Il giovane Letta è incomprensibile senza Andreatta e il suo fatale talento.
In un Parlamento pieno di fuori corso, come lo definisce amaramente Giuliano Amato, che ci sta a fare Enrico Letta? Se questa è la tendenza della politica sotto i raggi delle 5 stelle, allora il capo del primo governo di grande coalizione è davvero un pesce fuor dacqua. O meglio un balenottero, lultimo epigono della Balena bianca. In realtà, Letta rappresenta lesponente tipico della generazione di mezzo, quella che non esce più dallaccademia dei partiti di massa e non ha ancora trovato unaltra grande nave scuola. Ha costruito il suo profilo intellettuale mano nella mano con il profilo politico, ha fatto carriera grazie a una rete ben tessuta e a un maestro di primordine.
La rete ruota attorno allArel, acronimo per Agenzia di ricerche e legislazione, il maestro è stato Nino Andreatta che lha fondata nel 1976 insieme a Umberto Agnelli, Urbano Aletti, Adriano Bompiani, Franco Grassini, Ferrante Pierantoni. Un pensatoio dalle grandi ambizioni: modernizzare la Democrazia cristiana nel momento in cui la crisi petrolifera e loffensiva del Partito comunista italiano cominciano a scuotere le basi del suo sistema, staccarla dallipoteca vaticana e farla competere alla pari con i poteri forti laici, dentro e, sempre di più, fuori dallItalia. Si guarda al presidente francese Valéry Giscard dEstaing e al défi américain. Si tiene docchio la Germania non solo democristiana, ma quella di Helmut Schmidt il socialdemocratico che scuote gli ultimi residui post marxisti. Si segue (anche se con unombra di cattolico sospetto) Margaret Thatcher mentre scuote la foresta pietrificata dellInghilterra tory. Vasto progetto che andrà incontro a molti fallimenti, a cominciare dalla breve e deludente esperienza di Umberto Agnelli come parlamentare dc.
Letta tutto ciò lha studiato sui libri perché entra in contatto con lArel solo nel 1990, quando molte di quelle grandi aspettative sono state già frustrate. Dunque, è un tardo allievo, a differenza di Romano Prodi che comincia la sua carriera accademica come assistente di Andreatta e poi da lui viene lanciato in politica. Ma chi era Andreatta?
Mario Draghi lo ricorda nel 2008 (vedi box sotto) ed esordisce dicendo che è difficile distinguere leconomista dal politico. Poi ne traccia un perfetto profilo intellettuale. Un keynesiano critico e autocritico, un democristiano che vuole recuperare la Dc di Alcide De Gasperi, trentino come lui. Nato l11 agosto 1928, si forma a Padova, poi insegna alla Cattolica di Milano. Su Cronache sociali di Dossetti e La Pira scopre il cattolicesimo sociale. A Cambridge sabbevera alla fonte di J.M. Keynes. Sotto la guida della marxista Joan Robinson si appassiona di sottosviluppo. Nel 1961 va in India per conto del Mit, lavora alla Planning Commission del governo Nehru, incontra Amartya Sen. Dura un anno, torna in patria per seguire la carriera accademica. Finché non resta folgorato da Aldo Moro che lo vuole tra i propri consiglieri. E il primo centrosinistra, quello della programmazione economica e dello stato che raddrizza i torti nella distribuzione dei redditi. Sono le basi dellincontro con i giovani socialisti riuniti attorno ad Antonio Giolitti: Giuliano Amato, Giorgio Ruffolo, Franco Momigliano, Alessandro Pizzorno.
Il primato che attribuisce alla crescita lo porta spesso a criticare le politiche economiche seguite dallItalia negli anni Cinquanta e Sessanta come timide, restrittive, ciecamente ortodosse spiega Draghi Che De Gasperi abbia preferito Einaudi e Menichella a economisti che egli ritiene più coraggiosi fautori dello sviluppo lo ferisce. Anche il governatore della Banca dItalia Guido Carli viene da lui accusato di aver sacrificato inutilmente, con la manovra monetaria restrittiva del 1963-64, alcuni punti di crescita del prodotto nazionale, nonché di ostacolare la programmazione economica. E questo il filo conduttore del suo periodo alluniversità di Trento, culla della rivolta intellettuale e sociale, dove ha studiato anche Renato Curcio, fondatore poi delle Brigate rosse.
Proprio la crisi verticale degli anni 70 gli fa cambiare molte idee. Dice ancora Draghi: Andreatta è tra i primi keynesiani ad affrontare con coraggio le nuove sfide di quel difficile decennio, esponendo i danni dellinflazione, progettando con la Banca dItalia gli strumenti per combatterla, affermando con Carlo Azeglio Ciampi il concetto che il tasso di cambio non deve accomodare passivamente laumento dei prezzi interni. Fu conversione? E più giusto parlare di studio, di applicazione dellintelligenza alla realtà. E allora che nasce lArel.
