di Carlo Clericetti
La Bank of England rompe ufficialmente quello che da circa quarant’anni è un tabù per le banche centrali: il finanziamento diretto delle spese decise dal governo. Lo scrive il Financial Times, dando notizia del consenso espresso dalla banca alle richieste dell’esecutivo, che devono essere state molto pressanti, visto che solo pochi giorni fa – ricorda il quotidiano – il governatore Andrew Bailey si era dichiarato contrario.
Il governo inglese, dunque, potrà attingere a un conto corrente presso la BoE che esiste già (è chiamato Ways and Means Facility), ma era finora limitato a un importo modesto di 370 milioni di sterline. Era già accaduto nel 2008 che il Tesoro avesse sconfinato fino a 20 miliardi. Il fatto che l’operazione si ripeta, senza che venga annunciato alcun limite al suo importo, la trasforma da eccezione “una tantum” in una delle possibili opzioni di politica economica da attivare quando si ritiene necessario.
Un aspetto almeno altrettanto interessante da sottolineare è quale sia stata la reazione dei mercati: nessuna. Nota il quotidiano britannico che la sterlina è salita contro dollaro dello 0,1%, mentre il rendimento dei titoli a dieci anni è rimasto piatto allo 0,37%. Il tanto temuto giudizio dei mercati è dunque che questa manovra, nella situazione data, è perfettamente adeguata e non costituisce un annuncio di terribili sventure nel prossimo futuro.
E’ vero che il Tesoro ha definito questo finanziamento in un comunicato “temporaneo e di breve termine”, ma – scrive il Ft – gli operatori prendono questa dichiarazione per quello che vale, cioè molto poco. Nota Richard Barwell, responsabile della ricerca macro a BNP Asset Management ed ex dirigente della BoE, che mosse “temporanee” di questo tipo spesso diventano permanenti.
D’altronde il finanziamento diretto non è altro che la rinuncia al velo di ipocrisia costituito dai quantitative easing, cioè gli acquisti da parte delle banche centrali (e la BoE lo ha fatto ben prima della Bce, dal 2009) di titoli di Stato sul mercato secondario. Non si fa altro che eliminare un passaggio.
Ancora da notare che la decisione del governo inglese (un governo conservatore, i nipotini di Margaret Thatcher) non è stata provocata dalla difficoltà di finanziarsi sul mercato, come del resto risulta evidente dal basso rendimento dei titoli a dieci anni. L’intento è di non creare tensioni su quei tassi con grosse emissioni, viste le forti spese da affrontare per l’emergenza Covid, e di non far aumentare il rapporto debito/Pil, che alla fine dello scorso anno fiscale (marzo 2019) era all’84% e già per circa un quarto detenuto dalla BoE.
Quanto accade nel Regno Unito mostra ancora una volta la differenza tra la mentalità anglosassone e quella egemone in Europa di matrice tedesca. Non è questione di essere progressisti o conservatori, ma di essere pragmatici (come gli inglesi e gli americani) o prigionieri di pregiudizi ideologici (come i tedeschi e i loro alleati). I primi sanno adattare le azioni alle circostanze, anche se si tratta di rinnegare quello che si è affermato in linea di principio; i secondi sono talmente obnubilati da quelle che hanno stabilito che debbano essere le “regole”, da rifiutarsi di prendere atto di quello che accade nel mondo reale. Mentre la casa brucia, l’Eurogruppo si balocca con mostriciattoli come il Mes e il Sure e si arena in contrapposizioni insensate sugli eurobond. Come molti hanno già detto e come gli inglesi ora stanno facendo apertamente, in questa situazione la strada da seguire per le spese necessarie all’emergenza è una sola, il finanziamento monetario da parte della Bce. Rifiutarsi di seguirla ci condurrà a un altro “decennio perduto”, se saremo fortunati: ma può accadere molto peggio.
Fonte: da La Repubblica del 09 Aprile 2020