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FINANZA E POLITICA/ Le buste dell’UE pronte a mettere in scacco l’Italia

di Giuseppe Pennisi

Mancano pochi giorni alle elezioni. La pubblicazione di sondaggi, tramite qualsiasi mezzo (tv, radio, giornali, social), è vietata. Ciò non vuol dire che le forze politiche non continuino a seguirli. E a farseli fare. Quelli che arrivano al Nazareno devono destare forti preoccupazioni se Matteo Renzi, dopo avere arruolato per un “assist” (andato, poi, a Gentiloni piuttosto che a lui) una cariatide come Romano Prodi, si è rivolto a quel Walter Veltroni (da lui stesso rottamato e ora regista di successo di documentari) e ha chiesto il supporto dello stesso Presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker. Quest’ultimo, reduce da una consueta serata a La Mort Subite, notissima, anzi notoria, birreria ed enoteca del centro storico di Bruxelles, ha fatto (e poi smentito) dichiarazioni che hanno causato danni a Piazza degli Affari, ma che non hanno spostato un solo voto a favore di un Pd che rischia di uscire dai risultati elettorali come “partito di rilievo regionale” (delle ex-regioni rosse del Centro Italia).

C’è stata, tuttavia, una misura, gestita dal presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e dal ministro dell’Economia e delle Finanze Pier Carlo Padoan, nonché dalla Rappresentanza italiana presso le istituzioni europee, che è andata a buon fine: ottenere che l’invio della lettera con i rilievi europei alla Legge di bilancio italiana venisse posticipato sino a dopo le elezioni. Se fosse giunta nelle ultime settimane della campagna elettorale avrebbe potuto suonare come una seria critica a chi negli ultimi anni ha tenuto le redini dell’Italia e della sua politica di finanza pubblica. Varie stesure del documento, però, circolano a Bruxelles: il tema ricorrente è un “aggiustamento” dei conti pubblici di 3,5-4 miliardi di euro per l’anno in corso. La lettera arriverà, verosimilmente, prima della formazione del nuovo Governo; dato che le Camere sono convocate per il 23 marzo e si dovrà procedere alle elezioni dei Presidenti delle due assemblee e altre incombenze, è difficile prevedere l’insediamento di un nuovo Esecutivo prima di Pasqua (quest’anno cade il primo aprile). Quale che sia la coalizione politica che aprirà la busta, non avrà settimane facili. Tranne Liberi e Uguali (che si è espressa per un aumento del numero delle aliquote dell’imposta sul reddito e anche per una patrimoniale, al fine di giungere a un sistema più progressivo e finanziare vari programmi di spesa pubblica), tutte le forze politiche hanno promesso, in varie misura e con differenti modalità, una riduzione della pressione fiscale.

E, tranne che non si intendano ancora penalizzare gli investimenti pubblici, ormai ridotti al lumicino, si dovrà rispondere alle autorità europee con il solito mix di riduzioni della spesa e aumenti dei balzelli.
Non è chiaro se la lettera richiederà impegni espliciti in materia di riduzione del rapporto tra stock di debito pubblico e Pil; i modi “tecnici” per effettuarne una riduzione ci sono (come illustrato più volte su questa testata), ma comportano tutti difficili scelte per il Governo in carica. Il nodo è stato sottolineato di recente dall’Ufficio parlamentare di bilancio e dal Fondo monetario internazionale.
Alla lettera da Bruxelles sui conti dell’Italia, non si può rispondere con un’alzata di braccia non solo a causa del nostro fortissimo debito, ma anche perché a metà marzo (si dice il 13 marzo) giungerà un’altra lettera, indirizzata a tutti gli Stati membri dell’unione monetaria. Con questa missiva si inviano proposte della Commissione agli Stati membri e alle altre istituzioni europee in materia di completamento (temporaneo) dell’unione bancaria, e, quindi, di trattamento dei crediti deteriorati, dell’armonizzazione delle regole nazionali per la risoluzione delle crisi bancarie, della graduale trasformazione del Meccanismo europeo di stabilità in Fondo monetario europeo.

Per l’Italia sarà comunque difficile avere un ruolo chiave nei negoziati che si apriranno su queste materie tra gli Stati membri in vista di giungere a decisioni al Consiglio dei Capi di Stato e di Governo europei di giugno. Sarà impossibile se non avremo dato risposte adeguate ai rilievi sui conti pubblici per l’anno in corso.

Fonte: Il Sussidiario del 26 febbraio 2018

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