Andreatta si era già spostato a Bologna e aveva fondato Prometeia, associazione di studi macroeconomici nel 1974. In quel periodo lavora a un programma per le le larghe intese con il Pci insieme a economisti a lui vicini intellettualmente anche se collocati a sinistra come Luigi Spaventa, che aveva come sponda Giorgio Napolitano.
Con la fine del compromesso storico e il gabinetto Cossiga del 1979, Andreatta entra per la prima volta al governo come ministro del Bilancio. Poi sarà un ministro del Tesoro di rottura, a cominciare dal divorzio: cioè la decisione che la Banca centrale non è più obbligata ad acquistare titoli di stato, una mossa che Carli aveva giudicato sovversiva.
Ricorda Andreatta: Ero al ministero da poco più di tre mesi quando dovetti valutare, con senso di urgenza, che la crisi del secondo shock petrolifero imponeva di essere affrontata con decisioni politiche mai tentate prima di allora. La propensione al risparmio finanziario degli italiani si stava proprio in quei mesi abbassando paurosamente e il valore dei cespiti reali case e azioni aumentava a un tasso del cento per cento allanno. La soluzione classica sarebbe stata quella di una stretta del credito, accompagnata da una stretta fiscale, che, come nel 1975, avrebbe creato una recessione con una caduta di alcuni punti del prodotto interno lordo; ma la Banca dItalia aveva perduto il controllo dellofferta di moneta, fino a quando essa non fosse stata liberata dallobbligo di garantire il finanziamento del Tesoro; mentre il demenziale rafforzamento della scala mobile, prodotto dellaccordo tra Confindustria e sindacati confederali proprio nei primi mesi del 1975, aveva talmente irrigidito la struttura dei prezzi, che, in presenza di un raddoppio del prezzo dellenergia, anche una forte stretta da sola era impotente. Limperativo era di cambiare il regime della politica economica e lo dovevo fare in una compagine ministeriale in cui non avevo alleati, ma colleghi ossessionati dall’ ideologia della crescita a ogni costo, sostenuta da bassi tassi di interesse reali e da un cambio debole. La nostra stessa presenza nel Sistema monetario europeo era allora messa in pericolo (cè da ricordare che il partito socialista si era astenuto quando il Parlamento votò nel 1978 sulladesione allaccordo di cambio e che i ministri socialisti avevano di fatto un potere di veto sulla politica economica). Il 12 febbraio 1981 scrissi la lettera che avrebbe portato nel luglio dello stesso anno al divorzio.
Fu vera gloria? I posteri danno un giudizio quanto meno sfumato. Soprattutto oggi che lo Zeitgeist è cambiato e viene rimessa in discussione lassoluta indipendenza delle Banche centrali. Larticolo 1 della legge finanziaria, unaltra invenzione andreattiana, non ha impedito che il debito pubblico raddoppiasse raggiungendo il 120 per cento del pil. Andreatta voleva spingere lobby e potentati a un gioco a somma zero. Invece, le entrate fiscali sono sempre aumentate, ma mai quanto le spese. Il divorzio non ha stroncato linflazione, ha tenuto alti i tassi dinteresse più che negli altri paesi, ha contributo allaumento del debito. E vero, la lira sè rafforzata e ciò ha dato una frustata alle imprese costringendole a ristrutturarsi. Ma alla lunga il tasso di crescita di medio termine sè ridotto fino a fermarsi del tutto.
Laltro beau geste riguarda il crac del Banco Ambrosiano. Andreatta lo risolve facendo fallire la banca e creando un nuovo istituto. Lo affida a un avvocato bresciano, Giovanni Bazoli, proveniente da sacri lombi (il padre era tra i fondatori del Partito popolare, amico della famiglia Montini che avrebbe dato un Papa, Paolo VI). E fa pagare il costo del fallimento al Vaticano: un miliardo e rotti di dollari che mette a terra lo Ior. Per un decennio Andreatta non entrerà più in nessun governo.
Ma come, proprio un cattolico come lui apre una falla nel tesoro di San Pietro? Ebbene, quel cattolico liberale ha in testa un progetto che vuole sganciare la finanza bianca da quella nera, sprovincializzare, giocare in proprio, sfidare i poteri forti laico-massonici che controllano lalta finanza milanese. Anche Giulio Andreotti aveva gli stessi nemici ma si era mosso in direzione opposta, proteggendo il Vaticano anche a costo di coprire Michele Sindona e Roberto Calvi, o spingendo al posto di Raffaele Mattioli al vertice della Banca Commerciale, Gaetano Stammati iscritto alle loggia P2. Lavversario comune si chiama Enrico Cuccia che proprio in quegli anni 70, preso di fatto il controllo della Fiat con Cesare Romiti, raggiunge il massimo del suo potere. Un centauro con la testa privata e il corpo pubblico, si definirà lo stesso banchiere in Parlamento. Ebbene, quella creatura mitologica va tagliata in due, secondo Andreatta. Prodi allIri cerca di perseguire lobiettivo attraverso un progetto di privatizzazione di Mediobanca e licenzia Cuccia il quale rientra come rappresentante dei privati e resta sempre il dominus, ma non è più un funzionario dello stato.
