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Garanzie, non parole fuori luogo

di Franco Debenedetti

È stato un disastro tremendo, fa angoscia pensare agli ultimi terrificanti istanti delle vittime. La mente va ad altre sciagure, terremoti, slavine, crolli di scuole. Ma non è indignandosi, o minacciando, o parlando a vanvera che si commemorano degnamente i morti, che si consolano i parenti, che si riducono i danni materiali che il crollo ha provocato. Come invece hanno fatto il Governo e, in particolare, i ministri Cinque Stelle. Compito del Governo è assicurare che si faccia giustizia e si ponga rimedio alle conseguenze; è dare ai cittadini la sicurezza che questo avverrà in tempi brevi.

Il peggio sarebbe se, nel conto delle vittime, il Paese dovesse annoverare anche lo stato di diritto e la razionalità del governare.

Tutti i disastri sono “naturali” nel senso che dipendono da cause di natura, e queste rimandano sempre a fatti umani, o per le cose che si potevano fare e non si sono fatte, o per quelle che si sono fatte male, e per i più vari motivi. In questo Paese esiste una magistratura che accerta le catene causali e le responsabilità individuali; esiste una giurisprudenza che in base alle risultanze sa, all’occorrenza, imporre pene ed esigere indennizzi. Il caso in questione è così – letteralmente – sotto gli occhi di tutti che non sarà possibile che la vicenda si perda nei meandri delle procedure. Ma non si risponde alla richiesta di giustizia inventandosi complotti e collusioni, pronunciando verdetti e irrogando punizioni.

Lo stato di diritto impone a chi ha provocato un danno di risarcirlo: lo stato di diritto impone allo Stato di rispettare i contratti, nel caso specifico le concessioni. Le può dare e ritirare, in tal caso definendo l’indennizzo per il concessionario. Può darsi che la concessione preveda anche la decadenza per grave negligenza: ma dovrebbe essere esplicitamente prevista dal contratto, e in nessun caso a seguito di un giudizio sommario, ma in contraddittorio e con la possibilità di adempiere. Autostrade gestisce reti per 7mila chilometri (3mila in Italia), le opere di manutenzione del ponte Morandi si protraggono da anni, in base a piani approvati dalle strutture tecniche del ministero: le proprie e quelle dell’Anas, l’azienda che costruì il ponte nel 1967. Decantato come gloria dell’ingegneria italiana, già negli anni 90 aveva iniziato a suscitare perplessità, proprio perché ispezionabile solo con mezzi indiretti; infatti i cavi sono all’interno del calcestruzzo precompresso, e non tutti all’esterno come, ad esempio, quelli del Ponte di Brooklyn.

Nel frattempo il traffico su gomma aumentava, crescevano pesi, velocità e potenze dei mezzi. Da decenni si parla di sostituirlo almeno parzialmente, progetti sono stati fatti, discussi: ma non realizzati. Se di responsabilità si parla, non si diminuiscono in nessun modo quelle di Autostrade, quando si ricordano quelle di chi a quei progetti si oppose per anni. Con i partiti politici, quali favorevoli, quali contrari, quali spaccati, solo nel 2017 il progetto della Gronda venne approvato. Prima a vincere era sempre stato il partito del Nimby (not in my backyard), che si era guadagnato le medaglie nella guerra ai termovalorizzatori. I Cinque Stelle non esistevano allora, ma non possono oggi non riconoscere la dinamica politica di accattivarsi il consenso di minoranze concentrate e motivate, a danno degli interessi di maggioranze diffuse e distratte da tanti altri temi. Non c’erano allora per la Gronda, ci sono oggi nell’eccitare e raccogliere le proteste contro la Torino-Lione, il gasdotto delle Puglie, le trivellazioni, l’accordo per far ripartire l’Ilva; perfino contro la razionalità delle vaccinazioni.

Al Governo tocca anche contenere i danni che il crollo arreca all’economia locale e nazionale. Ripristinare una pur parziale percorrenza del ponte si realizza in tempi più brevi della soluzione definitiva, che sia la Gronda o un altro ponte nuovo. Chi esegue i lavori? Non c’è emergenza che possa sottrarre alle imprese europee il diritto di partecipare agli appalti, nelle modalità previste dalla legge europea. L’unica che può non sottostarvisi è Autostrade perché ha in house le risorse necessarie per farlo: in cinque mesi, pare.

I concessionari autostradali, dunque Autostrade per l’Italia in primo luogo, sono da tempo al centro di polemiche sulle norme, non trasparenti, che legano gli aumenti tariffari agli investimenti: non ci sarebbe nulla da ridire se il Governo con l’occasione volesse chiedere la revisione dei meccanismi contrattuali. Ma ciò che il governo non può non avere sempre presente è l’assetto generale dell’economia. Autostrade per l’Italia (oggi Atlantia) per circa il 70% è posseduta da risparmiatori italiani ed esteri; ancor più dopo l’operazione Abertis, è un gigante mondiale. Autostrade, se ha colpe, pagherà in sede civile; le persone che avessero commesso un reato omissivo, anche in sede penale. Ma desta inquietudini e perde credibilità un Governo che, invece di dare garanzie – alle famiglie delle vittime, ai cittadini, al Paese -, perde la testa in giudizi sommari in cui formula accyse, emette condanne, insegue complotti.

Fonte: IL SOLE 24 ORE, 17 agosto 2018

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