Ventanni dopo, il ricordo di Mani Pulite è un insieme di immagini sbiadite. Colpisce lammissione dellex giudice Gherardo Colombo sui magri risultati delle inchieste contro la corruzione e il finanziamento illecito dei partiti. I protagonisti di allora sono critici severi delleredità civile, e non solo giudiziaria. Gli eccessi e gli errori non furono pochi. Con i partiti fu spazzata via unintera classe politica. Troppe le sentenze mediatiche; non sempre adeguata la tutela delle garanzie individuali. Eppure quella stagione ebbe il merito di sollevare un velo sullItalia del malaffare. Più di tremila gli imputati. Ogni dieci di loro, calcola Luigi Ferrarella, quattro i condannati, quattro i prescritti, due gli assolti.
Quel velo, rumorosamente alzato, è tornato a coprire, negli anni successivi, pratiche illecite diffuse in tutta la società. Le denunce sono crollate. Un fatalismo pernicioso è diventato sentimento comune. «Tanto non cambia nulla». «Anzi, oggi è peggio ». La corruzione hamutato pelle ed è penetrata in profondità nella nostra società. Ha un carattere più individuale, trasversale, minuto e non genera amara considerazione lo sdegno e listinto di ribellione che mossero lopinione pubblica ai tempi di Mani Pulite. Il costo per lErario è stimato dalla Corte dei Conti fra i 50 e 60 miliardi lanno. LItalia è al 69°posto nella classifica Transparency International. La corruzione è una tassa occulta, frena gli investimenti esteri, distorce i mercati, umilia il merito e calpesta la cittadinanza.
Rileggere gli avvenimenti del 92 con spirito critico è necessario e costruttivo. Ma al di là del dibattito storico, sarebbe opportuno rispondere a una domanda. Che cosa è indispensabile fare per combattere efficacemente il fenomeno? Il governo Monti, che non disdegna una certa inclinazione pedagogica, ha davanti a sé una grande occasione. Agire senza indugi contro un morbo che frena la crescita più di tante liberalizzazioni mancate. Una commissione ministeriale ha già formulato delle proposte. Ne aggiungiamo alcune. Il reato di corruzione fra privati in Italia non esiste. Nemmeno quello di autoriciclaggio dei proventi illeciti. Dopo la riforma del 2001, il falso in bilancio non è di fatto più perseguito. Non si capisce perché lItalia, unico fra i Paesi aderenti, non abbia mai ratificato la convenzione internazionale sulla corruzione del 99. Levasione è fenomeno connesso. Ma lAgenzia delle Entrate trasmette le informazioni alla magistratura dopo cinque anni. E la prescrizione è certa. La Banca dItalia non comunica alla stessa Agenzia i movimenti anomali dei capitali ma solo alla Guardia di Finanza.
La risposta non può essere esclusivamente di carattere penale o di contrasto allevasione o premiando (curioso) chi si comporta bene. Se la società non infligge anche un costo di reputazione a chi infrange le sue regole, se trascura istruzione e formazione, se banalizza le virtù civiche ed elegge i furbi simpatici a modelli di vita, non cè norma che tenga. LItalia ne ha persino troppe. Allapparenza severe. Ma solo sulla carta. Straccia.
Anni perduti, scelte urgenti
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