di Giuseppe Pennisi.
Il Centro studi ImpresaLavoro ha deciso di pubblicare “La Buona Spesa”, una guida operativa elaborata da Giuseppe Pennisi (economista di vaglia internazionale e presidente del board scientifico di ImpresaLavoro) e Stefano Maiolo (componente del Nucleo di valutazione e verifica degli investimenti pubblici della Regione Lazio). Il suo obiettivo dichiarato è quello di diffondere – grazie a un linguaggio semplice e accessibile a tutti – la conoscenza dei corretti metodi di valutazione della spesa pubblica.
Disponibile su Amazon in versione sia cartacea sia digitale questo testo tiene conto dei metodi più avanzati per la valutazione delle opere pubbliche ed è il risultato di oltre 30 anni di ricerche e di applicazioni nelle materie specifiche della valutazione, che non può più restare una “riserva di caccia” per esperti. Più che di un nuovo manuale tecnico si tratta insomma di uno strumento di lavoro utilizzabile da chiunque. A differenza di altri testi in commercio (nati per corsi universitari e post-universitari), questo lavoro parte infatti della premessa implicita che gli italiani in generale e soprattutto i dirigenti e funzionari della Pa che prendono le decisioni dispesa quasi mai sono tecnicamente attrezzati per effettuare in prima persona valutazioni economiche quantitative. Spesso, infatti, il loro compito si limita a prendere atto di quanto suggeriscono loro consulenti ed esperti. Un limite che va superato.
Spending review è un termine anglosassone di cui fino a poco tempo fa ignoravamo perfino l’esistenza. Non c’è da stupirsi, visto che dalle nostre parti la spesa pubblica è sempre aumentata in maniera allegra e incontrollata. I vincoli economici imposti dall’Unione europea ci hanno però recentemente costretto ad accoglierla nel lessico corrente. Peccato però che al suo sempre più vasto e gratuito utilizzo non siano poi seguiti risultati concreti apprezzabili, nonostante le altissime aspettative suscitate dalla nomina di ben cinque commissari governativi ad hoc: Piero Giarda, Enrico Bondi, Mario Canzio, Carlo Cottarelli e ora Yoram Gutgeld. Questione di scelte politiche, certo, ma anche di una cultura della spesa pubblica ancora largamente insufficiente.
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