• sabato , 23 Novembre 2024

I perche’ della reciproca antipatia tra la sinistra e il popolo

A proposito di “C’eravamo tanto amati” di Ritanna Armeni
“Vivremo come i banchieri e voteremo come gli operai”, dicevano tra loro i borghesi nei primi anni di Weimar. I socialdemocratici, banchieri e operai, votarono contro Hitler, fu il rifiuto dei comunisti agli ordini di Mosca a consentirne la resistibile ascesa. Invece negli anni della nostra Seconda Repubblica, tra “sinistra” e “popolo” il “c’eravamo tanto amati” è diventato “reciproca antipatia”. Per Ritanna Armeni la frattura è dovuta ai radical chic, a me pare che il fenomeno delle varie gauche au caviar fosse piuttosto il tentativo di recuperare in chiave estetizzante, e da posizione di subalternità, una leadership politica che si sente perduta. Frattura si ha invece, da noi almeno, quando “la sinistra” cerca di imporre di nuovo al “popolo” la propria leadership, il proprio linguaggio politically correct; quando all’estetismo passivo sostituisce il moralismo prescrittivo, quando teorizza la propria diversità, leggi superiorità.
La linea di frattura corre sul piano simbolico, in primis della televisione, cattiva maestra privata contro virtuoso servizio pubblico. E’ quella tra chi frequentava l’ufficio di Mattioli in piazza della Scala e chi quello di Craxi in piazza del Duomo; tra chi era di casa al Mondo di Pannunzio e chi cantava sulle navi da crociera; tra chi rompeva i tabù con improbabili alleanze e chi sapeva praticare “la bella politica”. Tra chi chiedeva il voto degli italiani come sono, e chi al “popolo” per educarlo.
L’anticraxismo prima, l’antiberlusconismo poi sono l’impalcatura di costrutti “politico-morali” – per usare l’espressione di Ken Minogue – che “la sinistra” ha cercato di far prevalere servendosi del “popolo”. Che ora, come dice Ritanna Armeni, “non si riconoscono più”. In tanti anni, quel costrutto ha acquisito una sua consistenza propria: ora alcuni considerano che senza di esso ci si perda, altri, parrebbe, che sia tra le cose da perdere per ritrovarsi. Sarà questa la posta della prossima battaglia nella sinistra?

Fonte: Il Foglio del 20 novembre 2013

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