di Bruno Costi
Dopo la proposta della Commissione europea che farà piovere sulle economie 750 miliardi di euro, dei quali 500 “regalati” e non “prestati”, in Italia si è diffusa la sensazione che, scongiurato il rischio di digiunare a lungo, sia arrivato dall’Europa un improvviso, insperato e lauto invito a pranzo, per giunta senza pagare il conto.
Per averne contezza basta osservare le proteste in piazza di tutte quelle categorie che dal “Decreto Rilancio” non hanno avuto soldi o non ne hanno avuti abbastanza; oppure i cartelli affissi da alcuni ristoratori con la frase-sfida “così non riapriamo” , come se lo Stato non gli pagasse i due terzi del canone d’affitto, non gli regalasse il 20% del fatturato dell’aprile 2019, non si accollasse gli stipendi ed i contributi dei dipendenti messi in cassa integrazione, non gli abbuonasse una parte delle bollette elettriche, e come non fossero loro a dichiarare al fisco redditi per 14.000 euro l’anno; oppure basta leggere i primi commenti dei politici italiani, anche di maggioranza, che hanno subito tentato di ipotecare i circa 180 miliardi che arriveranno a Roma dal Recovery o Next Generation Plan, per ridurre le imposte sul reddito, come se non avessimo 120 miliardi di evasione fiscale, se non occorressero 10 anni per recuperare un credito, se non fossimo al penultimo posto in Europa per numero di laureati e primi per giovani che non voglio studiare né lavorare.
Il pregio maggiore della relazione del Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, non sta dunque nella abituale disamina dell’andamento dell’economia e della finanza mondiale, né nel consueto check up del sistema bancario e finanziario italiano, ma nel richiamo al realismo che ci attende nei prossimi 24 mesi e nel ricordarci, con le parole di Milton Friedman, che ”nessun pasto è gratis”. E che non sono i sussidi a pioggia, nemmeno se regalati dall’Europa che possono far crescere l’economia, se non si mette mano a decisioni, da anni stranote e stra-analizzate ma che la politica non trova il coraggio di adottare.
Visco ha fatto questa volta anche di più e di meglio perchè, a differenza del passato quando le reazioni della Banca d’Italia erano farcite di lamentele, elencazioni di colpe, indici puntati, toni accusatori, la versione post pandemica delle considerazioni finali del Governatore hanno elencato gli straordinari punti di forza dell’economia italiana, quasi a smantellare il pregiudizio di un ‘Italia Cenerentola d’Europa e perennemente con il capello in mano. Almeno dal punto di vista dei dati economici, possiamo far valere di fronte al mondo:
- una posizione sull’estero in equilibrio
- banche più solide che nel 2017
- ricchezza delle famiglie pari ad 8 volte il Pil ( contro la media europea del 7,3)
- debito delle famiglie pari al 62% del reddito ( la media europea è 108% e la “frugale” Olanda arriva al 200%)
- debiti delle imprese pari al 68% del PIL
- debito privato pari al 100% del PIL ( il 50% meno della media europea)
- terzo posto nella classifica delle economie europee, secondo nel’industria manifatturiera europea e secondo esportatore
- Investitore netto all’estero per 300 miliardi in fabbriche e 1.200 miliari in titoli
A vederli dall’esterno, sono dati che testimoniano una potenza economica che molti in patria nemmeno conoscono. Quello che manca è uno Stato che funziona, una digitalizzazione più spinta, un’istruzione più qualificata, una burocrazia che aiuta e non frena, una spesa pubblica che rende più di quanto costa.
Visco dà la percezione che non si tratta di cose impossibili da raggiungere. Basterebbe che in ognuno di questi campi riuscissimo ad avere un aumento di produttività dell’1% l’anno e l’economia crescerebbe di quell’1,5% che mette al riparo il Paese dal declino.
A chi spetta il compito? Visco non lo nasconde, tocca alla politica. Ma questo governo e questa politica, con le loro solidità e le loro competenze, possono essere all’altezza di cogliere questa sfida? I dubbi sono più numerosi delle certezze.
(www.clubeconomia.it del 30/5/2020)
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