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INFRASTRUTTURE PER RIPRENDERE A CRESCERE

di Giuseppe Pennisi

La vera e propria pioggia di stime scoraggianti sulla crescita nel 2019 ripropongono urgentemente il problema delle leve che si possono utilizzare per rimettersi in moto l’economia italiana. Dato che, a ragione del quadro complessivo della finanza pubblica, non è concepibile una riduzione della pressione fiscale, la leva a cui si guarda è gli investimenti pubblici in infrastrutture.

Stimolano la crescita in due modi: nella fase di cantiere, attivano fattori di produzione non pienamente utilizzati (in Italia, soprattutto il lavoro); a regime, tramite l’aumento del capitale sociale (ad esempio, riduzione dei tempi e dei costi di trasporto) incidono positivamente sulla produttività. Hanno un moltiplicatore (le stime variano da Paese a Paese e da infrastruttura ad infrastruttura) più elevato delle spese per consumi e soprattutto hanno importanti effetti ‘di trazione’ sul resto di altri settori dell’economia, incidendo positivamente sulla crescita.

Un recente lavoro della Banca d’Italia declina che le stime del solo moltiplicatore dell’investimento pubblico in infrastrutture efficienti per l’Italia raggiungono il 2,6 nelle elaborazioni del Fondo monetario e l’1,8 in quelle della Banca centrale europea. Il ‘Piano generale dei trasporti’, ormai datato, elaborato con l’apporto del Premio Nobel Wassilly Leontiev e di uno specialista del valore di Paolo Costa, conteneva un’analisi quantitativa puntuale.

In base ad una legge del 1986 lo si sarebbe dovuto aggiornare ogni tre anni, ma in effetti è stato aggiornato unicamente nel 2011. Se si disponesse di uno strumento del genere, si saprebbe su quali infrastrutture puntare. In mancanza, si deve guardare a progetti immediatamente cantierabili, ove non già cantierati e ritardati per qualche ostacolo (da rimuovere al più presto), e che siano efficienti sotto il profilo di una rigorosa dei costi e dei benefici finanziari ed economico-sociali.

Tuttavia, la nostra politica delle infrastrutture pare strabica. Da un lato, si ritarda (o si blocca) un progetto cofinanziato dalla Commissione europea e dalla Francia e già in fase di attuazione (nonché già sottoposto ad otto analisi dei costi e dei benefici finanziari ed economicosociali) che è parte integrante del corridoio Lisbona-Kiev, e, dall’altro, ci si esalta per il nuovo Stadio della Roma, mai sottoposto ad un’analisi economica, privo di accessi agevoli, e non si sa quanto cantierabile (pure a causa di vicende giudiziarie in corso).

Fonte: Avvenire - 08/02/2019

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