di Luigi Paganetto
Con il debito pubblico aL 150% del Pil sarà centrale il rapporto con le istituzioni europee
È chiaro a tutti , oggi, ciò che il Gruppo dei 20 ha sostenuto dal marzo di quest’anno e cioè che «nulla sarebbe più stato come prima» e che a un’inflazione di tipo strutturale si sarebbe sovrapposta in Europa una recessione profonda e persistente per via del cambiamento dei flussi commerciali seguiti all’invasione russa dell’Ucraina e del devastante effetto della crisi energetica legata alle forniture di gas. La questione è che tutto questo avviene dopo la difficile prova, non ancora del tutto superata, della pandemia. Il programma di governo, ne risulta profondamente influenzato perché si riducono fortemente i suoi margini di manovra tanto che si può ritenere che una larga parte del programma 2023 sia già scritto e si collochi in decisioni europee e internazionali.
Questa è la ragione per la quale il Gruppo dei 20 assegna priorità alla politica estera e alle politiche commerciali europee (e in particolare agli accordi preferenziali di commercio), suggerendo uno spostamento di attenzione verso l’area del Mediterraneo. Un Mezzogiorno capace essere competitivo in un Mediterraneo (tornato centrale per i traffici marittimi e per le reti energetiche) può essere un elemento di forza anche per le regioni del Nord che, va detto, hanno in questi anni perduto molte posizioni nelle graduatorie europee. Così come ritiene ci sia bisogno di un programma di legislatura per la constatazione che, mentre si fronteggiano problemi immediati come quello delle bollette e, più in generale, dell’inflazione occorre rispondere alla sfida della recessione.
Il rapporto con le istituzioni europee è centrale soprattutto per il nostro Paese che ha il 150% di debito pubblico rispetto al Pil. Occorre operare sia spingendo Bruxelles, nella logica del recente accordo, a crescenti acquisti comuni di gas, che a interventi macroeconomici capaci di fronteggiare la recessione. L’autorizzazione all’uso del 40% dei fondi di coesione è insufficiente. Serve un intervento europeo di dimensione e caratteri simili a quello (Next Generation Eu) adottato per fronteggiare la pandemia. Oggi l’Europa è riluttante, ma lo sarà assai meno quando sarà evidente a tutti la difficoltà di uscire dalla stagflazione. A livello nazionale la priorità è ridurre incertezza e insicurezza e sostenere nell’immediato famiglie imprese con l’avvertenza, che già oggi la spesa in percentuale di Pil per questi sostegni è superiore a quella dei maggiori Paesi europei. Allo stesso tempo occorre una politica economica che associ gli interventi per la riduzione delle disuguaglianze a quelli per lo sviluppo.
ll premio Nobel 2006 per l’Economia Edmund Phelps, nella sua prefazione al Rapporto ci ricorda che la crisi che viviamo si manifesta con crescenti costi sociali legati al ridursi della crescita della produttività totale e dell’innovazione a cominciare da salari stagnanti e insoddisfazione per le insufficienti opportunità offerte a chi lavora. Per contrastare le crescenti ineguaglianze occorre investire sull’innovazione come motore di produttività totale e sviluppo, tenendo presente che l’equità sociale, oltre che con l’assistenza ai più poveri e le scelte redistributive operate con il fisco, va realizzata con una diversa allocazione della spesa pubblica che renda accessibili ed equi per tutti i servizi di sanità, scuola e formazione e pensioni. Occorre, per fare qualche esempio, che si riducano le code per le prestazioni ospedaliere, diminuisca la spesa out of pocket delle famiglie per la sanità e venga resa omogenea sul territorio la qualità dei servizi scolastici.
Per lo sviluppo è importante investire in innovazione. Il Pnrr, con Industria 4.0, punta sull’innovazione in quanto motore dello sviluppo. I progetti europei su microchip, idrogeno e nuove tecnologie rappresentano opportunità da non perdere. Ma va tenuto presente che i maggiori aumenti della Tfp (Produttività totale dei fattori di produzione) si verificano per le principali economie (tranne che per la nostra) nel settore dei servizi e della distribuzione ed è qui che occorre intervenire. Non solo. Ma va sottolineato che green policy, efficienza energetica e transizione ecologica sono strettamente legati all’innovazione. Non c’è green policy senza innovazione e senza un piano della transizione ecologica.
In quest’ottica il 110%, così come è concepito, rappresenta un’opportunità perduta. Per realizzare l’allentamento dalla dipendenza dal gas non basta puntare sull’aumento di offerta dell’energia da rinnovabili. Va fatto un investimento sulle reti intelligenti di distribuzione dell’energia e un’azione sulla domanda. Si deve poi investire su ricerca e formazione in materia di tecnologie nucleari per creare le condizioni necessarie, se lo si riterrà per una scelta, per l’adozione dell’energia nucleare che, non bisogna dimenticarlo, non può essere una scelta a favore di un singolo impianto, ma una (impegnativa) scelta di sistema.
È necessaria, per la crescita, una forte spinta a favore della concorrenza che deve essere diretta alla riduzione delle barriere all’entrata/uscita dal mercato, in particolare per i settori dell’energia, del digitale, dell’intelligenza artificiale ma anche e per i servizi pubblici locali e le procedure di appalto.
La scuola e la formazione sono un fondamentale ascensore sociale. Sono centrali in un mondo in cui cambiano velocemente competenze, profili professionali e saperi. È da qui, usando i fondi del Pnrr, che bisogna partire per un “Piano del lavoro”, scelta centrale per un Paese che voglia assicurare una corretta dinamica sociale. Va assicurato – ed è molto importante – un monitoraggio della spesa pubblica a favore dei giovani attraverso una specifica contabilità pubblica. La questione demografica è decisiva perché la caduta delle nascite rende indispensabile rinforzare l’offerta di lavoro per evitare, in prospettiva, una caduta del tasso di crescita del Pil. È l’occupazione femminile (oltre all’emigrazione) che rappresenta una risposta importante a quest’esigenza.
È chiaro che si tratta di sfide tutte molto difficili da vincere ma è proprio questo il momento per cogliere, attraverso un programma di legislatura, le opportunità create dal cambiamento in atto.
(Il Sole 24 ore 10 novembre 2022)
Fonte: Il Sole 24 ore 10 novembre 2022