Mentre sto leggendo il resoconto su un convegno svoltosi a Roma, autogestito da intellettuali di sinistra, con all’odg: “Ripensare una cultura socialista”, mi capita sotto gli occhi anche l’ultimo numero de Le Monde, con una pagina di analisi, intitolata: Partito socialista: come rianimare un astro morto?, dove si legge: «Il Ps non si è mai trovato in una situazione così critica. Tra il 1997 e il 2002, quando Lionel Jospin era primo ministro di un governo cosiddetto di sinistra plurale, il Ps diretto da Francois Hollande volgeva un ruolo di primo piano. Oggi il Ps è ad anni luce dal 1997. Rassomiglia ad un astro morto che non emette più alcun segnale udibile e svolge un’attività ridotta al minimo vitale – confessa uno dei suoi segretari che vuol conservare l’anonimato. Non accade più nulla, non si attende più niente».
Il convegno di Roma non parte così sprofondato in un nichilismo disperato e si alimenta almeno della libertà che i convenuti si sono attribuita, privandosi in partenza di ogni imperio leaderistico. Così ognuno parla secondo i temi che gli stanno a cuore. Reichlin torna ad evocare il “silenzio dei comunisti”, almeno dei sopravvissuti alle varie “bolognine”. Salvatore Biasco, che ha promosso personalmente il dibattito, lo valorizza come una presa d’atto di una frangia di intellettuali decisa a ribellarsi (speriamo non una tantum) al vuoto di interpretazione che annebbia ogni azione o iniziativa della sinistra. Un assenza e un mutismo da cui non ne uscirà facilmente. Comunque, nello svolgersi numeroso degli interventi, è difficile ricavare un discorso comune, se pur articolato. Individuerei, peraltro, due filoni; l’uno impersonato da Nadia Urbinati, che imputa alle trasformazioni del capitalismo, il grave deterioramento delle qualità della democrazia, anche se la sinistra non è senza colpa, avendo pensato di prendere in mano in prima persona il neoliberismo. Da dove ripartire si chiede la studiosa della Columbia University per ritrovare gli ideali di eguaglianza, senso di sé e dignità delle persone? Anche se a parer nostro discutibile e destinata alla sconfitta, non si può non citare la vibrante chiamata al proscenio delle minoranze culturali e morali, le sole che appaiono disponibili a condurre lotte aperte e dichiarate contro la discriminazione, per la difesa dei beni comuni ed altri valori che sempre secondo la Urbinati si contrappongano al neo liberismo.
Un grande ritorno, che in Italia, purtroppo, non ha mai avuto fortuna, è stato invece largamente sollevato dal convegno (Biasco, Simone, Salvatore Pasquino, Rusconi, ecc.) ed è consistito in un rilancio della socialdemocrazia, non solo come ideale ma come pratica di una militanza rinnovata, sulla linea delle democrazie nordiche, capace di ridare allo Stato la capacità delle scelte. Ecco alcune citazioni: «I meccanismi lasciati al mercato, producono instabilità, diseguaglianze e grave differenziazione di potere che solo il primato della politica potrà contrastare. La società va costruita consapevolmente attraverso riforme e ingegnerie sociali che rimuovano potere e reddito, la social democrazia è una visione che pone come fine dell’azione politica e della mobilitazione popolare l’obiettivo di spostare continuamente in avanti la frontiera della socialità da incorporare nel meccanismo capitalistico». «Il cittadino socialdemocratico è un cittadino che partecipa perché è convinto che la politica conti. Ma è indotto a ciò da un partito che comunichi cultura sapendo che non è l’unico a farlo». «Oggi il contenitore che chiamiamo sinistra è quasi vuoto e molto malconcio. Lo scomparto comunista è collassato su sé stesso; quello socialista sta svuotandosi velocemente, come mostra l’andamento delle elezioni in gran parte d’Europa. Ma la fine del socialismo come paradigma dottrinale storico non ha estinto gli ideali di sinistra: il socialismo forse è finito, la sinistra no». Questa frase di Pasquino potrebbe stagliarsi come epigrafe del convegno.
L’eclissi socialdemocratica e’ finita. Oppure no?
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