di Giuseppe Pennisi.
Le previsioni (negative) dell’Ocse sull’economia italiana si basano su un modello econometrico che, come tutti gli altri modelli macro-economici ed a scopo previsionale, non tiene conto degli effetti dell’incertezza sui soggetti economici (individui, famiglie, imprese). Questo è uno dei temi principi della ‘economia comportamentale’ e della ‘neuro-economia’ che coniugano la ‘triste scienza’ economica con psicologia e psichiatria.
Prendiamo in esame le parole rassicuranti del ministro dell’Economia e delle Finanze in materia di pensioni di reversibilità. A livello generale, lo conferma il dossier di Open Polis “Fidati di me”, diramato il 19 febbraio: la credibilità del governo sta scendendo a livelli bassi, a ragione di annunci non mantenuti (e degli alti costi di Palazzo Chigi). Indirettamente, lo mostra anche un saggio, diramato sempre il 19 febbraio, da LaVoce.info (quotidiano telematico creato dall’attuale presidente dell’Inps, Tito Boeri) in cui Alessandra Casarico e Daniela De Boca sostengono che il lavoro delle donne nell’era Renzi (unico antidoto a pensioni di reversibilità per evitare l’impoverimento delle vedove) non ha segnato alcun miglioramento. A livello micro-micro, la portiera dello stabile dove abito mi ha chiesto perché il sempre sorridente gaio Renzi ce l’abbia con le donne e si spenda tanto per i diversamente orientati? Domanda a cui è difficile rispondere.
In breve, le parole di ministri dell’Economia e delle Finanze e del Lavoro non calmeranno lo stato di ansia ormai scatenato (con effetti disastrosi su consumi e su investimenti) sino a quando, come suggerisce Cesare Damiano, presidente della commissione Lavoro della Camera, non vengano cancellati tutti i riferimenti alla previdenza dal disegno di legge delega sulla lotta alla povertà. Damiano non è un liberista o un capitalista: ex sindacalista ed ex leader di Riformazione Comunista, è stato anche ministro del Lavoro e ha piena consapevolezza del danno creato. Non pareva averla un giovane collaboratore del presidente del Consiglio che, invitato alla trasmissione Omnibus, vedeva la progressiva abolizione delle pensioni di reversibilità come una panacea, anche per spingere le donne a lavorare (ove l’impiego ci fosse e la cura della famiglia non fosse un ‘bene sociale’ da tutelare).
Leggendo il testo del disegno di legge unitamente alla relazione di accompagnamento, si capisce che le pensioni di reversibilità vengono intese dal governo come “prestazioni assistenziali” non come “corrispettivo di contributi versati” (i più alti al mondo). Per poterne beneficiare in futuro bisognerebbe non superare certi parametri economici: il governo intende ancorare la reversibilità (ma anche assegno sociale, integrazione al minimo, maggiorazione sociale del minimo, assegno per il nucleo con tre figli minori) non al reddito Ire ma al reddito calcolato con il meccanismo dell’Isee.
Il primo effetto sarà un prolungamento dei tempi già lunghissimi per ricevere il trattamento. Il secondo ne sarà una drastica riduzione. In effetti, non solo i sindacati tradizionali hanno dissotterrato l’ascia di guerra, ma anche la solitamente serena Dirstat ha emesso un comunicato di fuoco. Se i dirigenti statali, pur senza andare in sciopero, applicassero alla lettera i regolamenti, la macchina dello Stato si fermerebbe.
Le pensioni di reversibilità contano attualmente 3.052.482 beneficiari (nel lessico Inps), per una spesa totale di 24.152.946.974 euro. Dal 1995, le pensioni di reversibilità sono già state ridotte più volte per tenere conto del reddito Ire (ossia il 730) del superstite. Ove venissero agganciate all’Isee (che contiene anche dati sul patrimonio), una vedova che avesse, oltre alla prima casa di proprietà, anche una casa nella città di origine o una casetta in campagna, perderebbe quasi completamente l’assegno e dovrebbe venir supportata dai provvedimenti di sollievo dalla povertà. Ovvio che tutto ciò scateni ansie e paure, con riflessi negativi sull’economia.
Ciò non vuole dire che il sistema previdenziale sia perfetto. Il rapporto di Itinerari Previdenziale pubblicato questa settimana e riassunto su questa testata ne analizza i nodi , principalmente demografici. Ma lo si risolve con sotterfugi da furbetti del quartierino. I quali comunque screditano chi li mette in opera.
Di pensione si muore, diceva Totò in un film degli Anni Cinquanta. Non solo i pensionati con bassi trattamenti ed età anziana. Ma anche i governi.
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