Uno strumento potente ed efficace che, come ogni deterrente che si rispetti, potrebbe non essere mai necessario utilizzare, almeno per l’Italia. È stato accolto così ieri sui mercati il neonato Omt (acronimo di “Outright monetary transactions”), presentato dal presidente della Bce, Mario Draghi, nella conferenza stampa a Francoforte, il suo personale “superthursday”. Il semplice annuncio che nessun limite quantitativo ex ante sarà posto al futuro programma di acquisti di titoli di Stato sul mercato secondario da parte della Bce è stato sufficiente a sgonfiare in modo consistente il differenziale dei nostri titoli di Stato con quelli tedeschi (atterrato in un solo giorno a quota 372), a riprova di quanto Draghi ha più volte ripetuto ieri, e cioè che le paure di una rottura dell’euro sono ingiustificate. E a riprova del fatto che per molti versi l’Italia ha nei mesi scorsi pagato ingiustamente le spese di questi timori e dei conseguenti comportamenti speculativi.
In fondo, il vero motivo dello scarso successo del precedente programma di acquisto di titoli pubblici sul secondario era stata proprio la percezione dei mercati che l’Eurotower potesse agire solo usando il contagocce: adesso il contagocce è stato tolto dal quadro, in considerazione dell’esigenza di garantire una vita sana alla valuta comune e per via di uno scenario congiunturale più scuro del previsto in Eurolandia.
Con ogni probabilità, poi, un ulteriore ridimensionamento degli elementi di contagio, per quel che riguarda la “carta” italiana, si avrà quando la Spagna chiederà di accedere al programma Efsf-Esm. Dunque, lo scenario evocato ieri dal Financial Times (l’Italia messa in ginocchio dalla recessione più forte del previsto e dal caro spread e costretta a chiedere l’aiuto esterno) sembra adesso un po’ più lontano.
Nella foga della polemica dei giorni scorsi, qualche commentatore tedesco si è spinto addirittura, come è stato ricordato ieri durante la conferenza stampa di Draghi, a parlare di “lirizzazione” dell’euro, dimenticando, tra l’altro, che trentun anni fa alla lira fu garantito un solido ancoraggio dal cosiddetto divorzio fra Tesoro e Banca d’Italia voluto da Carlo Azeglio Ciampi e da Nino Andreatta. Di certo, per le modalità con le quali è stata congegnata e approvata all'”unanimità meno uno” dal Governing council di Francoforte, l’arma totale antispeculazione battezzata ieri non sarà priva di controindicazioni per chi ne richiederà l’uso (e meno che mai lo sarà per il nostro Paese).
La vera novità del nuovo piano per l’acquisto dei titoli a breve sul secondario rispetto al vecchio Smp sta infatti nell’aver definito, nero su bianco, il capitolo «condizionalità». In altri termini, fermo restando che la decisione spetterà ai singoli governi secondo modalità concordate a livello Ue, solo se uno Stato sarà inserito in un programma del fondo salva-stati europeo potrà aspettarsi che la Bce possa mettere in atto l’intervento no limit sui suoi bond. Non basta: nel mettere a punto il programma e nell’esercitare un attento monitoraggio avrà un ruolo anche il Fondo monetario internazionale.
Inoltre, a scanso di equivoci (e di moral hazard) Draghi ha chiarito che gli acquisti di titoli potranno terminare quando l’obiettivo sia stato raggiunto oppure se lo Stato in questione non ottemperi ai suoi impegni di aggiustamento macroeconomico e ha sottolineato che dai governi pacta sunt servanda anche quando a sottoscriverli sia stato l’esecutivo precedente.
In pratica, a differenza che in passato, stavolta nel meccanismo previsto c’è anche la sanzione: se le promesse di riforma e risanamento finanziario non saranno rispettate dallo stato che ha chiesto aiuto, la Banca centrale europea può decidere di chiudere il rubinetto.
Impegni vincolanti anche se cambia il Governo
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