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Crescita, debito e immigrazione Le ricadute sull’economia italiana tra incertezze e orizzonti nuovi

di Giuseppe Pennisi

I risultati delle elezioni tedesche avranno impatti sull’economia italiana sia di breve sia di medio- lungo periodo. In primo luogo, occorre precisare che la formazione del nuovo governo non sarà un processo né breve né facile. Non sarà breve perché in Germania i governi di coalizione hanno sempre richiesto accordi precisi sulle bozze delle principali misure legislative. Non sarà facile date le differenze su molti punti soprattutto tra i due partiti minori, i liberali ed i verdi. Ad oggi, dopo una serie di conversazioni con economisti e uomini politici tedeschi, questi sono gli aspetti che più riguardano l’Italia.
Quadro macroeconomico. Negoziati lunghi e difficili creano incertezza. Il che non fa bene all’economia reale. È improbabile che la Germania, già in rallentamento da alcuni mesi, segni un aumento del Pil del 2% nel 2018; le stime più recenti parlano dell’1,5% al massimo. Dato che le stime del Pil italiano nel Def appena varato sono agganciate ad un crescita del 2% in Germania, può essere utile un nuovo “aggiornamento”; modelli econometrici tedeschi ed americani, a una prima “girata”, quindi preliminare, pongono la crescita italiana nel 2018 allo 0,8% – 1% del Pil.
Finanza pubblica. Ciò vuol dire meno entrate e richiede meno spese se si vuol mantenere l’indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni (come nel Def varato il 23 settembre) all’1%. Attenzione, però, il leader dei liberali tedeschi Christian Linder (probabile ministro dell’Economia e delle Finanze – i due dicasteri verrebbero fusi) sostiene da tempo che l’Italia avrebbe dovuto, in base al Fiscal Compact, raggiungere il pareggio di bilancio già nel 2015. Paradossalmente, data la crescita nel 2017, difficile fare appello alla clausola che consente disavanzi dello 0,5% del Pil in caso di recessione.
Bilancio Ue, investimenti. Il negoziato per un ministro dell’Economia Ue, e un più ampio bilancio Ue, da finanziarsi con titoli garantiti dall’intera Unione, è in pratica sospeso sino alla formazione del governo. Era la leva su cui contava Emmanuel Macron per dare «una svolta» all’Ue. Naturalmente, difficile mettere sul tavolo di eventuali negoziati con Berlino gli «eurobonds » nelle varie accezioni formulate in questi anni. Invece, dopo l’insediamento del nuovo esecutivo, la Germania potrebbe effettuare passi per il completamento dell’unione bancaria, che è ancora un ibrido che non conviene affatto alla Repubblica Federale.
Immigrazione. Guardando al medio periodo, il tema più caldo è quello dell’immigrazione. La stessa Angela Merkel, e ancor più i suoi probabili futuri alleati, sono convinti che l’ascesa della destra sia il frutto dell’apertura a un milione di immigrati dal Medio Oriente; la cancelliera ha annunciato che verranno ammessi sul suolo tedesco unicamente gli immigrati «regolari», gli altri verranno rispediti da dove vengono. In queste condizioni è difficile pensare ad una politica europea per l’immigrazione o anche solamente che la Repubblica Federale accolga parte di coloro sbarcati sulle nostre coste.
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Fonte: da Avvenire del 27 settembre

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