A livello mondiale dall’ economia reale giungono segnali sia negativi, come l’ atteso declino del tasso di crescita del Pil di Cina, India e Brasile, che positivi, come la capacità di creare occupazione mostrata dall’ economia americana. Per l’ Europa, le prospettive sembrano essere divenute più negative, anche se la galassia tedesca resiste per la capacità di esportare beni di investimento e automobili di alta gamma e per i riflessi che ha sui fornitori di parti e componenti della Germania. Una delusione recente, tuttavia, è venuta dall’ Olanda, che dopo aver ammaestrato anche rudemente la Grecia, ha dovuto dichiarare un deficit pubblico superiore al 4% del Pil. A preoccupare seriamente, tuttavia, sono i tre maggiori paesi, Francia, Italia e Spagna, che non mostrano seri segni di ripresa, anche se la Spagna è riuscita a cogliere successi sorprendenti facendo crescere rapidamente le proprie esportazioni fuori dell’ area Euro, mentre quelle italiane mostrano un ristagno dopo la crescita recente e quelle francesi vanno parecchio peggio. Il vero problema, tuttavia, è per questi paesi la domanda interna. Per l’ Italia, tale problema sta diventando rapidamente drammatico. Sarebbe strano se così non fosse visto che, forse per la prima volta nel dopoguerra, è costretto dal pregresso malgoverno a restare in una situazione di restrizione accentuata per quanto riguarda entrambi gli strumenti di politica economica, quello creditizio e quello fiscale. Prima di trattarne in qualche dettaglio, tuttavia, bisogna gettare un fascio di luce sulla condizione di notevole sopravvalutazione nella quale si trova l’ euro, specialmente nei confronti del dollaro. Se è vero che negli ultimi mesi tale sopravvalutazione è diminuita, resta tuttavia notevole. Un cambio accettabile euro/dollaro per gli esportatori italiani, che permettesse loro di compensare il deficit di competitività che li affligge da quando si è persa la possibilità delle svalutazioni competitive della Lira, sarebbe forse tra 1,10 e 1,20 dollari per euro, ma non se ne vede la reale possibilità, almeno fino a quando, per almeno un altro anno, gli americani, per non rovinare le prospettive di crescita della economia Usa, manterranno tassi prossimi allo zero. Questa condizione di sfavore per i produttori italiani (altro discorso sarebbe capire perché sono così poco competitivi), si aggiunge alle restrizioni fiscali e creditizie che opprimeranno la nostra economia ancora per parecchio. Prendendo il timone del governo, il professor Monti è stato costretto dalla rovinosa situazione che ha trovato, specialmente dal punto di vista della sfiducia dei mercati, a cercare di rovesciare le aspettative degli stessi con un programma degno di Quintino Sella o di Sidney Sonnino. La scommessa è risultata vincente e lo testimonia la caduta degli spread sui titoli italiani, ma le conseguenze sull’ economia reale sono severissime. La reintroduzione dell’ Ici, ottima imposta ma odiatissima da chi la deve pagare, con revisioni dei valori catastali e maggiorazioni imponenti delle aliquote sulle seconde case, è stata una doccia fredda le cui traumatiche conseguenze sui consumi si aggiungono a quelle della contemporanea maggiorazione dell’ Iva. Alle imposte pubbliche si aggiunge l’ aumento abnorme del prezzo dei carburanti. Gli italiani, impauriti da questo diluvio si sono messi di nuovo, almeno quelli che possono, a risparmiare, e se ne sono accorti i venditori di automobili e altri beni di consumo durevole e non. Una seria diminuzione del prezzo delle case si sostituirà tra qualche mese al ristagno delle vendite, che già ha avuto luogo. I benestanti, come riportano le cronache, hanno già iniziato da quasi un anno, timorosi di cacciate del nostro paese dall’ euro, a comprare immobili all’ estero, approfittando anche dei grandi ribassi, che su mercati come Gran Bretagna e Stati Uniti determina il credit crunch che in tali paesi prevale sui mutui immobiliari. Con la stretta fiscale, inevitabile in tempi nei quali le opinioni dei mercati finanziari determinano le politiche della gran parte degli stati, ha coinciso in Italia una restrizione del credito altrettanto poderosa, che si è abbattuta sui mutui immobiliari ma specialmente sui prestiti alle imprese. I banchieri italiani obiettano che è il cavallo che non beve, ma è indubbio che, nella necessità di ricapitalizzarsi loro imposta dalla autorità bancaria europea, hanno approfittato del miracolo del professor Draghi, la creazione, tramite lancio della Ltro, di circa 1000 miliardi di prestiti all’ un per cento da parte della Bce, prendendone, nella seconda tranche di circa 500 miliardi, ben 125 e destinandoli ad acquisti di titoli di stato, specie quelli ad alto rendimento emessi dallo stato italiano. E’ una decisione che permette loro di non restringere ulteriormente il proprio attivo, al quale tuttavia si sono sottratti cospicui importi, mediante il collaudato metodo di restringere il credito ai mutui immobiliari e specialmente alle imprese. Questa è la poco invidiabile situazione nella quale la nostra economia si trova da ormai parecchi mesi. Cambio alto, stretta fiscale e credit crunch su persone e imprese. In America lo chiamerebbero un triple whammy, un triplo schiaffone. Scartando una seria ripresa del dollaro, possiamo sperare solo in un rilancio dei prestiti alle imprese e dei mutui, con qualche ritardo rispetto ad un auspicabile migliorare della congiuntura. Tale ritardo, di circa sei mesi, sembra sia usuale, a stare a uno studio recente della Bce. Purtroppo, poco o nulla si può sperare in una prossima riduzione della stretta fiscale. La previsione, per il resto del 2012, dunque, è tutt’ altro che positiva per la nostra economia. È da notare altresì che il cav. Berlusconi, come ha mostrato negli ultimi mesi, può continuare nella sua ultradecennale opera di demolizione minacciando di mettere in crisi il governo Monti, con immediate conseguenze sul valore di mercato dei nostri titoli di stato. Speriamo che la paura di far crollare anche la capitalizzazione delle sue aziende lo induca a non ripetere simili esperimenti.
Fonte: Repubblica del 12 marzo 2012Euro, fisco credit crunch l’Italia stretta in una morsa
Marzo 12th, 2012
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L'autore: Marcello De Cecco - socio alla memoria
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