• sabato , 23 Novembre 2024

Spreghi e legalita’,la roadmap di Letta

Sapendo quanto scarso sia il tempo dei primi ministri, sempre assorbiti da pressanti emergenze, ho preparato una bozza dell’intervento che l’onorevole Letta dovrà tenere davanti alle Camere l’11 dicembre prossimo, sperando che possa essergli utile per realizzare quel cambio di passo nell’azione di governo che ormai pare a tutti improcrastinabile. Onorevoli Deputati, illustri Senatori, sono qui a illustrare il ritrovato impegno del mio governo a sciogliere i nodi che bloccano l’Italia da decenni nella palude della stagnazione, ancor prima della crisi finanziaria, e che i giochetti della politica hanno finora impedito di affrontare, aprendo un pericoloso, profondo fossato tra l’opinione pubblica, la politica e le istituzioni. È giunto per tutti noi, in questo Parlamento, il tempo di riconoscere che la prima causa dei nostri guai è la degenerazione della politica: con i meccanismi di moltiplicazione e occupazione dei posti di governo e sottogoverno, il saccheggio sistematico delle casse pubbliche, la distribuzione ad amici e sodali dei contratti di fornitura e di opere, la corruzione endemica. Questo colossale sperpero di denaro pubblico deve essere aggredito, smettendo di fare ammuina per guadagnare tempo come è avvenuto per l’abolizione delle province.
Ma il costo diretto degli sperperi è solo una faccia del problema: ancor più ingenti sono i costi indiretti dovuti al fatto che larga parte dell’economia ruota intorno ai meccanismi distorti di distribuzione delle risorse pubbliche, che sono alla radice della caduta della produttività e degli investimenti. Pertanto, intendo non solo attuare un drastico taglio dei costi della politica – secondo le indicazioni fornite dal professor Perotti con i suoi illuminanti articoli su La Voce.info, che seguirò verbatim – ma anche riportare la politica alla sua funzione propria di guidare e orientare, rinunciando all’occupazione dei posti con lo spoil system, al controllo degli appalti e delle forniture (che dovranno essere assegnati con trasparenti procedure d’asta), alla gestione clientelare di aziende ed enti di servizio pubblico, alla distribuzione minuta di sussidi con i fondi che invece dovremmo dedicare agli investimenti. Chiamo i partiti che sostengono il governo ad accompagnarne la nostra azione con una campagna nazionale tra i propri iscritti ed eletti per la moralizzazione dei comportamenti a tutti i livelli di governo. Il secondo asse del rilancio dell’azione di governo è la legalità. L’Italia può contare sul più ampio numero di poliziotti, carabinieri e finanzieri pro-capite tra le democrazie avanzate: se questi mezzi imponenti fossero finalmente impegnati senza riserve per contrastare la criminalità, l’evasione fiscale, l’illegalità diffusa dei comportamenti – penso anche a tutti quegli italiani che autocertificano in maniera truffaldina lo stato di bisogno per non pagare i ticket sanitari o le tasse universitarie – il nostro paese cambierebbe faccia. Pertanto, non fingeremo più di non vedere lo sversamento dei rifiuti tossici sui terreni della Campania, le fabbriche clandestine con lavoratori in semi-schiavitù di Prato, la devastazione del territorio con l’abusivismo, diffusamente incoraggiata dagli amministratori locali, il controllo di vaste zone del territorio da parte di organizzazioni criminali. Si tratta di fenomeni di massa che si svolgono sotto gli occhi di tutti e che, dunque, si possono combattere: purché la politica cessi di frenare l’azione di contrasto nella ricerca del consenso elettorale, a livello locale come a quello nazionale. L’ultimo asse del mio programma riguarda le politiche per la crescita. Se l’impresa produttiva e l’investimento si allontanano dal nostro paese, ciò è dovuto all’ostilità diffusa verso il mercato, in tutti i settori e tutti i comparti, largamente condivisa in questo parlamento. Il nostro sistema politico- amministrativo pare una macchina impazzita, anche per gli effetti disastrosi di un federalismo sgangherato: ogni assemblea legislativa, ente di governo, amministrazione procede per conto suo con vincoli, sussidi, imposte a altri balzelli continuamente mutanti che rendono la vita delle imprese e l’investimento impossibili. Il pasticcio dell’Imu è l’esempio lampante di come non dobbiamo più agire. Abolendo l’Imu, abbiamo di nuovo sacrificato sull’altare di compromessi politici la credibilità del governo verso le istituzioni europee e verso i cittadini. Per fare il regalino alle classi medie che ci chiedeva il Pdl, abbiamo devastato le finanze comunali e, non meno, il nostro sistema fiscale: ancora una volta macchiato da acconti del 130%, aliquote differenziate di tassazione di imprese e famiglie secondo la linea di minor resistenza politica, un impresentabile scambio tra il prestito forzoso imposto alle banche e la rivalutazione delle loro quote di possesso nella Banca d’Italia. Mi impegno a non fare più queste cose. Mi impegno ad arrestare il fiume delle leggi senza né capo né coda, approvate in un baleno per rincorrere l’ultima indignazione popolare. Mi impegno a ristabilire il vincolo di bilancio per regioni, comuni ed altri enti di governo, a incominciare dal comune di Roma e dalla regione Lazio, che con protervia bypartisan hanno accumulato 40 miliardi di debiti in poco più di un decennio sotto lo sguardo benevolo dei governi amici. Mi impegno a smetterla con gli annunci vacui e ad avviare seriamente l’opera di disboscamento e semplificazione delle regole cervellotiche, ben sapendo che esse non capitano per caso ma sono l’espressione di forti e consolidati interessi, ben rappresentati dentro le amministrazioni pubbliche come in questo parlamento. Mi impegno a non chiamare più privatizzazioni gli spostamenti di pacchetti di controllo azionario dallo stato alla Cassa Depositi e Prestiti. Soprattutto, m’impegno a non cercare mai più di far credere che le difficoltà dell’economia italiana nascono dai vincoli europei di bilancio per inseguire una facile popolarità a spese dell’Europa, come fanno Grillo e Berlusconi: mentre è ovvio che l’incapacità di crescere, la disoccupazione, la povertà e l’esclusione nascono prima di tutto dai nostri comportamenti.

Fonte: Affari e Finanza del 9 dicembre 2013

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