Un cupo pessimismo domina il mondo delle previsioni economiche non solo a breve, ma a medio-lungo termine. Locuzioni come la stagnazione secolare, evocata di recente anche da Lawrence Summers , economista ed ex Segretario al Tesoro di Bill Clinton, o come Grande Stagnazione e Big Slump dominano il dibattito accademico e la pubblicistica negli Stati Uniti e in Gran Bretagna. La delimitazione geografica non è secondaria. Il dibattito sul futuro, che in Occidente coincide in definitiva col futuro del capitalismo come lo conosciamo, è infatti soprattutto un esercizio nordamericano e britannico. LEurozona appare troppo affannata a stilare la classifica dei buoni e dei cattivi nellottica del pensiero unico del Modell Deutscheland per occuparsi del futuro più che prossimo.
Ma tutto questo pessimismo è giustificato? A giudicare dal suo track record, non si va molto lontano dal vero nellaffermare che la scienza della previsione economica è assai deficitaria, se non fallimentare. In un suo libro del 2009 il politologo e storico americano, George Friedman, passa in rassegna le previsioni più diffuse in momenti diversi del secolo scorso e dellattuale relativamente ai dieci o più anni successivi. Dal 1900 al 1920, dal 1940 al 1960, al 1980, in tutti i tornanti decisivi della storia occidentale la scienza della previsione economica ha imboccato per lo più la direzione sbagliata, dice Friedman. Agli inizi di questo secolo, quando ancora dominava lidea della fine della storia di Francis Fukuyama (vi ricordate?) e leuforia di internet imperversava, negli Stati Uniti uscivano libri che pronosticavano per lindice Dow Jones della Borsa USA vette stellari di 36mila e secondo alcuni addirittura 100mila punti. Oggi il Dow è a quota 16mila ed è pur sempre un massimo storico. Il fatto è che per quanto potenti e sofisticati siano diventati i modelli econometrici di previsione, è cambiato ben poco della natura estrapolativa delle nostre aspettative viscerali e intellettuali. Il cigno nero è sempre in agguato, come direbbe Nassim Nicholas Taleb, lex trader autore del volume
Da un certo punto di vista oggi siamo in una situazione simile, dominata dalla proiezione su vasta scala di quello che offre il panorama dellattualità. Dopo cinque anni di crisi finanziaria poi divenuta crisi delleconomia reale, diffusa insicurezza e ristagno dei redditi pro capite in quellOccidente che rimane pur sempre la zona più ricca ed evoluta del Pianeta, il barometro dellumore volge al brutto.
Il dibattito americano sul futuro non è tuttavia a senso unico. A fronteggiare il cupo pessimismo dominante vi è un drappello di ottimisti e in qualche caso di superottimisti. Si tratta per lo più di esperti di management, tecnologi, microeconomisti che vedono avvicinarsi un nuovo ciclo di innovazioni tecnologiche e dunque di sviluppo accelerato. In genere gli ottimisti appartengono anche ad aree culturali che ipersemplificando potremmo definire più vicine alla destra, mentre i pessimisti sono per lo più liberal o addirittura libertarian.
Il dato di partenza di questo vivace dibattito da cui lEuropa è totalmente assente è la questione della produttività, la cui crescita è pericolosamente diminuita negli ultimi anni. La crescita della produttività, che è la base dello sviluppo economico, dipende da vari fattori ma uno dei più importanti è dato indubbiamente dallinnovazione tecnologica. La linea di confine tra ottimisti e pessimisti passa dunque in larga misura da qui. Larry Summers ha affrontato la questione dal punto di vista finanziario, affermando che il tasso reale di interesse naturale è divenuto negativo, per cui a questo livello dinflazione mancano gli incentivi ad investire. Ma il vero teorico della stagnazione secolare è leconomista Robert Gordon. Figlio darte e clintoniano, Gordon ritiene che lenorme crescita della produttività e del reddito che ha contraddistinto gli USA e il mondo occidentale negli ultimi 200 anni è il risultato irripetibile di una serie di innovazioni tecnologiche, dallelettricità al motore a scoppio, culminate con la rivoluzione dei computer e i cui benefici si stanno esaurendo.
Eric Brynjolfsonn del Mit prevede che limpatto economico combinato di una serie di innovazioni dirompenti che spaziano dallinformatica allintelligenza artificiale, dalle apparecchiature ai veicoli, allenergia, alla bioscienza e ai materiali, ammonterà a 33 trilioni di dollari entro il 2025. Le posizioni insomma non potrebbero essere più divaricate. LEconomist ha concluso una lunga rassegna recentemente dedicata al tema con una posizione sostanzialmente scettica verso le tesi dei pessimisti. Lalternativa tra grande stagnazione e nuova età delloro, però, rimane.
PREVISIONI DI DESTRA E DI SINISTRA
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