di Luigi Paganetto
C’e’ da augurarsi che decisioni che si stanno assumendo sul PNRR tengano conto dei nodi che devono sciolti se si vuole affrontare il punto ineludibile da affrontare,quello di rimettere in moto la crescita di produttivita’ e pil stagnanti da piu’ di 20 anni.
Per farlo si deve innanzitutto prendere atto che qualcosa si e’ inceppato nel nostro sistema economico e non solo per via dei limiti rappresentati dalla burocrazia ,dal sistema fiscale ,dall’eccesso e complessita’ della normativa nonche’dalla lentezza della giustizia. Su questi limiti occorre intervenire ,non c’e’ dubbio, ma essi esistevano anche negli anni ‘ 60 eppure ci fu il “miracolo economico” di una crescita, non piu’ ripetuta di crescita e produttivita’.
Il nostro sistema economico soffre da tempo di problemi strutturali che ,come ha detto il Governatore Visco ,nascono dal ritardo del suo adeguamento ai cambiamenti da tempo in atto nell’economia mondiale.E’ questa la considerazione da cui occorre partire. Nel dopoguerra il nostro sviluppo economico fu fondato sulla la capacita’ delle nostre imprese di essere competitive con l’adozione di tecnologie altrui e i vantaggi del basso costo del lavoro.Oggi il quadro e’decisamente cambiato perche’ e’ il tempo dell’innovazione come condizione per competere . Ed e’ il tempo dello sviluppo sostenibile realizzato attraverso scelte ambientali ,come quella dell’economia circolare e della transizione energetica che possono utilmente essere associate al cambiamento tecnologico.
E’ questo il contesto nel quale i progetti del PNRR devono esercitare il loro traino , fondamentale per cambiare questa situazione.
Il quadro di riferimento e’ quello offerto dall’Europa che ha preso decisamente una strada diversa dal passato associando alla scelta concorrenziale, che rimane la sua stella polare, una politica industriale che si esprime attraverso una richiesta d’investimento del 57 % dei fondi su digitale e transizione energetica che nei prossimi anni avranno un ruolo decisivo in un processo di trasformazione dell’economia che non riguardera’ soltanto i settori di punta ma in larga misura anche quelli tradizionali ,dall’agricoltura,ai trasporti,alla sanita’ e la PA.
Nei prossimi 6 anni dovremo realizzare in questa chiave un tasso di crescita che ci consenta ,almeno ,di non guardare con preoccupazione al nostro indebitamento ,visto che le regole di Mastricht oggi sospese torneranno anche se con modalita’ differenti .
La prudenza in materia di indebitamento(e forse la consapevolezza dei ritardi di spesa nell’esperienza dei fondi strutturali) non significa pero’ rinunciare in principio ad usare integralmente i 193 Mld totali disponibili.E questo per due ragioni: la prima che l’obbiettivo non puo’ che essere quello di alzare la crescita e in quest’ottica tutti gli investimenti capaci di contribuirvi,compresi quelli finanziati con prestiti, devono essere adottati;la seconda è che ,per la stessa ragione,vanno messi a confronto i progetti gia’ programmati a bilancio con quelli da presentare a Bruxelles perche’ non possiamo permetterci di portare avanti progetti con ritorni inadeguati e tanto meno progetti le cui determinanti consistano in decontribuzioni e spesa corrente.
Va detto che l’esigenza di aumentare produttività e crescita e’ una sfida che non si vince da soli e richiede la creazione di un clima favorevole agli investimenti privati .
Serve fare un esercizio di realismo e darsi conto che il ritardo del nostro sistema industriale nell’adattarsi ai cambiamenti competitivi internazionali non e’ facile da modificare . Una maniera per ovviare a questo ritardo puo’ essere quello di utilizzare la spinta che puo’ nascere dall’ associazione con progetti europei di altri paesi.L’esempio e’ quello di Francia e Germania che hanno messo assieme i loro progetti in materia di accumulo di energia ed idrogeno e sono intenzionate a chiedere a Bruxelles lo status di “Progetto di comune interesse europeo” (IPCEI). .Un’altra maniera e quella di impegnarsi fin d’ora oltre che sui progetti nazionali del PNRR sui progetti europei di Invest EU che vedranno l’intervento della BEI come gia’ e’ accaduto con il programma Juncker.L’adozione di connessioni in fibra e del 5 G in sostituzione del 4 G avra’ implicazioni decisive per lo sviluppo . Collaborazioni con Francia e Germania su big data, cloud computing e supercalcolo sono essenziali.
Gli investimenti pubblici in infrastrutture sono senz’altro molto importanti. Ma da qui al 2026 hanno effetti solo sul lato della domanda non sulla produttivita’ totale che e’ il nostro problema centrale .E’ percio’ necessario selezionare gli investimenti seguendo l’orizzonte temporale attraverso il quale vengono in essere ,con un’analisi costi benefici che dia privilegio a quelli che si ripagano da soli e sono piu’ capaci di portare con se’ innovazione.Priorita’ deve essere data ai tanti investimenti che aspettano le risorse necessarie al loro completamento,in particolare al Mezzogiorno. L’intervento a favore del Mezzogiorno, oggi lo si riconosce, deve essere in linea e parte del progetto Italia .Occorre perciò pensare ad una politica che,oltre a puntare sugli investimenti pubblici su trasporti,portualita’, territorio si concentri su formazione , innovazione e disponibilita’ di connessioni in rete piuttosto che sulla riduzione degli oneri fiscali per ridurre il costo del lavoro al Sud e rendervi conveniente l’attività d’impresa ,scelta riduttiva e di breve periodo
Un aspetto a cui occorre fare molta attenzione nella valutazione dei progetti di investimento è quello della distribuzione nel tempo dei loro benefici competitivi. Se per l’energia si punta nel lungo periodo all’idrogeno, ad esempio, non si può ignorare che nei prossimi anni la sostituzione dell’oil avverrà con un altro combustibile fossile e cioe’ il gas..Cosi’,ad esempio, e’ con il GNL gas metano liquido, che gia’ si cominciano ad alimentare i motori delle navi del Mediterraneo seguendo la normativa europea.
Molti ,dunque ,gli spunti di riflessione PNRR ma l’esigenza ineludibile e’ quella di orientare i progetti del PNRR nella direzione di aiutare la nostra economia superare il suo ritardo di adattamento ai cambiamento del quadro competitivo internazionale .
Volendo offrire una prospettiva generale si puo’ dire che i progetti previsti devono rispondere all’esigenza di realizzare una spesa in capitale basato sulla conoscenza .
Per farlo occorre che , assieme agli investimenti in innovazione, abbiano priorita’ progetti mirati per scuola e formazione e impegno per le nuove generazioni.Senza dimenticare peraltro che i benefici delle nuove tecnologie si manifestano insieme a nuove disuguaglianze che occorera’ fronteggiare.
(“Domani” del 14 gennaio 2021)
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