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Draghi straparla,i governi stanno zitti

Il presidente della Bce ha invitato a “cedere sovranità all’Europa per quanto riguarda le riforme strutturali”. In altre parole, ad affidare ai tecnocrati quello che i governi democraticamente eletti dei vari paesi non possono o non vogliono fare. Nessuno ha reagito adeguatamente a questa invasione di campo, nemmeno invitando Draghi ad occuparsi piuttosto degli obiettivi di inflazione da sempre dichiarati dalla Bce

(pubblicato su Repubblica.it l’8 ago 2014)

“Per i Paesi dell’Eurozona è arrivato il momento di cedere sovranità all’Europa per quanto riguarda le riforme strutturali”. Così disse Mario Draghi, presidente della Bce, nella consueta conferenza stampa che segue alla riunione periodica del consiglio direttivo. Cedere sovranità all’Europa? Cioè a chi? Al Parlamento europeo per il quale abbiamo appena votato? No, non ha questi poteri. Al Consiglio dei capi di Stato e di governo, ossia a un organismo formato da persone elette democraticamente nei rispettivi paesi? No, non si occupa di queste cose. Non resta che la Commissione, ossia un organismo i cui membri non sono eletti da nessuno (solo il presidente Jean-Claude Juncker può vantare, per la prima volta, un giudizio indiretto dei cittadini europei, che insieme al partito votavano il candidato alla Commissione da questo proposto; il che, comunque, non determinava automaticamente la successiva nomina).

Mario DraghiQuindi, riassumendo, Draghi ha detto: i governi democraticamente eletti dei vari Stati non si sono dimostrati in grado o non vogliono fare le riforme di struttura che io e quelli che la pensano come me ritengono giuste e necessarie, quindi facciano il favore di mettersi da parte e affidare il compito ai tecnici della Commissione Ue. Che tutto questo abbia ben poco a che fare con i meccanismi della democrazia è evidentemente un problema che il presidente della Bce o non capisce, il che sarebbe grave, o più probabilmente giudica irrilevante, il che sarebbe ancora più grave.

E’ strano che, a quanto risulta, nessun capo di governo, ascoltata questa frase, abbia detto: “Ma lei come si permette? Dare indicazioni politiche è del tutto fuori dai suoi compiti e dalle sue competenze. Pensi piuttosto a riportare l’inflazione a quel 2% che è nella missione dichiarata della Bce – e che nella situazione attuale sarebbe pure troppo basso – visto che non sta facendo tutto il necessario in proposito”.

Questo dovrebbe dire non uno, ma tutti i capi di governo dell’Eurozona. E perché non lo dicono? Molti – a cominciare dalla signora Merkel – perché sono del tutto d’accordo con Draghi (anzi, forse bisognerebbe dire che con quella frase Draghi sostiene una linea enunciata dalla Merkel fin dal suo discorso di insediamento). Altri perché in fin dei conti Draghi in certe situazioni critiche può essere il solo in condizioni di lanciare una ciambella di salvataggio, e non è il caso di farselo nemico.

Resta il fatto che la politica economica egemone in Europa e che Draghi ha impropriamente sostenuto non solo non è verità rivelata, ma a giudizio di molti è al contrario profondamente sbagliata. Se in Europa la crescita langue e c’è una disoccupazione altissima si può sempre dar la colpa alle riforme non fatte o alle tensioni internazionali. Ci sarebbe quasi da sperare che la situazione peggiori ancora per far diventare ancora più evidente quanto valgano quelle spiegazioni. Ma in fondo, non c’è neanche bisogno di nutrire quelle speranze perverse: continuando così la situazione peggiorerà di sicuro.

PS: Il giorno dopo la pubblicazione di questo articolo sull’edizione cartacea di Repubblica c’era questa dichiarazione di Paul De Grauwe, uno dei più autorevoli economisti europei, intervistato da Eugenio Occorsio:
“E’ un’intromissione assolutamente inaccettabile sul terreno delle politiche delle riforme istituzionali di ogni singolo Paese, che è e deve restare dominio delle rispettive politiche. Draghi è solo un civil servant, bravo, serio e rispettato quanto si vuole ma che tale deve rimanere. Spero che non si ripeta più una vicenda del genere. La BCE pensi alle sue responsabilità. Ha accumulato fin troppi ritardi e sta fallendo clamorosamente nel suo stesso ruolo di tutela dell’equilibrio della base monetaria: l’inflazione, continua a dire, deve stare sul 2%. Intanto stiamo andando in deflazione. E’ venuto alla luce il problema chiave dell’eurozona: deve dotarsi di strutture politiche proprie, che assumano decisioni in piena responsabilità. Altrimenti, se continua il paradosso della moneta senza Stato, senza fisco, senza bilancio, solo con una banca centrale, è meglio tornare alle monete nazionali“.

Fonte: Repubblica.it - 8 Agosto 2014

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