• martedì , 3 Dicembre 2024

Cosa c’è “oltre” la versione europeista di Giorgia Meloni

di Bruno Costi

Piuttosto che stupirsi sulla versione europeista di Giorgia Meloni, i tanti critici del sovranismo della destra italiana ora al governo potrebbero forse più utilmente chiedersi cosa c’è “sotto” o cosa si intravede “oltre”.

Facciamo un passo indietro e ripercorriamo le posizioni e gli schieramenti politici italiani ed europei in merito.

C’era e c’è chi si schiera per un sovranismo duro e puro che osteggia “senza se e senza ma” l’idea stessa del multilatreralismo e con esso di conseguenza quell’obbrobrio – essi dicono- rappresentato dal disegno di una integrazione sempre più spinta dell’Europa sotto il segno di una costruenda federazione di Stati, sul modello degli Stati Uniti.

Sono le destre reazionarie, legate all’idea di nazione in quanto unica dimensione statuale riconosciuta e riconoscibile, dietro la quale c’è la tutela orgogliosa degli interessi nazionali in contrasto a tutti gli altri interessi che non siano funzionali a quello identitario del singolo popolo, delimitato dai suoi confini.

Negano di conseguenza l’Euro come moneta unica, osteggiano il progetto federale, dissentono dalla politica delle cooperazioni rafforzate che preludono alla costruzione di una Europa politica. E, dunque, così come gli inglesi hanno voluto la Brexit, essi vogliono l’Italexit e il ritorno alla lira. In Francia si chiamano Fronte Nazionale, in Germania, AFD; in Gran Bretagna Ukip, in Olanda, Partito della Libertà, in Grecia Alba Dorata, in Italia Italexit.

Poi c’è un altro mondo politico che non milita a sinistra, che non nega la bontà del progetto di Unione Europea, che riconosce il valore della solidarietà e della sussidiarietà, che apprezza l’Euro e la declinazione interventista dell’Europa per la crescita del benessere e il contrasto delle grandi minacce per il continente, ma che si oppone alla diffusione di modelli di società nichilisti, relativisti, quasi agnostici come viatico per un’Europa dei sussidi e senza i valori della tradizione europea.

Sono i conservatori ed i popolari, concepiscono l’Europa come una confederazione di Stati nazionali i quali delegano all’Unione europea funzioni di comune interesse geopolitico e sovranazionale ma vorrebbero che tutti gli altri ambiti del vivere civile fossero gestiti a livello nazionale, secondo le specificità e le disponibilità di ciascun Stato nazionale.

Di consguenza vogliono che vengano gestite a livello europeo la difesa militare dei confini e dei traffici commerciali, la politica estera a tutela del ruolo dell’Europa nel mondo, l’autonomia energetica ed alimentare, come bene pubblico da tutelare in quanto interesse strategico e geopolitico,

Nel Parlamento Europeo sono rappresentati dai Conservatori, dai Liberali e in parte consistente anche dai Popolari.

In sintesi, mentre i sovranisti vogliono abbattere l’Unione Europea, i Conservatori e moderati vogliono conservarla ma modificarla dall’interno. Una differenza che non è di poco conto e che cambia le carte in tavola del confronto politico.

L’attuale governo dell’Europa, infatti, rispecchia gli equilibri politici dei due principali stati dell’Unione, la Germania, fino a pochi mesi fa guidata dalla Popolare Angela Merkel ed oggi al socialdemocratico Olaf Scholtz e la Francia, guidata dal liberalsocialista Emanuel Macron.

Si tratta di un asse liberal socialdemocratico, appoggiato dai Popolari, legittimamente preoccupato che il mutare gli equilibri politici dell’Unione possa sottrarre ad essi l’influenza determinante nelle decisioni che riguardano l’economia e la società europee.

Chiunque al posto di tali forze politiche, al governo dell’Europa praticamente da vent’anni, reagirebbe se vedesse insidiata la propria egemonia politica e culturale. Ed infatti così accade, con la tipica reazione di chi volendo conservare il potere faticosamente raggiunto si arrocca a difenderlo ricorrendo ad ogni mezzo, a cominciare dalla narrazione politica.

Così, a dispetto delle differenze profonde descritte, sovranisti e conservatori vengono accomunati come fossero la stessa cosa per essere sommariamente additati come nemici dell’Europa, mentre i primi lo sono ma i secondi no. Visto in controluce, questo scontro lascia intravedere la trama di un lavorio politico teso a costruire nuovi equilibri politici nel governo dell’Europa.

E un po’ sembra anche lo schema della campagna elettorale appena conclusa in Italia.

Forse l’Europa sta per vivere la stessa stagione politica che in Italia sta avanzando con il declino del progressismo e l’avanzata del conservatorismo. E, chissà, che alla fine potremmo scoprire che c’è una sinistra della zona “ZTL” anche in Europa che spiega la distanza di quella politica dalle genti europee.

(www.clubeconomia.it del 24 ottobre 2022)

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