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Perchè al Tesoro serve un capo.

Dall’insediamento del Governo Monti la posizione di Direttore Generale del Tesoro è vacante. Infatti chi la ricopriva nel governo Berlusconi, il prof. Vittorio Grilli, è diventato Vice Ministro e si è posto in aspettativa dall’incarico amministrativo.
Logico che il Presidente Monti abbia voluto assumere personalmente la titolarità del Ministero dell’Economa e Finanze, che abbia voluto farsi assistere da un vice ministro, che per questa funzione abbia scelto la persona più a conoscenza dei dossier, dei problemi e dei meccanismi del ministero, cioè il suo Direttore Generale. Se si ritiene che l’emergenza richieda la continuità, con la continuità si giustifica la vacanza della posizione.
Nell’immediato, poco da eccepire. Ma passando le settimane, prende forza anche una diversa considerazione, per cui proprio quando si è in emergenza si dovrebbe poter contare sulla pienezza degli organici, e non solo in relazione al carico di lavoro, o alle competenze personali, quanto soprattutto in considerazione della differenza dei due ruoli ricoperti.
Ruolo politico del ministro e del suo viceministro e ruolo amministrativo del DG sono infatti del tutto diversi tra loro, ed é funzionale all’operatività, sia del ministero sia del governo, che essi siano separati e distinti, senza confusione di ruoli e sovrapposizione di responsabilità; ancor più quando il Ministro è capo del Governo, che questa regola di buon governo deve pretendere dagli altri membri del gabinetto. Nel caso specifico poi è questione di trasparenza: non deve esserci dubbio che le decisioni tecniche sono nell’interesse dello Stato e non della politica pro tempore; in Francia, Regno Unito e altri paesi esiste addirittura un’agenzia di gestione del debito autonoma dal ministero.
Non essendo credibile che compiti di primaria importanza vengano delegati a funzionari di secondo livello, la responsabilità amministrativa continua a venire attribuita all’ex direttore generale, ma questa, essendo egli diventato viceministro, diventa allo stesso tempo responsabilità politica. Stiamo parlando della responsabilità in processi direttamente connessi alla gestione dell’emergenza.
Ad esempio: le aziende controllate dal Tesoro distribuiscono dividendi e rappresentano patrimoni alienabili, con effetti sui conti pubblici: non è la stessa cosa se alle loro assemblee partecipa il ministro in carica o il direttore del dicastero. Oltretutto, sarebbero anche aziende quotate. Che l’andamento delle emissioni del debito pubblico sia cosa delicatissima, ce lo ricorda il quotidiano bollettino di guerra sugli spread: potrebbe essere fonte di imbarazzo se nelle riunioni dei ministri finanziari europei, trattandosi dell’andamento delle operazioni di rifinanziamento del debiti sovrani, a discuterne con i colleghi per l’Italia fosse la stessa persona che ha diretto le emissioni del maggior debitore europeo.
Ma è poi vero che l’emergenza richiede continuità? Sembrerebbe piuttosto il contrario: se non fosse fare cose diverse, o in modo diverso, da quelle che hanno portato all’emergenza, che cosa dovrebbe fare un governo di emergenza? Non si auspica certo, tanto meno per un Governo di durata ridotta, un generalizzato spoil system.
Ma qui siamo all’estremo opposto: almeno per quanto riguarda il Tesoro, nessun cambiamento è stato apportato agli alti livelli dell’organigramma. Vogliamo dire che l’amministrazione è una macchina talmente duttile e pronta da recepire senza ritardi e senza distorsioni le indicazioni politiche del governo pro tempore? Usi a obbedir tacendo, che il ministro sia Monti o Tremonti? Non si finisce per portar acqua al mulino di chi polemicamente sostiene che le novità e i cambiamenti portati da questo governo non sono che il modo di presentarsi ai partner europei, che per le pensioni si è trattato di un’abilissima scelta di tempo, e per il resto la sola cosa che conta sono le tasse? Metterle, perché esigerle è già un altro discorso?
La questione ha un forte rilievo politico. Se questo fosse un governo tecnico, riassumere in alcune persone funzioni politiche e funzioni amministrative sarebbe comprensibile e magari giustificato. Ma un governo che si vuole nella pienezza della sua funzione politica, anzi con l’ambizione di fare cose che altri governi non sono riusciti a realizzare, deve dotarsi di tutte le risorse necessarie, ciascuna con la propria funzione.

Fonte: Sole 24 Ore del 12 gennaio 2012

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