In questa battaglia si scontra con Bettino Craxi che difende Cuccia anche per creare zizzania nella Dc. Andreatta è un fiero nemico del segretario socialista e dei suoi uomini. Nota alle cronache è la lite delle comari del 1982 con Rino Formica, scoppiata proprio sulla separazione dei beni tra Tesoro e Bankitalia. Dieci anni dopo diventerà anche un fiero nemico di Berlusconi.
Nel 1993, in pieno smottamento della Prima Repubblica, torna al governo con Amato (al Bilancio) e poi con Ciampi agli Esteri. E suo il patto con Karel Van Miert, leader socialista belga e commissario europeo alla concorrenza che dà il la alle grandi privatizzazioni. Il ripiano del buco Iri con il fondo di dotazione, veniva considerato aiuto di stato allindustria e doveva finire. Nemmeno questa scelta è mai andata giù ai socialisti (si deve a Biagio Marzo, plenipotenziario di Craxi allindustria, un veemente e documentato libro sulla svendita delle imprese pubbliche). Oggi anche chi la difende è disposto a discutere sui modi, sui tempi, sulla carenza di strategia industriale, la debolezza delle liberalizzazioni (che invece in paesi come la Gran Bretagna avevano preceduto le privatizzazioni), sui plateali errori come nel caso di Telecom Italia, sulla logica di far cassa al più presto che accompagnò in particolare limpostazione di Ciampi (si pensi, invece, che la prima tranche di British Telecom venne venduta dalla Thatcher, lultima da Tony Blair).
Andreatta non ha fatto in tempo a rispondere. Un ictus lo ha accasciato in Parlamento il 15 dicembre 1999 durante la discussione della legge finanziaria (che orrenda nemesi). Resterà in coma per otto anni. Aveva abbandonato lidea di far rinascere la Dc, lavorando invece per costruire lUlivo, la convergenza tra ex democristiani progressisti ed ex comunisti. E, con laiuto di Bazoli, aveva spinto Prodi a sfidare Berlusconi nel 1996. Sera accontentato di fare il ministro della Difesa in un momento difficile in cui esplodeva la ex Jugoslavia.
Ha capito molto presto che la globalizzazione avrebbe messo alla frusta loccidente. Abbiamo bisogno di esempi non controvertibili di politiche che abbiano successo, almeno in un paese, e che conducano realmente a riassorbire la disoccupazione scrisse nel 1995 Fino a quando questi successi non si imporranno con la forza persuasiva dei fatti, le società rimarranno divise e mancherà il consenso sui costi di bilancio e sulla disciplina sociale che sono richiesti dalla nuova politica economica. Si potrebbe così verificare un processo inverso per cui invece di un progressivo allargamento della zona di pace e benessere ci potrebbe essere un suo crescente restringimento. Attraverso i veicoli delle migrazioni di massa, del terrorismo, del fondamentalismo, della droga e delle epidemie che i confini nazionali non possono fermare il sud del mondo potrebbe contagiare con le sue ansie anche le apatiche e opulente società industriali. Il grande impero occidentale cadrebbe proprio nel momento del suo trionfo, quando non vi sono più nemici allorizzonte. Come dopo il crollo dellImpero Romano, questo lascerebbe il posto a un nuovo Medioevo fatto di megalopoli anarchiche e di poteri statali corrotti e impotenti. Lalternativa a questa scommessa tra la redenzione del mondo intero e la decadenza generalizzata è una divaricazione in due distinte aree: loccidente e il resto the west and the rest , da una parte progressivo benessere e sviluppo della società civile e dallaltra una esasperata ricerca di modelli alternativi che cercano pace senza libertà o sviluppo senza pace.
Leconomista, dunque, ha ancora molto da insegnare. E il politico? Il suo progetto sè consumato. La primavera dellUlivo ha germinato il Partito democratico il quale sembra arrivato allautunno. Prodi, in qualche modo esecutore testamentario di Andreatta, è stato bocciato dai suoi stessi virgulti nella guerra del Quirinale. Letta, lerede più giovane, rappresenta la cerniera verso una nuova esperienza politica che riparte dallispirazione ulivista per andare oltre. Nel momento in cui si è spento Giulio Andreotti, il potente nemico interno alla Dc, anche lèra di Andreatta si chiude.
Resta lArel, dove tra laltro ricopre un ruolo importante il figlio Filippo, geopolitico di rango. E dove vengono stretti contatti con il mondo delleconomia, intrecciando quelle relazioni internazionali senza le quali oggi non si governa. Con lex ministro Tiziano Treu si discute sul futuro del welfare. Con il sottosegretario Carlo DellAringa sul mercato del lavoro. Non mancano nel programma di ricerca gli scenari di transizione e nemmeno il calcio al tempo dello spread. Libri con il Mulino, osservatori su energia, infrastrutture, comunicazioni, i settori strategici. Insomma, lArel resta un lascito fertile, se non diventa anchessa il pensatoio a gettone per progetti a breve termine ed effimere carriere.
Maestro e profeta
Commenti disabilitati.