confindustria, che ha previsto una flessione del prodotto pari all’1,6 per cento per l’anno prossimo anche il Ref Irs di Milano prevede una flessione del prodotto interno lordo dell’1,5 per cento. «La flessione della domanda interna sarà cospicua osservano gli economisti milanesi nel loro ultimo rapporto e da essa dovrebbe discendere un contributo alla crescita del Pil estremamente negativo, di oltre il 2.5 per cento. La caduta del prodotto dovrebbe venire attenuata dal contributo positivo delle esportazioni nette alla crescita, pari a oltre l’1 per cento del Pil».
Italia verso la recessione: Pil -0,2%
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